Innamorato del mondo di Tolkien, è arrivato all’Oscar per “Il Ritorno del re” nel 2004. Ma ciò che ama, vuole e disegna è a Dartmoor, tra i boschi e il fiume
In te c’è più di quanto tu non sappia, figlio dell’Occidente cortese. Coraggio e saggezza, in giusta misura mischiati. Se un maggior numero di noi stimasse cibo, allegria e canzoni al di sopra dei tesori d’oro, questo sarebbe un mondo più lieto. Ma triste o lieto, ora debbo lasciarlo. Addio!
Con questo pensiero il nano Thorin, re sotto la montagna, prende congedo dall’hobbit Bilbo.
Leggendo queste parole si va con il pensiero a un altro hobbit. Abita anche lui nella Contea, non quella tolkeniana della Terra di Mezzo, ma quella di Dartmoor in Inghilterra. Alan Lee non avrà la statura dei mezz’uomini, ma come loro condivide l’amore per la natura e per le cose semplici della vita, oltre che un timido riserbo. Come Bilbo Baggins ama molto leggere, una passione che gli ha cambiato l’esistenza.
A diciassette anni, giovane londinese alla ricerca di un’evasione dalla caotica città, si imbatte nel Signore degli Anelli di Tolkien. Come ha detto lui stesso durante una rara intervista alla BBC, Lee non ha letto della Terra di Mezzo, ma per molti anni lo ha reso il suo rifugio. La meta familiare verso cui si è indirizzato il cammino di una vita.
A Londra studia arti grafiche e design. Al termine degli studi collabora come illustratore alla pubblicazione di numerose opere legate al folklore inglese e alla mitologia scandinava e greca. Nel suo lavoro si può sempre intuire il richiamo della Terra di Mezzo, sempre sognata e ricercata nei suoi acquerelli. Una ricerca tanto sentita da spingerlo a trasferirsi a metà degli anni ’70 in un cottage nella brughiera del Dartmoor, folgorato da quella terra dopo un fine settimana ospite a casa di amici.
La sua terra di adozione letteraria finisce per coincidere con quella in cui decide di vivere. Restituire la bellezza dei suoi paesaggi nelle tavole dei lavori che illustra gli permette di raggiungere il riconoscimento che lo porterà a confrontarsi con l’opera di Tolkien ancora una volta.
Per il centenario della nascita dei J. R. R. Tolkien nel 1992 la casa editrice statunitense HarperCollins decide di pubblicare un’edizione del Signore degli Anelli illustrata e chiama in suo aiuto proprio i pennelli di Alan Lee. Il successo di questa edizione è tale da spingere l’editore a rivolgersi al disegnatore britannico anche per Lo Hobbit, illustrato nel 1997 e I Figli di Hurin nel 2007.
Un risultato niente male per un libro, Lo Hobbit, che nella prima edizione del 1937 fu stampato in soli 1500 esemplari illustrati con degli schizzi in bianco e nero dello stesso Tolkien. Cimeli che adesso assillano i sogni dei collezionisti che sborsano anche 10mila dollari per una copia della prima tiratura.
Ma lasciamo la brama dell’oro ai nani. All’hobbit d’adozione Alan Lee basta l’amore per il suo lavoro che continua a portare avanti nel suo cottage così simile a una tana della Contea. Un rifugio abbandonato solo per una lunga avventura durata sei anni, quando Lee si è trasferito in Nuova Zelanda per lavorare con Peter Jackson alle scenografie della trilogia cinematografica del Signore degli Anelli. Un lavoro così ispirato e meticoloso da meritargli l’Oscar nel 2004 per la scenografia del Ritorno del Re.
Come Bilbo, al termine della grande avventura e della conquista del tesoro, anche Lee decide di tornare a casa e a quello che più di ogni altra cosa ama fare. «Camminando per i boschi e lungo il fiume ho visto tutto ciò che ho sempre voluto mostrare in un’illustrazione. Penso che potrei passare una vita a disegnare tutto questo. Amo i massi coperti di edera e gli alberi che sembrano usciti da un racconto fantastico».