In “Lontano da qui”, opera seconda dell’italo-americana Sara Colangelo, Maggie Gyllenhaal, insegnante d’asilo annoiata dalla sua vita di madre e d’insegnante, entra nel corso del bel Gael Garcia Bernal per imparare a scrivere versi. I suoi esiti sono modesti, ma in compenso scopre in un piccolo allievo (cinque anni appena) doti poetiche fuori dal comune. E decide di impegnarsi in un’estrema crociata personale, che le cambierà la vita, per tutelare quel talento. Premiato al Sundance Festival, un film insolito, suggestivo, sottilmente disturbante. Una bella scoperta
Lisa (Maggie Gyllenhaal) è una maestra d’asilo alle soglie dei quarant’anni, immersa nella noia tranquilla di una vita senza qualità, fra un marito tiepidamente affettuoso e due figli ormai (quasi) grandi che inseguono valori per lei estranei, fra passioni via smartphone (la figlia quindicenne) e desideri di dare una svolta alla propria vita arruolandosi nell’esercito (il figlio ventenne).
Nel tentativo di trovare nuovi stimoli e recuperare un po’ di energia ed entusiasmo, Lisa si è iscritta al corso di poesia tenuto dall’affascinante Simon (Gael García Bernal) e si cimenta quotidianamente nella scrittura in versi, con grande impegno ma risultati piuttosto scarsi. Pur amando alla follia la poesia, Lisa infatti non è molto dotata e si dibatte in silenzio fra la malinconia del rimpianto e slanci velleitari privi di una vera direzione.
Fino al giorno in cui si imbatte in un piccolo inatteso miracolo: uno dei bambini di cui si prende cura, ad appena cinque anni rivela un precoce e straordinario talento letterario. Il piccolo Jimmy Roy (Parker Sevak), in apparenza normalissimo, magari giusto un po’ trascurato da un padre che lavora troppo e una madre che s’è trasferita in un’altra città dove ha trovato un impiego, ogni tanto si mette a camminare avanti e indietro come fosse in trance, declamando bellissime poesie, proprio quelle che Lisa vorrebbe tanto saper scrivere. Per un po’ di tempo infatti non trova di meglio che “rubarle” al suo allievo e incassare al posto suo applausi e complimenti.
Ma è una fase di breve durata. Perché quello che Lisa vuole davvero non è conquistare per sé la gloria letteraria ad ogni costo, anche attraverso l’impostura, ma piuttosto “regalare” al mondo la luce di una nuova e potente voce poetica. La sua missione – esclusiva, radicale, inevitabilmente folle – diventa così quella di proteggere questo bambino e il suo talento, a costo di intraprendere una sorta di crociata personale. Lisa si spingerà così ben oltre i limiti della sua professione, ma anche del puro e semplice buon senso, incamminandosi su una strada sempre più pericolosa e tragicamente solitaria.
Maggie Gyllenhaal si conferma attrice intensa e sottile, capace di dipingere un personaggio dalle mille sfaccettature, di quelli destinati a rimanere nel cuore. Perché questa donna fragile e temeraria, ipersensibile e al tempo stesso incredibilmente ottusa, riesce a farsi paladina di un bisogno inesausto di poesia che riguarda tutti noi, nel momento in cui ci capita – almeno ogni tanto – di non trovarci del tutto a nostro agio in un mondo sempre più prosaico.
Un film malinconico e potente, che parla di bellezza e di talento, ma anche di mediocrità e spaesamento, di come l’ambizione artistica non basti a definirsi artista e di come le buone intenzioni possano condurre dritto verso l’inferno, invece che in paradiso. Il tutto con uno stile di regia essenziale e una scrittura affilata, felicemente in bilico fra speranza e disperazione. Premiato al Sundance Festival, il secondo lungometraggio dell’italoamericana Sara Colangelo, il primo a essere distribuito in Italia, rappresenta una bella scoperta. Un film insolito, suggestivo, sottilmente disturbante. Da vedere.
Lontano da qui, di Sara Colangelo, con Maggie Gyllenhaal, Parker Sevak, Gael García Bernal, Anna Baryshnikov, Rosa Salazar.