Grazie, Richard Powers!

In Letteratura, Weekend

Lettera di una scrittrice ad un collega. Per ringraziarlo di avere scritto un romanzo vero, alto, che fa il punto sulla storia di tutti i viventi, dall’erba agli umani, vitale più che mai di questi tempi. Lui è Richard Powers, autore de ‘Il sussurro del mondo’

Ho scritto il romanzo che volevo leggere, ricordo di aver detto una volta, forse a proposito de La masnà. È un’affermazione presuntuosa: che ne so che un libro del genere non esista già? Magari l’ha già scritto qualcun altro, e meglio. Non li ho mica letti tutti. Sono passati un po’ di anni e ancora mi vergogno.

Eppure, dietro certe dichiarazioni avventate, c’è una sensazione molto netta, che ti prende quando ti viene l’idea per una nuova storia. Che nessun altro la possa scrivere. Perchè è la tua idea, la tua storia

Tempo fa ad esempio ho cominciato a pensare che mi sarebbe piaciuto scrivere un romanzo in cui, al centro della vicenda, ci fossero le piante. Che, si capisce subito, è un lavoraccio. Non ho cognizioni botaniche, ve lo immaginate documentarsi per una cosa del genere? E come lo risolvi il problema della trama? Cosa mai devi inventarti per dare corpo e voce a quell’idea nebulosa, germinata – è il caso di dirlo – da una delle Lezioni Americane, laddove Calvino dice che sarebbe bello liberarsi del self , della “prospettiva limitata di un io individuale” e scrivere un romanzo che dia voce a “ciò che non ha parola, l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica…”.

Poi ho letto Il sussurro del mondo di Richard Powers e ho pensato: grazie.

Grazie Richard Powers. Grazie che ti sei sobbarcato questa faticaccia, che ti sei documentato, che hai sacrificato pomeriggi, passeggiate, vita per scrivere questo splendido romanzo con dentro  l’erba, i fiori, le sequoie, gli aceri, i castagni, e anche le formiche e i batteri e le muffe e le stagioni e gli umani. Un mucchio di umani, ciascuno con la sua voce, le sue ubbie, la sua storia  e la sua personalità. Alcuni indimenticabili, Patty-la-pianta su tutti. Grazie. Hai scritto un romanzo bellissimo. 

Bellissimo e arduo. La stessa cosa che ho pensato leggendo, guarda un po’, La montagna incantata. Che è uno di quei romanzi in cui la letteratura fa quello che dovrebbe sempre proporsi: fare il punto. Su un’epoca intera, nel caso della vicenda di Hans Castorp nel sanatorio di Davos. 

Storie diversissime, le vostre, ma leggendoti, caro Powers, è a Thomas Mann che ho pensato e all’immagine del mondo che ci ha lasciato, e che ci fa capire l’Europa a picco sulla Prima guerra mondiale più di tanti trattati di storia. Tu hai fatto lo stesso con  l’emergenza ecologica che stiamo vivendo. Ci hai messo dentro tutto: botanica, certo, ma anche filosofia, storia, politica. Come aveva fatto Mann a suo tempo. Bellissimo e arduo, appunto. 

Leggo che il titolo originale è The Overstory. Peccato che l’editore italiano non l’abbia conservato.

Perché è sulla condizione storica dei viventi, tutti i viventi, che il tuo romanzo fa il punto. Quella che in cui siamo immersi, quella che ci aspetta.

 

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