Con “Storia del Mediterraneo in 20 oggetti” (Editori Laterza), Feniello e Vanoli provano ad individuare quegli oggetti che più di altri hanno caratterizzato la storia del nostro mare. Una storia fatta di diversità ma anche di elementi comuni, che attraversano i confini, il tempo e lo spazio. Un libro che offre la possibilità di un punto di vista diverso, alla ricerca di un’identità comune che, oggi forse più che mai, è urgente ricordare.
Raccontare il mar Mediterraneo attraverso 20 “semplici” oggetti inanimati potrebbe sembrare impresa ardua, se paragonata alla dimensione storica che per millenni ha riguardato l’eterogeneità delle genti e delle culture che si sono avvicendate attorno ed attraverso questo «mare tra le terre».
Un mare interno che unisce e divide geograficamente terre vicine e lontane, dallo stretto di Gibilterra alle coste del Medio Oriente, da Venezia ad Alessandria d’Egitto, da Djerba a Beirut, da Genova al Pireo, da Istanbul a Barcellona; uno spazio cangiante che da sempre vive di equilibri in divenire, armonici e contraddittori. Attraversato da rotte e flussi migratori. Destini diversi e comuni. Condivisi e dissonanti.
Ed è per questo che non è facile raccontare i comuni denominatori di una storia così antica e multicolore.
Una storia che si dilata nel tempo e nello spazio, reale e talvolta immaginaria; che racconta le imprese di Enea e di Ulisse, delle antiche galee che hanno solcato questo mare, di guerre e commerci, di espansioni, ricchezze e disperazione, ma che da sempre ha ispirato scrittori: il Mediterraneo come il teatro di vicende epiche e di salvezza. Da Omero ad Ungaretti.
Un luogo di transizione che ha permesso da sempre scambi, navigazioni e migrazioni.
È proprio analizzando queste tre dinamiche che gli storici Amedeo Feniello e Alessandro Vanoli (autori di Storia del Mediterraneo in 20 oggetti, saggio uscito di recente per Laterza) individuano un canone di oggetti esemplari, per rappresentare il cosmo storico, geografico e culturale che è da sempre il Mediterraneo. Una ricerca che arriva fino alla radice stessa della storia del nostro mare. Oggetti che raccontano di un’identità comune che varca i confini; che parlano di contaminazioni tra le culture e si diffondono uguali a se stessi o attraverso una moltitudine di varianti di una stessa matrice.
Lo scambio non coinvolge soltanto le merci, ma anche i luoghi, i mercati, le città, i magazzini, gli uomini. Ed attraversa il tempo, dalle navi onerarie dell’antica Roma ai moderni portacontainer. E gli “oggetti” in questo caso sono la materia di scambio.
La navigazione, in secondo luogo, attraverso evoluzioni tecnologiche ha decretato il susseguirsi dei diversi predomini territoriali e commerciali. Da Ulisse, con la sua storia ricca di viaggi, naufragi ed approdi, ai giorni nostri. Dai remi delle prime imbarcazioni, alle vele e poi ai motori delle navi moderne. Gli “oggetti” in questo caso sono gli strumenti attraverso cui passa il progresso tecnologico.
Infine le migrazioni, generate spesso da condizioni disperate. Guerre o crisi economiche. Dagli orrori della presa di Troia ai mussulmani che scappano dalla Sicilia, spinti dall’invasione normanna; dai greci che nel Settecento approdano in Sardegna ai migranti dell’Ottocento che cercano fortuna in terre lontane. Fino ai naufragi dei giorni nostri.
Feniello e Vanoli scelgono i loro 20 oggetti cercando di andare oltre alla funzionalità arida di un semplice breviario e proponendo invece una più ampia visione d’assieme ed una precisa chiave di lettura, ispirandosi dichiaratamente all’illustre scrittore ed accademico jugoslavo Predrag Matvejevic, al suo Breviario Mediterraneo e all’idea romanticamente generosa di convivenza delle diversità e di abbattimento delle frontiere mentali, culturali, oltre che fisiche da lui teorizzata in contrapposizione ai nascenti nazionalismi nei Balcani del suo tempo.
Ed è chiaro così che gli oggetti semplici e comuni, presenti in questo libro, come il pane o la coppa per bere il vino raccontino una storia antica come lo stesso Mediterraneo. Oggetti che a guardar bene hanno attraversato diverse culture, diventando simboli, uguali e diversi, per le tre religioni monoteiste, esclusiviste, gelose l’una dell’altra, rivali da sempre, presenti nel Mediterraneo.
Oggetti che hanno caratterizzato accelerazioni dello sviluppo economico e che si sono diffusi rapidamente come la rete da pesca, l’anfora per trasportare le merci, la lucerna e la bussola per migliorare le condizioni di navigazione o l’abaco, che ha permesso di accelerare i conteggi negli scambi.
Oggetti che racchiudono in loro l’identità plurale di mediterraneità, come la paella in campo culinario o la chitarra e i pupi siciliani nelle arti.
Persino gli oggetti stessi legati alla guerra e la violenza, come le catene o le spade, raccontano in realtà di scambi e contaminazioni che vanno al di là dei confini tracciati.
La narrazione che accompagna ogni oggetto raccontato dagli autori stimola alla riflessione e ci ricorda di quanto la storia del nostro mare, anche se ricca di diversità e di divisioni, sia portatrice di un senso comune di mediterraneità. Della capacità che questo mare ha avuto nel far parlare e mettere a contatto tra loro gli uomini che lo hanno popolato.
E di come invece tutto questo oggi sembri lontano. Di fronte a comportamenti sempre più esclusivi e alla tendenza crescente che ogni paese ha nel rivendicare la propria sovranità. Nel tempo in cui la condizione dell’essere migrante ha bisogno di essere tutelata attraverso accordi internazionali, quando invece da sempre essa rappresenta l’elemento fondante della nostra identità.