“Black is beautiful”: fotografia e identità all’Osservatorio Prada

In Arte

Le riviste “Jet” e “Ebony”, pubblicate dalla Johnson Publishing Company di Chicago, hanno contribuito in maniera determinante a rivendicare la bellezza del corpo nero e a plasmare l’immaginario della blackness, contro ogni retorica razzista, in un intreccio inestricabile di estetica, business e lotta politica. Ora un’importante mostra, curata da Theaster Gates, ne racconta la storia, dagli anni Cinquanta fin dentro la Casa Bianca di Obama.

Nero è bello, il che significa: il corpo nero è bello, i capelli dei neri devono essere preservati dalle torture della piastra e della permanente liscia, la pelle nera deve essere protetta dagli sbiancanti, i nostri nasi e le nostre nocche non devono cadere vittime della chirurgia moderna. Noi siamo i nostri bellissimi corpi, e non c’è alcuna ragione di prostrarsi ai piedi dei barbari, di sottomettere il nostro unico e insostituibile essere originario alla corruzione o alla svalutazione

Con queste parole, in Tra me e il mondo, Ta-Nehisi Coates spiega al figlio quindicenne Samori lo slogan “black is beautiful”, coniato da Steve Biko e diventato in breve tempo uno degli slogan più citati delle lotte afroamericane, fino a quelle attuali di BlackLivesMatter. Uno slogan che celebra la bellezza dei corpi neri, e la loro importanza, e che potrebbe essere usato come filo conduttore della mostra Black Image Corporation, curata da Theaster Gates alla Fondazione Prada.

Photo Isaac Sutton, senza data. Courtesy Johnson Publishing Company, LLC. All rights reserved.

Negli spazi dell’Osservatorio, infatti, trovano posto alcune immagini di Moneta Sleet Jr. e Isaac Sutton, scelte da Theaster Gates tra i 4 milioni di fotografie che compongono l’archivio della Johnson Publishing Company. Questa casa editrice, fondata da John H. Johnson nel 1942, ha dato vita al mensile Ebony (nel 1945) e al settimanale Jet (nel 1951), due pubblicazioni che si rivolgevano alla borghesia nera per raccontarne gli stili di vita e plasmarne gli immaginari, attraverso immagini patinate, articoli di attualità e costume, consigli di bellezza e pubblicità pensate esplicitamente per consumatori e consumatrici nere.

Si tratta di riviste di intrattenimento che hanno avuto una rilevanza centrale nella costruzione di una immagine positiva della blackness e non è un caso che Obama, nel suo primo mandato, abbia scelto Desirée Rogers (amministratrice delegata della Johnson Publishing Company) come Social Secretary – colei che si occupa di tutti gli eventi – della Casa Bianca e che lei sia stata la prima persona afroamericana a ricoprire questo ruolo. La Johnson Publishing Company, infatti, ha contribuito a formare una immagine sociale della popolazione nera negli Stati Uniti: si rivolgeva alla nascente borghesia nera, ma, a cascata, è stata un riferimento per ogni altra classe sociale, oltre a raccontare la storia di una fetta di popolazione spesso esclusa dai media bianchi.

Photo Moneta Sleet Jr, 1969. Courtesy Johnson Publishing Company, LLC. All rights reserved

Proprio in questo senso le immagini raccolte da Theaster Gates riecheggiano lo slogan black is beautiful, mostrando soprattutto donne, in posa, capaci coi loro corpi di risignificare la moda, e di mostrarcene non solo i cambiamenti nel tempo (le immagini coprono circa un trentennio tra i tardi anni ’50 e i primi anni ’80) ma anche una interpretazione nera, capace di dare forma al gusto a partire da una storia specifica. E così queste immagini mettono in luce quanto lo slogan black is beatiful sia lontano da ogni retorica body positive, in cui si esaltano le diversità e la loro diversa bellezza, ma sia intrinsecamente politico e conflittuale.

Si tratta, infatti, di una reazione forte alla costruzione culturale del corpo nero come corpo abietto, corpo sbagliato, corpo inferiore che riflette una presunta inferiorità dell’anima. E mostrarne la bellezza significa intendere questa dimensione estetica come una dimensione politica e sociale, in cui si costruisce una comunità. E si compie questo processo di costruzione a partire dalla diversità: come diversi autori e diverse autrici mostrano, infatti, a partire dalla legge della singola goccia di sangue (che voleva che chiunque avesse una sola goccia di “sangue nero” fosse considerato nero, e schiavo), i corpi neri sono diversi, molteplici, multiformi, contrapposti a corpi bianchi che cercano di riprodurre costantemente l’identico.

Il corpo nero si costruisce, quindi, come negazione del corpo bianco e basta una sola deviazione dalle norme della bianchezza per essere neri e nere: questa negazione, però, si trasforma in potenza quando viene fatta propria, facendo della diversità della blackness una forza contro l’uniformità bianca. Sottolineando la bellezza dei diversi corpi neri, quindi, ci si appropria di uno stigma per farlo diventare segno di riconoscimento e di unione, si tramuta un’esclusione in forza, in potenza. Una forza commerciale, nel caso della Johnson Publishing Company – e non è un caso che la mostra si intitoli Black Image Corporation – ma una forza che si nutre dei cambiamenti sociali realizzati grazie alle lotte.

 

L’allestimento della mostra è volutamente spoglio, con pochi elementi di arredo che provengono dalla sede della Johnson Publishing Company in Michigan Avenue a Chicago. La sede si trovava in un palazzo costruito nel 1972 che per lungo tempo è rimasto l’unico palazzo posseduto da un afroamericano in centro a Chicago (nel 2010 è stato venduto al Columbia College). Da lì provengono un tappeto, un divano e una tv in cui scorrono immagini della vita di redazione e che danno una cornice alle grandi serigrafie alle pareti, che ritraggono donne nere in pose e abiti diversi. Vi sono poi delle copie delle riviste sparse e dei negativi di immagini da osservare sui tavoli retroilluminati, guardando diversi provini e osservando le scelte editoriali: una sorta di riproduzione di un archivio, che mostra anche i retroscena di una rivista e della scelta delle immagini che andranno a comporla.

Al piano superiore, poi, si trovano dei leggii con esposte altre immagini, stampate e fissate a dei supporti di legno, che i visitatori e le visitatrici possono cambiare, scegliendone altre da uno scaffale: si passa così da donne con la racchetta da tennis a vestiti di strass, da subacquee con coltello alla cintura a signore che giocano a carte, in una molteplicità di immagini femminili. Theaster Gates, infatti, ha scelto di privilegiare i corpi femminili, non solo perché più esposti nelle pubblicazioni di moda, ma anche per segnalare un protagonismo delle donne nere nella lotta per la loro liberazione, in quanto donne e in quanto nere.

Immagine della mostra “The Black Image Corporation”. Foto Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti. Courtesy Fondazione Prada

Questa mostra si inserisce, quindi, in un momento di forti lotte sociali e di riscoperta della blackness, che passa, come nel caso di Ebony e Jet, anche dalla cultura pop. Basti pensare a Beyoncè e Jay-Z che girano il proprio video al Louvre, rivendicando non solo l’assenza di corpi neri dall’arte canonica, ma anche il proprio diritto al lusso. E alla risposta del Louvre, che organizza tour guidati sulle tracce del loro video. Un intreccio, quello tra visibilità, mercato e politica che non è facile da districare, ma di cui questa mostra ci espone le radici lontane, mettendo in luce il procedere parallelo delle lotte e del sentirsi in diritto di raccontarsi anche nei propri aspetti più frivoli, in una costruzione di normalità fuori dalla norma, che la riproduce ma allo stesso tempo ne svela l’astrattezza.

Vedere questa mostra in Italia apre a scenari di relazione con la linea del colore differenti da quelli tratteggiati negli Stati Uniti, ma sicuramente poter stare immerse in così tante immagini di corpi neri potenti, non impauriti o sconfitti come troppo spesso rappresentati, è un’esperienza ricca, che può spingerci a fare i conti con la nostra storia e il nostro modo non solo di rappresentare i corpi neri, ma anche di cancellarli dal nostro passato, dimenticando le nostre imprese coloniali che danno forma al razzismo di oggi.

 

The Black Image Corporation, a cura di Theaster Gates, Milano, Osservatorio Prada, fino al 14 gennaio 2019

Immagine di copertina: Photo Moneta Sleet Jr, 1965. Courtesy  Johnson  Publishing  Company,  LLC. All  rights  reserved.

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