Meglio l’ignoranza

In Letteratura

Torna in libreria William Hazlitt con una raccolta di sette saggi tratti da “Table-Talk” edita da Fazi editore: “L’ignoranza delle persone colte”

Leggendo questa raccolta di saggi paradossali, provocatori, autoironici di William Hazlitt, vorremmo essere bravi come lui a guardare il mondo e a smascherare i luoghi comuni che ci fanno arrabbiare e che ci tengono prigionieri.

Scritti intorno al 1820 per il London Magazine, tutti i testi della raccolta sono di sconcertante attualità: non c’è da stupirsi che Stendhal, Keats, Coleridge, Wordsworth, suoi amici e vittime dei suoi strali in quanto intellettuali e artisti, li trovassero irresistibili. Saper stare al gioco è segno di intelligenza.

Sembra scritto oggi l’essay Sulle istituzioni. Queste sono più corrotte e più guaste degli individui, perché hanno più potere per fare del male, e sono meno esposte al disonore e alla punizione. L’opposizione è considerata fastidiosa e irritante. Le accuse di corruzione sono sottoposte a commissioni che le vanificano, considerandole sottigliezze paralizzanti. L’individuo è pieno di vizi e di virtù, «è rivestito di un abito multicoloreı» come il buffone di Shakespeare, ma le istituzioni sono rivestite di un’uniforme morale: non hanno sentimenti complessi, la debolezza è trasformata in sistema, «le malattie diventano merce».

Graffiante, Sul fare testamento: è l’ultima possibilità che abbiamo di esercitare la naturale perversità del nostro carattere e prendiamo ogni precauzione perché il mondo non possa trarre vantaggio dalla nostra morte. Facciamo di tutto per mortificare tutti, visto che sono stati tanto maleducati da sopravviverci.

Ha un incipit consolatorio Sulla paura della morte. Esiste una cura infallibile per non temerla: basta riflettere che la vita ha un principio oltre che una fine e visto che non siamo ossessionati dall’idea che non c’eravamo prima, perché strapparsi i capelli all’idea di farla finita? In fondo il mondo stava bene senza di noi, quanto noi senza di lui. Morire è soltanto tornare a essere come eravamo prima di nascere; nessun rimpianto, solo un sollievo della mente. Quasi una saggezza buddista, ma lo humor nero di Hazlitt ricomincia a mordere. C’è un tormento che aggiungiamo volontariamente e senza necessità alla paura della morte: quello del dolore che proveranno i nostri cari. Se il problema è questo, possiamo star tranquilli. La patetica esortazione incisa sulle lapidi di campagna: «Non vi addolorate per me, moglie mia, figli miei cari», viene seguita alla lettera. Si godranno con piacere quel poco che lasciamo. Il mono continua come al solito, ci ignora esattamente come quando eravamo in vita.

Arriviamo infine a L’ignoranza delle persone colte, che dà il titolo alla raccolta. Meglio non sapere né leggere né scrivere, che non saper far altro. Il divoratore di libri vive in una rete di astrazioni e vede solo l’ombra delle cose, per di più riflessa attraverso la mente di un altro. Non pensa, non vede con i suoi occhi, si affanna a ripetere meccanicamente quello che ricorda, spesso malamente. «L’entusiasta Fantasia ha sempre marinato la scuola». I grandi geni a scuola non andavano bene; per istinto rifiutavano massime e regole che con la vera conoscenza, con la passione, col sentimento non c’entrano niente. La persona istruita non conosce i suoi vicini, ma ti ripete gli usi delle tribù aborigene, delle caste, dei calmucchi. Conosce le mappe di Costantinopoli o di Pechino, ma non si orienta nella sua città. Non se ne accorge, non la vede, non gli interessa, non ne vale la pena. Neanche della poesia capisce niente; sa quanti piedi ci sono in un verso, quanti atti in un dramma, ma ne ignora l’anima, lo spirito. Per lui non hanno importanza. Sembra che “i lavoratori della vigna del sapere” abbiano lo scopo di confondere il senso comune e la distinzione fra il male e il bene per mezzo di massime e nozioni preconcette, sempre più assurde col passar del tempo. Sono meglio gli uomini d’affari che s’accorgono di quel che han davanti e ne traggono profitto. Anche le donne hanno più buon senso, perché hanno meno pretese, sono meno impacciate dalle teorie. Tiriamo un sospiro di sollievo: forse si salva qualcuno! Invece ecco la staffilata finale: le donne non possono ragionare male, perché non ragionano affatto. Usano il loro senso pratico per governare i mariti.

L’ignoranza delle persone colte di William Hazlitt, Fazi Editore, 2015, pp. 110, €14,50

Foto di Rovanto

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