Sconfessato dallo stesso Morell, lo scrittore da cui è nata l’intera saga, “Last Blood”, l’ultimo capitolo delle avventure dell’eroe con arco e coltellacci, interpretato da un Sylvester Stallone ormai oltre ogni verosimiglianza, cade tradito da una sceneggiatura frettolosa, una galleria di cattivi da telefilm e inutili scene di esibita violenza. Non lo salva neanche l’apparizione di Paz Vega, quasi irriconoscibile
Ci sono film e personaggi che non invecchiano, capaci di conservare intatta l’aura di capolavoro o icona senza età anche a distanza di varie generazioni di spettatori. Poi ci sono film e personaggi (e attori) che, ahimè, semplicemente si ostinano a non voler invecchiare, cercando pietosamente di nascondere sotto il tappeto l’inesorabile passaggio del tempo. E la cosa, dolorosamente si vede, a maggior ragione se, da attore, sceneggiatore o regista (o le tre cose insieme) ci si è guadagnati l’ingresso nell’Olimpo hollywoodiano con il successo quasi imprevisto di poche saghe o interpretazioni memorabili.
Il tutto per dire che di Rambo: Last Blood, regia bruttina del praticamente esordiente Adrian Grunberg, una vita da assistente regista per film d’azione prima del grande salto, c’è davvero ben poco da dire. Ripudiato con disonore dallo stesso David Morell, autore del romanzo originale del 1972 da cui è nato l’intero ciclo (“È imbarazzante che il mio nome sia associato a questo film”), il nuovo capitolo nell’epopea di autoesaltazione dell’immarcescibile Sylvester Stallone è, per dirla sempre con le parole di Morell, semplicemente “un pasticcio”, già stroncato oltreoceano dalla critica quanto dal pubblico più affezionato.
E sì che quando Stallone, nel 2006, aveva rispolverato per l’ennesima volta quel Rocky Balboa che è l’altra metà del suo cielo, nonostante la pelle fosse già irrimediabilmente segnata dall’età e il corpo restasse muscoloso ma in maniera quasi innaturale, pareva che il tempo delle pellicole a base di cazzotti ed esplosioni fosse ormai arrivato alla meritata pensione. E invece no: in barba ai ripetuti annunci di addio alle scene dell’italian stallion (l’ultimo, proprio riguardo al personaggio di Rambo, è in un’intervista del 2016), rieccolo prima nei anni del pugile in Creed e Creed II (anche se stavolta soltanto in panchina), poi di nuovo in prima linea con arco, coltellacci e la solita, pirotecnica sequenza di agguati e trappole mortali.
In Last Blood, però, il miracolo riesce ben poco, o non riesce affatto: questa ennesima resurrezione cinematografica nella carriera dell’eterno ragazzone dalla mascella all’ingiù stavolta spara inesorabilmente a salve, finendo per incespicare in un mix quasi ridicolo tra il revenge movie semi-demenziale alla John Wick e la versione splatter di Mamma, ho perso l’aereo. Cattivi da telefilm, una trama (?) buttata giù in due righe, e momenti di violenza tanto gratuita da esser quasi esilarante, tanto che l’ultima mezz’ora in sala è un tripudio di risate e applausi ironici. Ed è un peccato, perché la figura del guerrigliero solitario e crepuscolare, ossessionato dal male anche in tempo di pace al punto da trincerarsi in un ranch/bunker assieme ai suoi spettri e traumi, poteva essere lo spunto interessante per una degna conclusione della saga, magari più vicina allo spirito del primo capitolo, o dell’opera di Morell, in cui il protagonista sembra quasi cercare la morte pur di poter finalmente smettere di fuggire o lottare.
A nulla serve il contributo di una pressocchè irriconoscibile Paz Vega, né il disperato tentativo, portandogli la guerra fin dentro casa e famiglia, di umanizzare il vecchio John Rambo, magari con quei vaghi accenni d’introspezione che allo Stallone del primo Creed sembravano riuscire tanto bene da valergli un Golden Globe e una candidatura all’Oscar. Caduto l’ultimo bossolo, imbrattata l’ultima parete di sangue, cervella e interiora del malcapitato di turno, quel che resta è in uno dei pochi, pochissimi dialoghi validi in un’ora e mezza di film: “La guerra è finita, John, è tutto nella tua testa!”. “Lo so, ma non riesco a spegnerla…”. Come ti capiamo, Sly: bastasse un telecomando, pure noi avremmo almeno cambiato canale.
Rambo: Last Blood di Adrian Grunberg, con Sylvester Stallone, Paz Vega, Yvette Monreal, Sergio Peris-Mencheta, Óscar Jaenada, Adriana Barraza