Ha ripreso il titolo del celebre romanzo ottocentesco Ladj Ly, 42enne figlio di Les Bosquets, agglomerato di torri squallide e disperazioni assortite nella periferia a nord-est di Parigi. Per raccontare come nel suo quartiere di emarginati il precario equilibrio tra guardie e ladri finisca in pezzi per la scomparsa di un leone. E molte altre cose sulla vita di chi oggi è ai margini della società. Un film splendido, premiato al Festival di Cannes, candidato all’Oscar, vincitore di quattro Cesar
15 luglio 2018, sugli Champs-Élysées la Francia esulta: i Bleus hanno vinto i Mondiali. Nella folla che grida, piange e ride, bianchi, neri e arabi, e tante vie di mezzo, figli di incroci etnici, culturali e religiosi. Tutti diversi tra loro e però tutti francesi, uguali nell’esultanza, in quell’immensa folla festante e indifferenziata, dove a spiccare sono soprattutto le bandiere tricolori.
Questo è ciò che racconta il prologo di I miserabili di Ladj Ly, disponibile dal 18 maggio sulla nuova piattaforma digitale MioCinema.it e sulla Pay Per View Sky Primafila Premiere, pochi minuti per descrivere la Francia campione del Mondo e una Parigi che sembra davvero la città più felice del mondo. Subito dopo, mentre finiscono i titoli di testa, ecco comparire il quartiere che farà da sfondo al resto della narrazione: Les Bosquets, agglomerato di torri squallide e disperazioni assortite nella banlieue a nord-est di Parigi.
Un quartiere come tanti, brulicante di vite in bilico, tra palazzi malandati, strade assolate e discariche usate come campi da gioco, che scopriamo a poco a poco attraverso gli occhi dell’agente Ruiz (Damien Bonnard), al suo primo giorno di servizio con la pattuglia formata dal bullo Chris (Alexis Manenti) e dal sornione Gwada Djibril Zonga). Una vita quotidiana scandita da piccoli soprusi e maneggi di quart’ordine, tensioni tra gang e una buona dose di controllo del territorio, perché chi muove i fili dell’economia illegale ha bisogno di tranquillità per fare i propri affari in santa pace, e preferisce non innervosire troppo i tutori della legge.
Insomma, guardie e ladri sembrano perfettamente a loro agio, finché ognuno rispetta il proprio ruolo. Ma basta poco: dal circo gestito da una famiglia rom scompare un cucciolo di leone e il precario equilibrio su cui si fonda la convivenza – tra adulti e ragazzini, tra i boss locali dello spaccio e il leader dei Fratelli Musulmani, tra gangster e poliziotti – va letteralmente in pezzi. Il risultato è un’esplosione di rabbia dagli esiti fin troppo prevedibili. Mentre il drone guidato da un ragazzetto timido, e in realtà più che altro interessato a spiare le ragazze del palazzo di fronte, inquadra le cose dall’alto e vede anche ciò che non dovrebbe, rimandando a uno sguardo “altro”, capace di trasformarsi in giudizio e testimonianza.
Premio della giuria a Cannes e vincitore di quattro premi César, compreso quello al miglior film (ma è stato anche tra i cinque finalisti agli Oscar stranieri), I miserabili è una storia di banlieue capace di indignare e anche di far riflettere sul destino di queste periferie popolose e abbandonate, miserabili anche quando a dominare non è l’indigenza assoluta.
Perché la vera miseria sta in quell’orizzonte chiuso, nella paura diffusa, nella bruttezza ostentata, nell’assenza di speranza che non lascia varchi aperti, al di là della rabbia fine a sé stessa e della rivolta cieca e nichilista.
Però proprio questo film rappresenta in fondo un varco, la possibilità di costruire qualcosa di nuovo e migliore, e non solo di distruggere l’(orribile) esistente. Il regista Ladj Ly, un francese 42enne originario del Mali, è cresciuto nel quartiere Les Bosquets a Montfermeil, comune dell’Île-de-France dove Victor Hugo collocava la locanda dei Thénardier, perfidi antagonisti di Jean Valjean, il protagonista del suo capolavoro, I miserabili,appunto. Ad appena un’ora di RER dal centro di Parigi. Ma è come stare su un altro pianeta. A Montfermeil e nella vicina Clichy-sous-Bois sono scoppiate le rivolte che nel 2005 hanno insanguinato le banlieue francesi. E Ladj Ly era lì in prima fila, a filmare tutto quello che succedeva, a usare la sua macchina da presa come un’arma. Proprio da quei documentari, dalla realtà della vita di banlieue, è nato il cortometraggio che ha fatto conoscere Ladj Ly e gli ha mostrato il suo varco, una possibilità di uscita, ciò che gli ha consentito di girare un film duro e amarissimo, senza fronzoli né didascalie, eppure non del tutto privo di speranza. Perché “Non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”. Lo diceva Victor Hugo, e Ladj Ly sceglie proprio questa frase per chiudere il suo magnifico film.
I miserabili di Ladj Ly, con Damien Bonnard, Alexis Manenti, Djibril Zonga, Issa Perica, Al-Hassan Ly