Decimo e ultimo appuntamento con la rubrica “Scoprendo Milano”: ogni mese, la storia di un luogo, della sua evoluzione architettonica, del suo ruolo nelle trasformazioni della città. Oggi si racconta il quartiere di Porta Nuova, il volto più moderno di una Milano in trasformazione, tra progetti che guardano al futuro e inevitabili lutti (ricordate la Stecca degli Artigiani?)
Porta Nuova rappresenta uno dei progetti più imponenti dello sviluppo recente della città di Milano: questo nuovo centro direzionale, commerciale e residenziale fu concepito e realizzato nell’arco di più di vent’anni tramite nuove modalità di amministrazione urbanistica, che hanno modificato radicalmente le possibilità di pianificazione della città.
Queste nuove prassi burocratiche, insieme ad un più stretto dialogo tra amministrazione pubblica e investitori privati, hanno permesso di adottare politiche basate sul negoziato e sulla ricerca di intesa, influenzando notevolmente il processo progettuale. L’esito tangibile di questo complesso iter politico e creativo è stato un denso agglomerato di scintillanti oggetti architettonici che, con il loro impatto volumetrico e simbolico, hanno ridefinito lo skyline e l’immagine di Milano.
Per comprendere appieno il complesso di Porta Nuova è utile tuttavia non limitarsi a considerarlo come gesto progettuale isolato, cercando piuttosto di inquadrarlo in una prospettiva storica, come ultimo atto di un lungo e tortuoso processo.
Alla prima metà dell’Ottocento risalgono i primi interventi su un terreno ancora prevalentemente agricolo, strutturato attorno al naviglio della Martesana e punteggiato di cascine di cui oggi si conserva solo la toponomastica.
A partire dal 1840, con l’inaugurazione della linea ferroviaria Milano-Monza, prende avvio la rapida trasformazione del quartiere, che viene ulteriormente incalzata dalla realizzazione della linea ferroviaria Torino-Milano-Piacenza e della Stazione Centrale, allora situata in corrispondenza dell’odierna Piazza della Repubblica. Successivamente iniziano a sorgere le prime fabbriche e case operaie nelle aree comprese tra i nuovi tracciati e la città murata, senza però definire il rapporto tra quest’ultima e i nuovi quartieri.
Negli ultimi decenni dell’Ottocento la trasformazione dell’area procede a ritmi impetuosi: nuovi complessi produttivi e abitativi si addensano lungo la ferrovia, saturando le aree in prossimità dei Bastioni e occupando i terreni a nord del rilevato ferroviario.
Nei primi decenni del Novecento la demolizione dei Bastioni, insieme a una serie di modifiche dei tracciati ferroviari, modificano sostanzialmente la conformazione del quartiere: nel quadro di un potenziamento del sistema ferroviario milanese vengono infatti pianificati l’arretramento della linea Torino-Milano-Piacenza, ricollocata in corrispondenza dell’attuale circonvallazione esterna, e il riposizionamento della Stazione Centrale nell’attuale sede di piazza Duca d’Aosta.
Il vecchio rilevato ferroviario viene interrotto in corrispondenza di Via Galilei, dove la stazione delle Varesine accoglie il traffico proveniente dall’area del capoluogo pedemontano. Il successivo ampliamento dello scalo merci, insieme alla demolizione del sovrappasso tra corso Como e via Borsieri, contribuiscono ad amplificare la separazione tra il centro della città e questi nuovi quartieri.
A partire dagli anni Cinquanta l’area Garibaldi-Repubblica – fino ad allora periferica e in parte isolata – assume un ruolo centrale nel dibattito sullo sviluppo urbanistico di Milano: l’arretramento del capolinea delle Varesine in corrispondenza dell’attuale stazione di Porta Garibaldi, insieme alla realizzazione dei cavalcavia Farini e alla copertura del naviglio della Martesana, contribuiscono alla metamorfosi del quartiere, che inizia a configurarsi come una potenziale nuova centralità della Milano del boom economico.
Col venire meno dei limiti fisici che avevano caratterizzato l’isolamento dell’area, il destino urbanistico di questi quartieri diventa oggetto di interesse da parte di numerosi soggetti pubblici e privati, soprattutto in seguito alla realizzazione del passante ferroviario negli anni Ottanta: tale elemento infatti sancì la centralità dell’area Garibaldi-Repubblica a scala metropolitana. Si iniziano così ad elaborare numerosi ipotesi progettuali, che però non trovarono una completa realizzazione.
Per tentare di ricucire le numerose cesure determinate dai piani incompiuti degli anni precedenti, nel 1985 viene elaborato il progetto d’area Garibaldi-Repubblica, che prevede l’insediamento di compatte volumetrie dalle funzioni in prevalenza terziarie e culturali, organizzate attorno a un parco.
In conformità con le indicazioni del Piano Regolatore, nel 1991 l’amministrazione milanese promuove un concorso per la creazione di un polo finanziario nell’area Garibaldi-Repubblica; il progetto dell’architetto Pierluigi Nicolin risulta vincitore per la sensibilità nel rapportarsi al tema della mobilità urbana e per la possibile realizzazione a fasi ad opera di diversi progettisti.
Le nuove funzioni (culturali, finanziarie e legate alla pubblica amministrazione) definiscono uno skyline che trova il suo culmine nella torre della nuova sede della Regione Lombardia. Questo progetto sarà la base dell’attuale Porta Nuova: nel 2001 lo Studio Nicolin è chiamato a elaborare un’ulteriore proposta per Garibaldi-Repubblica, che tenga conto dell’ampliamento del sito di progetto e dei nuovi strumenti pianificatori, tra cui il Piano Integrato d’Intervento P.I.I., finalizzato alla riqualificazione del tessuto ambientale, edilizio e urbano e contraddistinto dal possibile concorso di risorse finanziarie pubbliche e private.
Le volumetrie si concentrano ai margini dell’area e si rapportano con sensibilità all’intorno urbano, nel tentativo di completarne e ricomporne i differenti tessuti. Come nel progetto del 1991-1992, un complesso di edifici a torre è destinato a ospitare la nuova sede della Regione. Le nuove costruzioni affacciano su un ampio spazio centrale pedonale, il “campus”, che ospita funzioni legate alla moda, al design e ad altre attività di prestigio.
Intanto la Società di Sviluppo Garibaldi-Repubblica vende le aree a Hines Italia, operatore immobiliare internazionale, che assegna la realizzazione del masterplan all’archistar Cesar Pelli. La figura di Hines è da collocare in una nuova tipologia di city-builders, specializzati nell’acquisizione di aree dismesse e nella promozione di progetti di riconversione agli amministratori pubblici.
La presentazione di queste proposte all’istituzione pubblica avviene attraverso veri e propri promotori dello sviluppo, che coinvolgono grandi firme della progettazione internazionale al fine di rendere il programma più autorevole. Il 15 luglio 2005 Comune di Milano, Regione Lombardia e Hines Italia stipulano la convenzione del P.I.I. Garibaldi-Repubblica e a settembre cominciano i lavori di bonifica per predisporre il sito.
A partire da gennaio 2006 Hines Italia presiede e avvia i concorsi per la progettazione dei singoli edifici abbozzati dal precedente masterplan: Cesar Pelli viene incaricato della progettazione di tre edifici per uffici; Cino Zucchi Architetti di due edifici residenziali; Munoz+Alhin di due edifici a funzione mista, così come lo studio +Arch.
Nello stesso periodo vengono definiti i masterplan delle aree delle ex Varesine e di Porta Nuova-Isola, assegnati da Hines rispettivamente allo studio KPF Kohn Pedersen Fox Associates e a Stefano Boeri. A partire dal 2011 iniziano a svettare i primi edifici completati, a partire dalla Diamond Tower, in Porta Nuova Varesine, seguita dai tre edifici per uffici dell’UniCredit all’inizio del 2012 e dal Bosco Verticale.
Ma è dalla primavera del 2014 che l’intera area inizia a prendere vita, con l’arrivo dei primi inquilini nelle torri residenziali e le inaugurazioni della passerella pedonale, dell’area Porta Nuova Varesine e della pista ciclabile di via De Castilla. Al variegato panorama di nuove residenze ed edifici commerciali si aggiunge il progetto della Casa della Memoria, realizzata dall’ufficio di architettura Baukuh, parte integrante di un sistema di spazi ed edifici pubblici che comprende la Fondazione Riccardo Catella, l’Incubatore per l’Arte e il Parco della Biblioteca degli Alberi.
A quasi sette anni dall’inizio del cantiere, Porta Nuova si presenta come un riuscito intervento di riqualificazione dello spazio pubblico, che ha permesso di unificare aree divise dopo decenni di tentativi incompleti, a causa dell’alta frammentazione delle proprietà e dell’impossibilità di trovare una regia complessiva a uno dei siti più importanti e irrisolti alle porte del centro di Milano. Lo spazio pubblico è il cardine del progetto, motore di traino per tutte le attività collocate nel nuovo macro-quartiere e forieri di una certa diversificazione di fruitori, dovuta alla compresenza di quartieri estremamente diversi per storia e vocazione.
Nonostante i meriti di questo progetto, non poche sono state le critiche: discussa è stata infatti la questione della “milanesità” delle nuove architetture, caratterizzate da un linguaggio estremamente globalizzato e da scale di intervento imponenti rispetto al tessuto urbano circostante.
Oggetto di dibattito è stata anche la modalità di realizzazione di questo progetto: lo stretto dialogo tra investitore e amministrazione comunale ha talvolta escluso le esigenze degli abitanti dei quartieri interessati. Note alla cronaca locale sono state ad esempio le discussioni con alcune associazioni degli abitanti del quartiere Isola, soprattutto in relazione all’abbattimento della Stecca degli Artigiani, vivace centro culturale, per permettere la realizzazione del Bosco Verticale.
Di fronte ai ricorsi e alle proteste, Hines scese a patti con le associazioni, promuovendo una serie di iniziative volte a far conoscere il progetto più da vicino e proponendo una sede alternativa al centro culturale della Stecca, l’Incubatore dell’Arte.
Al di là della diffidenza che questi nuovi modi operandi possono suscitare nei cittadini, talvolta esclusi dal dibattito sulla crescita urbana, è indubbio che tali alleanze pubblico-private rivestiranno un ruolo sempre più importante nell’evoluzione architettonica della città contemporanea: in questo senso il quartiere Porta Nuova rappresenta un emblematico esempio di un progetto di larga scala frutto di accordi tra forze politiche e enti privati, unitisi allo scopo di orientare con una certa stabilità l’agenda di un’economia urbana in crescita.
Immagine di copertina: Gabriele Basilico, Porta Nuova Garibaldi, 2008
Fonte iconografica: Milano Porta Nuova, l’Italia si alza, a cura di Luca Molinari, Kelly Russell Catella, Skira, 2015.