L’illustre interprete di musica barocca torna a dirigere per la Società del Quartetto. Il 17 dicembre alla Basilica di San Marco un’occasione unica per ascoltare l’Oratorio, tra le cantate più celebri di Johann Sebastian Bach
“Gioite, esultate!” esorta a gran voce il coro, accompagnato da solenni rulli di timpani e fastosi squilli di tromba. Era il natale del 1734 quando Bach (Johann Sebastian) presentò questa serie di cantate a Lipsia, nelle due chiese più importanti della città: San Tommaso e San Nicola. Ora, invece, tocca a noi gioire ed esultare: il 17 dicembre alla Basilica di San Marco verrà nuovamente eseguito l’Oratorio di Natale BWV 248 nel programma della Società del Quartetto, sotto la bacchetta del grande Ton Koopman.
L’occasione è tanto più preziosa in quanto il maestro olandese, socio d’onore della società dal 2014 e protagonista di molte stagioni passate, mancava dai programmi del Quartetto da diversi anni. Era il dicembre del 2016 quando portò nella stessa basilica un programma simile, composto da quattro cantate sacre, di cui due tratte dall’oratorio natalizio. A chi, come il sottoscritto, avesse avuto la fortuna di assistere a quel concerto sarebbe superfluo raccontare la gioia che l’ensemble olandese prova e trasmettere nel fare musica, per tutti gli altri il suggerimento è di non lasciarsi scappare l’occasione e provare per credere.
Koopman è considerato tra i più grandi interpreti di musica barocca di oggi e il suo nome è affiancato a quello degli immortali Gustav Leonhardt, di cui fu allievo, e Nikolaus Harnoncourt. È stato proprio con la generazione dei suoi maestri che ha iniziato a spargersi nel mondo l’attenzione per le cosiddette “esecuzioni storicamente consapevoli”, ovvero esecuzioni di musica antica e barocca affrontate con un occhio filologico più attento di quello che mostrava, per esempio, Stokowski nell’affrontare lo stesso repertorio. Oggi una registrazione come la prima delle due proposte di seguito può far sorridere, eppure fino agli anni Sessanta e Settanta il lirico romanticismo che permea ogni nota dell’incisione poteva essere considerato la norma. Così come ascoltando la stessa musica tratta dalla Cantata BWV 140 diretta da Harnoncourt.
Koopman e il suo Amsterdam Baroque Orchestra & Choir sono tra i più grandi alfieri della musica barocca, soprattutto di quella eseguita con consapevolezza storica. Ma attenzione a non confondere l’aggettivo “storico” con quello di “pedante” come troppo spesso capita di sentire. L’idea che al suono degli strumenti antichi non siamo più abituati e che quindi non ci piaccia è – ça va sans dire – una considerazione superficiale e questo ensemble olandese ne è la prova vivente.
Quando la direzione e l’esecuzione sono portate a un livello così alto non c’è lamentela che tenga, la musica colpisce al cuore esattamente come se fosse suonata con qualsiasi altro strumento. E riguardo alla qualità non si può certo discutere: la ABO&C, che nel 2019 festeggia i quarant’anni, conta un numero impressionante di premi e riconoscimenti internazionali (Gramophone Award, Diapason d’Or, Prix Hector Berlioz tra gli altri). Nel 1994 ha intrapreso un ambizioso progetto discografico: l’integrale delle cantate, sacre e profane, di Bach, che gli è valso l’ingresso nell’olimpo delle incisioni del Cantor. Nel 2014 invece ha terminato di registrare l’opera omnia di Dieterich Buxtehude, organista e compositore meno celebre del primo ma grande musicista dei suoi tempi. La passione e l’amore nel fare musica trapela da ogni gesto del direttore e della sua orchestra; lo si può vedere nei filmati delle esecuzioni e ancor più dal vivo, naturalmente. La serietà non esclude il divertimento e la leggerezza, entrambe qualità che si rispecchiano nelle esecuzioni di Koopman, vitali oltre ogni immaginazione. Personalmente serbo come un prezioso ricordo il sorriso e le garbate risate del maestro poco prima del concerto natalizio tenuto nel 2016, conferma, ai miei occhi, della sua umanità.
Eseguire l’intero Oratorio di Natale nella basilica milanese è il modo migliore per rientrare nella programmazione del Quartetto, che sentiva ormai la mancanza di Koopman. La BWV 248, per gli amanti di Bach è tra le opere più importanti, suntuosa narrazione della nascita di Gesù e, completa, consta di sei quadri: la nascita di Gesù, l’annuncio ai pastori, l’adorazione dei pastori, la circoncisione con l’imposizione del nome, l’arrivo dei Re Magi e infine l’adorazione. Una storia raccontata attraverso le parole dei vangeli di Luca e Matteo che raramente viene proposta per intero.
La musica che Bach concepisce per queste cantate si serve anche di pagine riciclate da musica profana, concepita per altre occasioni: tra gli esempi più famosi è proprio il coro iniziale, preso in prestito dalla cantata BWV 214 Tönet, ihr Pauken! Erschallet, Trompeten! dedicata a Maria Josepha, Elettrice di Sassonia e Regina di Polonia. Dai cori fastosi per la nascita del figlio dell’uomo si passa alle più intime arie cantate dai personaggi della narrazione liturgica. In questo ampio quadro espressivo si trovano tra le più memorabili pagine bachiane che fanno di questo concerto un appuntamento da non perdere.