Non perdetevi, nelle sale italiane dal 23 al 25 aprile, “Ex Libris: New York Public Library”, l’ultimo film (forse in senso assoluto, lui oggi ha 88 anni) del grande documentarista bostoniano Frederick Wiseman, che abbiamo imparato ad amare anni fa curiosando tra i capolavori della National Gallery di Londra. Un racconto dettagliato su come funziona il sistema bibliotecario pubblico newyorchese, che in 92 sedi accoglie ogni anno 18 milioni di persone mettendo loro a disposizione 53 milioni tra libri, foto, video e altro. E che fare questo riunisce un’insieme di persone competenti e appassionate, erudite e aperte all’innovazione tecnologica, e soprattutto pronte a garantire a tutti, ricchi e meno abbienti, abitanti del centro e dei quartieri periferici, il diritto di sapere e di essere informati
Il momento più toccante di Ex Libris: New York Public Library di Frederick Wiseman, uscito dall’ultima Mostra di Venezia quasi come una sorta di vincitore morale, è quello in cui un giovanotto nero declama con notevole intensità e bravura un testo poetico di grande pathos (Suo? O forse è un testo noto, nel caso mi scuso in anticipo per l’ignoranza) che mette dolorosamente e anche orgogliosamente in questione il suo essere afro-american, il suo ruolo nel mondo delle relazioni, la sua appartenenza di genere.
È il momento di più forte impatto emotivo, e certamente non il solo, in un film che però gioca la gran parte delle sue splendide 3 ore e 17 minuti su toni razionali, esplicativi, documentari nel senso migliore e più completo del termine. Portandoci per mano nel mondo della NYPL (New York Public Library), in un viaggio riflessivo, appassionato, pedagogico ma tutto meno che pedante, una bellissima storia di cose (libri, foto, palazzi, archivi, computer), persone (che giocano, leggono, discutono, recitano, deliberano) e idee (il valore di studiare e informarsi, l’idea di aiutare e includere, il perché di una collettività cui essere fieri di appartenere). Un percorso che parte naturalmente dalla scoperta di cosa nasce dalla lettura, di cosa si muove attorno ai libri, ma che ben presto si allarga a ciò che sta fuori dai libri. E che con loro si mette in relazione.
Il sistema bibliotecario di New York conta 92 sedi che ospitano 53 milioni tra libri, foto, giornali, cd audio e video, e altro ancora. Ogni anno passano per la NYPL 18 milioni di utenti, e il suo sito ha 32 milioni di visitatori, tanto per dire le dimensioni. E al cinema s’è già vista spesso, da 1997. Fuga da New York (1981), trasformata in quartier generale del Duca, il criminale che domina la città a Ghostbusters (1984), in cui ordinate schede di catalogo, spinte da una forza misteriosa, schizzano fuori dai cassetti terrorizzando la bibliotecaria, al fantascientifico L’alba del giorno dopo dove diventa il rifugio dei newyorchesi sopravvissuti alla glaciazione della Terra. La sostiene una gestione mista di fondi pubblici e privati, e per statuto è nata per garantire a ogni cittadino accesso gratuito alle proprie raccolte, in omaggio al credo profondamente americano che vede primeggiare tra i diritti individuali e fondamentali di cittadinanza quello di sapere ed essere informati.
In questo mondo, nel suo complesso funzionamento, negli sforzi generosi di quanti si impegnano quotidianamente, a tutti i livelli della scala di responsabilità gestionale di questa istituzione, per farla funzionare, si immerge Ex Libris, l’ultimo, e forse potrebbe esserlo in tutti i sensi (in questo caso, ha scritto il Guardian, “un miglior canto del cigno non si potrebbe immaginare”) film di Wiseman, 88enne artista (documentarista è poco) bostoniano, Oscar 2016 alla carriera, girato e montato in digitale (“purtroppo”, commenta lui, finto passatista). L’ultimo di oltre 40 titoli all’attivo, a partire dalla fine degli anni ’60, che il pubblico italiano ha imparato a conoscere soltanto negli ultimi anni, soprattutto grazie al successo dello straordinario reportage che ha girato nel 2014 dentro la londinese National Gallery. La Mostra di Venezia ha ospitato diversi suoi lavori: i recenti In Jackson Heights e At Berkeley, e poco prima Crazy Horse (2011), La Danse e Domestic Violence (2001).
L’insieme della sua opera appare come un progetto di analisi sistematica delle strutture e delle modalità di funzionamento della democrazia diffusa, collettiva, soprattutto americana, perché i suoi film mostrano per esempio con precisione le procedure virtuose di compartecipazione tra pubblico e privati. Wiseman è straordinario nel raccontare la vita e l’attività di organismi complessi, al centro delle cui dinamiche ci sono gli esseri umani, la loro intelligenza e gli sforzi che mettono in campo, le loro relazioni. Per 50 anni il suo cinema ha visitato istituzioni diversissime (ospedali psichiatrici e parchi, musei e scuole, luoghi di concerti e altro ancora), immagazzinando in ogni occasione una mostruosa quantità di informazioni, immagini, suggestioni, per poi “risputarle” in film accattivanti per l’accostamento di temi e montaggi, che evitano ogni struttura classicamente documentaria collegando sequenze nate in ambiti di comprensione ricchi, spesso in qualche modo anche trascendendo gli specifici argomenti trattati. Nei suoi film non ci sono “interviste”, i protagonisti parlano nel loro quotidiano, nei luoghi del loro impegno gestionale, non ci sono voci fuori campo, domande dell’autore, didascalie esemplificative. Perché le relazioni e le azioni dei protagonisti sono rese chiarissime dalle immagini del contesto e dai suoni in presa diretta: parlano i luoghi, gli oggetti, le persone, i loro volti, voci, gesti e sguardi. La cinepresa (o la videocamera) e la troupe scompaiono, non esistono, ma ci mostrano il reale in tutta la sua ricchezza e complessità..
Tornando a Ex Libris, Wiseman guida lo spettatore in un racconto fiume attraverso le moltissime location della NYPL, che accosta tra loro come fossero gli organi di un corpo, una macchina la cui linfa vitale è l’informazione, la distribuzione del sapere, l’aiuto, il servizio alla cittadinanza. Così un tema prominente diventa spesso il divario tra ricchi e poveri, visto però attraverso la funzione della biblioteca in ambienti socialmente assai differenti. Andiamo “in gita” alla Lincoln Center’s Library for the Performing Arts che si occupa di spettacolo e all’Harlem’s Schomburg Center for Research in Black Culture, impegnato a documentare lo sviluppo della cultura afro-americana, alla Mid-Manhattan Library’s, collezionista di fotografie famose e alla Braille and Talking Book Library in Lower Manhattan, creata per chi non può “leggere” a causa di difficoltà di vario genere, come la cecità. Così la scenografica, affascinante sede principale e di rappresentanza sulla V strada, il maestoso Schwarzman Building inaugurato il 23 maggio 1911 coi suoi leoni di marmo, ha una funzione e un senso diversi dagli avamposti disseminati nei quartieri periferici, svantaggiati. Ospite di “Books at Noon”, Richard Dawkins discetta sull’Illuminismo e Ta-Nehiri Coates parla di neri e criminalità, ma nel Bronx, a Kingsbridge Road, la comunità si stringe in cerchio per scambiarsi suggerimenti su come trovare lavoro. E se assistiamo alla registrazione di un brano di Nabokov da parte di un attore, in favore di chi ha disabilità visive, al Macomb’s Bridge, ad Harlem, si fanno i conti con la vita quotidiana, anche con i prezzi delle chicken wings nei supermarket. Ex Libris si snoda insomma come una collezione di piccoli film: molte delle visite illustrano attività comunitarie e inquadrano ospiti che parlano di una gran quantità di temi, anche singolari (dalla pasticceria Jewish alla logistica e al teatro, da una bizzarra difesa post-marxista della schiavitù nei libri di alcuni intellettuali del Sud dell’800, all’opera di un grande come Gabriel Garcia Marquez). Se non siete ferrati, o non vi interessa ascoltare la slam poetry o guardare bambini che costruiscono piccoli robot, restate qualche minuto comunque ad ascoltare: in pochi minuti, grazie a Wiseman, forse vi appassioneranno.
Frederick Law Olmsted (architetto e urbanista americano di inizio ‘900) coniò il termine “polmone della città” riferito al Central Park, che peraltro aveva progettato. Nel film diventa subito evidente che la NYPL ne è la mente. Un cervello che non solo colleziona idee, fatti, testimoniando il processo di apprendimento umano, ma diventa una sorta di casa della comprensione della comunità, di valorizzazione del senso di moralità. Tutte le “lezioni librarie” di questa lunga esposizione di civiltà si potrebbero riassumere in tre semplici verbi: ascolta, impara e sii gentile.
E i soli personaggi ricorrenti sono quelli più preoccupati, i tenaci amministratori che arrancano dietro ai buget cercando anche di adeguarsi, anticipare i cambiamenti tecnologici. Lontanissimi da qualsiasi cliché del burocrate cinico e annoiato, Anthony T. Marx, Carrie Welch, Iris Weinshall e Khalil Gibran Muhammad sono al contrario onorati dall’idea di poter usare i loro fondi per servire al meglio una gran quantità di persone, molto eterogenee. Si discute, nelle riunioni riprese da Wiseman, sulla digitalizzazione dei repertori e l’aggiornamento dei cataloghi. E sull’urgenza di ridurre il più possibile il divario digitale: dato che un newyorkese su tre non ha ancora accesso alla rete, la NYPL dà in prestito ai meno abbienti gli hot spot che consentono una connessione casalinga a banda larga, perché l’accesso alla cultura, oggi, significa anche google, videogame e serie tv. La cinepresa siede al tavolo delle riunioni operative del direttivo, che è alla costante ricerca di risorse e si impegna a decidere come diversificarle, come coinvolgere gli investitori e i rappresentanti della politica. È meglio oggi puntare su libri di carta o sugli ebook, su best-seller richiesti ma effimeri o sul catalogo, sui libri “che tra dieci anni avremo soltanto noi”? Comprare i testi per la ricerca o quelli destinati ai bambini, per crescere nuovi lettori?
Interlocutori preparati, appassionati, entusiasti. Secondo Wiseman in questi meeting “c’è qualcosa di allegro, l’umore alto è contagioso, lo staff è creativo e generoso. La NYPL non offre una soluzione per tutto ciò che in America non funziona, ma è magnifico che esista una tale istituzione. L’attuale presidente della biblioteca ha stabilito come obiettivo quello di proseguire il lavoro tradizionale, ma anche di aiutare chi ne ha più bisogno. Come molti americani lui stesso proviene da una famiglia di immigrati e conosce l’importanza di offrire una grande varietà di programmi educativi e culturali in quartieri disagiati. In un periodo in cui gli Stati Uniti hanno eletto un governo molto darwiniano, penso sia utile mostrare al pubblico persone che lavorano aiutando gli altri con un atteggiamento così appassionato”. Le biblioteche pubbliche non si limitano al prestito, alla consultazione di opere sui supporti più diversi, cartacei e informatici: trovano in rete informazioni utili, mediche e legali, segnalano possibilità di impiego, occasioni di relazione e istruzione, percorsi per i disabili. E succede anche di dibattere su come trattare il più umanamente possibile gli homeless, che chiedono nel gelido inverno newyorchese rifugio nelle sedi. Per loro NYPL è quiete, rumori ovattati, fuori si fa sentire invece l’urlo della sirena. Tra l’interno e l’esterno c’è una dialettica strettissima: lo studio, gli incontri, le discussioni possono cercare di dare un ordine al caos, ma il caos, fuori, c’è, e inevitabilmente spesso irrompe.
In mezzo alle scene più corpose, Wiseman si prende anche qualche pausa per curiosare tra i comportamenti individuali: c’è chi scrive sul laptop e che si dimena in mezzo a un secolo di vecchi giornali, per fare una ricerca o solo per divertimento, chi gioca con un videogame e chi si informa sul trattamento del cancro (e il film dà un’occhiata alla sua faccia angosciata): i libri appaiono “in scena” assai meno di quanto ci si possa aspettare, poiché al centro del film stanno le persone e la trasmissione del sapere che praticano. Perché nel raccontare un organismo, occorre non trascurare i processi, la maniera in cui si fanno le cose, come consigliava il Primo Levi di La chiave a stella, citato nell’ultima sequenza del film da Edmund De Waal, durante una delle conferenze riprese da Wiseman (tra gli ospiti che si vedono sullo schermo, anche Elvis Costello e Patty Smith): e l’istituzione di cui si occupa sembra ispirarsi proprio a quegli stessi principi di pazienza e coraggio.
Hanno chiesto a Wiseman se l’affermazione, che fa uno degli intervistati in Ex Libris, secondo cui “le biblioteche sono le colonne portanti della democrazia” non sia un po’ eccessiva. “Al contrario, avendo trascorso 12 settimane in quella biblioteca, penso sia una descrizione appropriata. La New York Public Library è un’istituzione fondamentale per gli abitanti della città. Le succursali sono diventate comunità e centri culturali dove si svolgono attività educative per adulti e bambini. Il personale organizza corsi di lingua, computer, su come fondare un business, o dopo scuola per ragazzini e adolescenti, seminari di letteratura e storia. La NYPL è connessa a quasi tutti gli aspetti della cultura e dell’educazione a New York, si occupa di bambini e adulti, incarna l’idea democratica di essere disponibili nei confronti del prossimo, di tutte le classi sociali, razze, etnie. Rappresenta il meglio dell’America e tutto ciò che Trump odia (diversità, eguaglianza dei diritti, dell’educazione e del pensiero). Ho iniziato le riprese nell’autunno del 2015, dunque prima delle presidenziali, Trump ne ce l’avevo ancora in mente. Ma da quando lui è stato eletto, il film è diventato di colpo politico: la NYPL sta fronteggiando Trump già solo attraverso la sua esistenza, le normali attività quotidiane. Ed è di gran lunga più rappresentativa del nostro Paese di quanto lo sia il Presidente. Rappresenta lo spirito democratico che lui vorrebbe distruggere, la colonna vertebrale dell’America”.
La biblioteca, archivio della memoria personale e collettiva, luogo di accoglienza, formazione, scambio è lo spazio fisico, ma lo sono anche le persone preparate, appassionate, curiose che ci vivono e lavorano. Lì si combatte una guerra che sarà vinta soprattutto grazie alle piccole battaglie, giorno per giorno, quartiere per quartiere. Libro dopo libro, pagina dopo pagina. Questa guerra si vince prima di tutto fuori dai libri, ma a partire dai libri. Il film si interroga sul senso e la necessità della cultura oggi, nel rapporto con la tradizione e nello scontro dialettico con l’innovazione tecnologica e antropologica, e con le tensioni sociali. Fare cultura, dice Wiseman, è accrescere competenze, consapevolezza, coraggio, è attivare relazioni ampliando l’accesso a categorie finora escluse. La cultura è uno strumento di crescita individuale e collettiva, uno strumento dinamico che evolve, si adatta, muove le persone. Le cambia. E cambiando persone, cambia la società.
Ex Libris: New York Public Library, documentario di Frederick Wiseman. Sarà nelle sale italiane dal 23 al 25 aprile, distribuito da I Wonder