La metà del cielo: un reportage dalla vita firmato Ferracuti

In Letteratura

Una donna e un uomo, una moglie e un marito, una insegnante e uno scrittore: i figli, l’amore, i tradimenti. La vita. Poi, all’improvviso, la malattia. Angelo Ferracuti racconta i giorni della cura, della memoria e dell’abbandono: un’autobiografia sulla pelle viva, che ha per sfondo la storia dell’Italia, dagli anni Settanta ad oggi.

All’inizio del brano Woman, dedicato all’amata Yōko Ono, John Lennon sussurra dolcemente con un filo di voce “For the other half of the sky”. Come il più famoso dei cantautori, così Angelo Ferracuti, reporter e scrittore marchigiano, abbandona il tema prediletto del lavoro per lanciarsi in una nuova avventura dai toni intimi e personali.

Pubblicato nel 2019 da Mondadori, La metà del cielo è un’autobiografia sentimentale la cui stesura è durata ben quattordici anni. Dopo una serie libri di reportage, fra cui spiccano Le risorse umane e Il costo della vita, Ferracuti torna alla narrativa con un romanzo che, intriso di straordinario realismo, racconta l’eterno amore per la moglie, morta di cancro a soli quarantadue anni. Pagina dopo pagina, le vite di Angelo e Patrizia si svelano senza patetismi o forzature narrative. Lo stile piatto e documentaristico continua ad accompagnare l’autore, aiutandolo a calarsi nelle profondità delle emozioni, libero da convenzioni o schemi preconcetti.

Il primo incontro, i molti viaggi in treno e i pochi in aereo, l’amore che sboccia, le due figlie Eugenia e Lorenza e, ancora, le liti, i tradimenti e, ultimo, il cancro. A distanza di oltre 10 anni dai fatti narrati, La metà del cielo indaga fortune e avversità di due esistenze legate fra loro indissolubilmente, entrambe distrutte dal dramma della malattia. L’autore mette alla prova le risorse della memoria, interroga protagonisti e attori secondari, ricerca testimonianze e conclude tracciando un dettagliatissimo affresco degli anni trascorsi insieme, fino al solitario percorso attraverso l’elaborazione e l’inevitabile accettazione del lutto.

Un soffio leggero, un respiro delicato. Le parole di Ferracuti hanno il sapore di un abbraccio. La grazia con cui è scritto richiama la poesia, ma in fin dei conti ciò che colpisce del romanzo è l’atto di coraggio del suo autore che, tenace, si mette a nudo davanti alla più indicibile delle sofferenze, privo di scudi o protezioni. La metà del cielo conserva, senza vincoli di coerenza strutturale o cronologica, i ricordi immortali di un passato divenuto ormai leggenda e i timidi passi verso il futuro, esitanti e pieni di paura.

“Se dovessi dire a distanza di tanti anni chi era mia moglie, direi un’insegnante” scrive Angelo. Dotata di ogni forma di saggezza, dal comune buon senso che regola le scelte quotidiane alla lungimiranza che ordina i progetti più complessi, Patrizia è alla guida della famiglia. Con l’incedere della malattia, l’immacolata immagine della donna tende sempre di più all’eroismo. La forza titanica con cui continua a lottare fa di lei il paradossale ritratto della vittoria. In maniera opposta, Angelo si rivela, invece, un uomo fragile e insicuro. La perdita di Patrizia mette in crisi la sua stessa identità, pubblicamente, come marito e come padre e, privatamente, come uomo insicuro, solo e smarrito. Nel romanzo, Angelo cade a pezzi sotto il peso di continui fallimenti.

Come rivela all’oncologa, può guardare con fierezza a un unico successo di inestimabile valore:

“L’unica cosa in cui penso di non aver fallito in tutta la mia vita è stata quella di proteggere mia moglie nel periodo della malattia, accompagnarla verso la morte”.

Fedele e mansueto come un animale domestico con il suo padrone, ha saputo improvvisare sorrisi sinceri, ha imparato a trovare parole rassicuranti adatte per ogni occasione e si è imposto di lasciarsi guidare dagli insegnamenti della moglie anche dopo il fatale giorno dell’abbandono.

La metà del cielo parla di una frattura, del progressivo sgretolarsi di abitudini costruite in una vita intera, di quotidiani timori e di ricordi divenuti ormai sterili. Per prima arriva la malattia e poi inizia il cammino verso la fine, fatto di piccole speranze e immense delusioni. Felicità e dolore, condivisione e isolamento si confrontano e si confondono nel romanzo: la morte diventa l’occasione per celebrare la vita, la malattia offre lo spunto per ricordare la passata gioventù e il dolore della solitudine conduce il pensiero al ricordo degli anni trascorsi in compagnia di quella donna così preziosa. Anche la debolezza e il deperimento fisico, causati dalla malattia, illuminano la forza interiore e lo spirito di dignitosa accettazione di Patrizia.

Affascinante è, inoltre, il ritratto stesso della “malattia dei popoli ricchi”, così come la definisce Angelo, intriso di ideologia politica. Nel racconto della patologia di Patrizia si fondono alla perfezione due storie di lotta: quella privata combattuta da una donna contro un male che minaccia il suo organismo e quella pubblica che ha come protagonista la società occidentale che si trova a fronteggiare una questione sempre più preoccupante.

Pur restando, in primo luogo, la storia di uno scrittore e di un’insegnante, La metà del cielo tiene le fila di un’intera generazione, quella venuta grande durante gli anni Settanta. La realtà provinciale del centro Italia che ospita il ritratto d’amore di Angelo e Patrizia svela come sfondo gli anni delle lotte studentesche, dei juke-box, delle Brigate Rosse e dei Bee Gees. L’orizzonte del romanzo si può ancora estendere: La metà del cielo parla di tutti noi. È un’autobiografia collettiva delle tragedie che si consumano in ogni famiglia, che sono proprie di ogni unione. Come solo i grandi romanzieri sanno fare, Angelo Ferracuti racconta del singolo per parlare all’universale, fa del dramma privato l’emblema dell’esistenza umana e delle sue pericolose complicazioni.

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