La musica che gira intorno/ 59

In Musica

Che cosa passa questa settimana al convento delle sette note? Lee Ranaldo, il chitarrista dei Sonic Youth, al Magnolia, mentre alla Triennale prende il via FOG, festival internazionale di arti performative. Il grande violinista Gidon Kremer sarà invece al Conservatorio con musiche di Weisberg e Mendelssohn. Da non perdere anche le percussioni “guerriere” ad alto tasso emotivo dei giapponesi Kodo al Dal Verme

Lee Ranaldo, chitarra dei Sonic Youth, al Magnolia
Lee Ranaldo, mitico chitarrista dei Sonic Youth, tra le rockband americane di maggior culto negli anni ’80 e ’90, è di scena mercoledì 7 marzo, ore 21, al Magnolia. Strumentista nel cuore dei critici (Rolling Stone lo colloca al 33° posto tra i cento grandi chitarristi rock di sempre, Spin addirittura lo incorona primo assieme al compagno di scorribande soniche Thurston Moore), Ranaldo dopo lo scioglimento dei Sonic nel 2011 ha proseguito da solista, ma aveva cominciato a fare da sé nel 1987. L’ultimo album, uscito lo scorso settembre e riproposto anche nelle date italiane del suo tour, è lo sghembo ed erratico Electric trim. Lui lo definisce un “disco da camera”, suonato in trio con ospiti, che zigzaga tra psichedelie e incursioni world, echi di Dylan e del Greenwich Village, folate di sixties music rivista e fatta un po’ deragliare. Nato nel 1956 (il 3 febbraio, come me), Ranaldo è anche poeta e scrittore con oltre dieci libri all’attivo, e artista sperimentale assieme alla seconda moglie Leah Singer. Sei testi su nove di Electric trim sono stati scritti da uno dei migliori romanzieri americani di oggi, Jonathan Lethem.

 

Parov Stelar, il re degli spot
Dunque, Parov Stelar è uno pseudonimo adottato nel 2004. Prima, lui era l’austriaco Marcus Furader, classe 1974, dj dagli anni ’90. Nel 2000 il primo disco, nel 2004 la svolta e l’invenzione del cosiddetto “electro swing”: ritmi da anni ’30 e ’40 più o meno ammodernati, più o meno elettronizzati. Non era poi così ovvio che avesse successo ma il successo c’è stato, e travolgente. Quella sua versione simpatica e danzereccia, un po’ cafoncella, delle raffinatezze retrò di Paolo Conte ha spopolato, finendo in oltre 700 compilation (avete presenti i vari Buddha Bar e simili?) e in decine di spot. Senz’altro lo avete sentito condire sonoramente Audi e Chrysler e Volskswagen, allietare Paco Rabanne, e un brano che vi proponiamo qui sotto (All night) ha accompagnato la campagna Tim del 2017.  Lo potete ascoltare con la sua band Giovedì 8 marzo, alle 21, all’Alcatraz.


 

Performing arts in festival alla Triennale con FOG
Dal 9 marzo al 5 giugno, promosso dalla Triennale e ospitato dal Teatro dell’Arte e da altri spazi cittadini (Fondazione Feltrinelli, Miart, Ied, Radio Raheem, Did Studio, Piano City, Zona K e Threes/Terraforma), prende vita FOG, festival internazionale di arti performative. Contaminato e multidisciplinare, il festival fonde teatro contemporaneo, musica e danza. Venerdì 9 marzo, ore 21, al Teatro dell’Arte c’è la prima italiana del progetto Lavascar, che ha debuttato lo scorso dicembre al Centre Pompidou di Parigi. Lavascar è l’acronimo che fonde i cognomi dei tre performer: la designer e produttrice franco-algerina Michèle Lamy, sua figlia Scarlett Rouge che è attrice, pittrice e scultrice, e il nostro Nico Vascellari, da anni apprezzato incursore sul crinale fra arti visive e sperimentazione sonora. La performance di Lavascar prende le mosse da un’installazione di Michéle Lamy dedicata a una poesia di Langston Hughes, scrittore afroamericano fra i massimi del ‘900, “A dream deferred”. Percussioni, elettronica, una recitazione estatica e a tratti selvaggia ci guidano in un universo onirico. Qui sotto l’unica documentazione disponibile, un video dell’esibizione parigina, con due doverose avvertenze: 1) il video è di qualità amatoriale assai modesta e 2) è appesantito da un’introduzione assai verbosa e abbastanza inutile, cominciate a guardarlo a partire dal nono minuto.

 

Kodo, l’arte giapponese dei tamburi al Dal Verme
Suonano tamburi giganteschi come l’o-daiko, e una gamma stupefacente di percussioni, con l’ardore con cui un tempo si andava in battaglia. Sono i virtuosi giapponesi Kodo, 32 membri al 2014 (26 uomini e sei donne), che a suonare si allenano appunto come combattenti: nei loro esercizi sono compresi anche dieci chilometri di corsa al giorno. Originari dell’isola di Sado, nella storia del Giappone luogo d’esilio per cortigiani caduti in disgrazia e approdo dei prigionieri mandati nelle miniere d’oro e d’argento, i Kodo (in giapponese il termine significa “battito del cuore”, ma anche “bambini cullati dal tamburo”) sono attivi dal 1981 e passano due terzi dell’anno a fare concerti in patria e nel resto del mondo (in Europa esordirono alla Berliner Philharmonie nel 1981). Domenica 11 marzo e lunedì 12 marzo si esibiscono (nel programma anche danze, fra gli strumenti anche lo shamisen) alle 20.30 al Teatro Dal Verme.

Gidon Kremer esegue Weisberg e Mendelssohn
Nominate un direttore d’orchestra, di quelli che fanno la storia, con cui non abbia suonato: Bernstein e Abbado, Karajan e Muti, Harnoncourt e Ozawa ci sono tutti, e molti altri sono stati omessi. Nominate un solista di vaglia con cui non si sia cimentato in duetti e trii: e anche qui, dalla Argerich a Yo-Yo Ma, da Mischa Maisky a Keith Jarrett, la lista è lunga. Lui è Gidon Kremer, violinista degno soltanto di superlativi, esecutore dal catalogo sterminato (si vai dai barocchi fino alle ultime avanguardie, musicisti come Sofia Gubaidulina e Luigi Nono hanno scritto per lui, certe sue esecuzioni di Vivaldi, ma anche di Piazzolla e Glass, sono definitive), direttore d’orchestra e coltivatore di giovani talenti (la sua Kremerata Baltica calca le scene da ventidue anni). Lunedì 12 marzo al Conservatorio, ore 20.30, il violinista di Riga (è figlio di due ebrei tedeschi, ha perfezionato l’arte del violino con il sommo David Oistrakh dal 1965 al 1973) esegue Weisberg e Mendelssohn . Per me, con buona pace degli altri, è il concerto della settimana.

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