Chi è Roseline? Una donna, una casa, una città. Un dramagate, da un’idea – innovativa – di Paolo Sacerdoti
Where is Roseline? Ma soprattutto cos’è? Secondo gli indizi che dallo scorso febbraio hanno abitato Milano, con disegni e scritte nelle strade e nei locali, Roseline è una città, una casa, una donna, una domanda. Una porta, un suono, una sensazione. È il primo “dramagate”, come è stato definito dagli ideatori del progetto, che combina teatro ed esperienza. Da cartellone è uno spettacolo senza spettatori, o meglio senza platea. Non c’è palco e non ci sono spazi divisi, ma condivisi da attori e pubblico.
Roseline è un’idea innovativa di Paolo Sacerdoti, demiurgo della scena e del progetto. Sacerdoti, classe 1994, prima studente del Politecnico di Milano poi della Strasberg di New York e della facoltà di teatro a Yale, ha plasmato un corpo che non è solo scenico ma è fortemente esperienziale. Esplorando da una parte il concetto di escape room e dall’altra quella del testo teatrale, il giovanissimo regista ha creato una dimensione di universo parallelo in cui la storia di Roseline, che infine scoprirete essere il luogo stesso, si dipana per attraversare gli spazi e seguire i diversi fili che la trama dello spettacolo offre tramite i suoi personaggi.
La storia ha infatti più livelli narrativi, che si legano al percorso personale dei protagonisti della vicenda, e che possono essere definiti dallo spettatore stesso che sceglie quale strada percorrere all’interno della villa di 3500 metri quadri in cui è ambientato l’evento in corso di Porta Vigentina 15. Ex plesso scolastico, infatti, villa Calchi Taeggi è stata allestita alla perfezione come un ex ospedale psichiatrico ma anche come un vecchio castello, quello di Amleto per essere precisi, perché Roseline non è altro che l’anagramma di Elsinore. E anche il testo, a cura di Michele Giuriola e Neil Smith, sempre a partire da un’idea di Paolo Sacerdoti, nome d’arte Satch, è ispirato al classico dei classici shakespeariani. È infatti di amletica suggestione e ambientazione il Roseline che “va in scena” fino al 3 giugno a villa Calchi Taeggi, con la super-visione di Gianmario Longoni (storico imprenditore teatrale milanese, ex patron del Teatro Smeraldo), che fa da padrino alla produzione.
L’allestimento degli infiniti spazi dell’edificio è incredibilmente curato, con decine di stanze di diversa natura, dalle pareti di fogli al sottosopra, con polveri, terriccio e suoni che a tratti ricordano l’ambientazione del fenomeno Stranger Things. Ogni angolo dei 3500 metri quadrati è decorato da simboli e indizi, fin troppo difficili da interpretare, che guidano lo spettatore/partecipante verso la comprensione della storia. Quando ci si immerge in questa realtà si può essere esploratori o farsi trasportare dalle forme dei personaggi che ti sfrecciano alle spalle per raggiungere un’altra ala del castello, un’altra traccia della storia.
È un percorso più immaginifico che intellettuale, si deve essere disposti a vivere l’esperienza insieme agli attori che ne fanno parte. Tutti di grande bravura, spiccatamente inglesi (a parte un’eccezione femminile), riescono ad animare con innata naturalezza l’impressione shakespeariana del testo. Il genere fa rivivere la memoria del capolavoro ronconiano Infinities, ambientato negli spazi della Bovisa nel 2002, e in cui lo spettatore era coinvolto in un viaggio attraverso diversi tipi di “infinità”, dovendo cambiare stanze e spazi per seguire la narrazione creata da Ronconi sul testo del matematico inglese John Barrow.
Qui, in Roseline, si rivede nuovamente il concetto di teatro immersivo, per approdare a un risultato ancora nuovo: lo spettatore può toccare, entrare, cambiare strada. Qui sono le sensazioni personali che definiscono cos’è Roseline e dove sia ciascuno dei partecipanti lo scopre da sé.
Tutto su Roseline: https://roseline.com/