Decisioni inattese: al tempo del Covid19 altro che star fermi. Venire dall’altra parte dell’oceano, in quell’altro pezzo di mondo che si chiama casa
L’avevo annunciato a tavola, durante una di quelle cenette che prepara Dan con cura. “E se io e Luca andassimo a Milano per due mesi?”. Sia Dan che Emma si sono messi a ridere. In effetti, è un’idea balorda, che non sta né in cielo né in Terra. Tutta colpa di Cristina, la mia amica romana che vive a Cambridge e che aveva deciso, con il marito e i tre figlio, di passare quattro mesi a Roma. Le scuole sono ancora chiuse e dunque i ragazzi possono comunque seguire le lezioni a distanza; gli uffici uguale. Mi aveva messo questa pulce nell’orecchio che non mi dava pace.
Sono stati mesi difficili, quelli della nostra infinita quarantena. Dan ha perso il lavoro; Luca non ha ricevuto nessun servizio; Emma, tredicenne, ha sofferto molto per la mancanza di socialità, di cose da fare. Io mi sono come chiusa in un riccio, incapace di leggere, di scrivere, di concentrarmi.
Intanto, a Milano, mia mamma diventa sempre più anziana, comincia ad avere i primi acciacchi dell’età. Le mie sorelle sono molto impegnate con i loro lavori e non sempre riescono a stare con lei. E poi Luca e mia mamma si amano follemente. Quando si incontrano, Luca l’abbraccia e la bacia per ore. Hanno le loro canzoncine, le loro routine. Mia mamma per anni è venuta a casa nostra a novembre, per il compleanno di Luca, ma adesso non riesce più a intraprendere un viaggio così lungo. Insomma, di motivi per venire e stare un po’ qui erano tanti.
Certo, stare sola con Luca per due mesi è dura. Anzi, durissima, tanto che Dan mi ha subito detto che lui non lo farebbe per niente al mondo.
Quella sera, a cena, l’ho buttata lì, facendo divertire Emma e Dan. Ma il moscerino che mi aveva messo nell’orecchio Cristina era diventato un elefante, e non riuscivo a pensare ad altro.
Ho subito fatto un po’ di ricerca e ho trovato un piccolo appartamento proprio dietro casa di mia mamma. Sarebbe stato impensabile stare da lei per così tanto tempo: si stanca facilmente, e l’ossessione che Luca ha nei suoi confronti a volte è travolgente. Ho chiamato il proprietario di casa e ci siamo messi d’accordo su un prezzo accettabile per entrambi. Ho prenotato due biglietti aerei a meno del solito (non viaggia nessuno e i prezzi si sono abbassati) e ho preso appuntamento per il tampone, da fare 72 ore prima della partenza.
Insomma, quell’elefante nel mio orecchio mi aveva guidato a rendere concreta un’idea quasi inconcepibile. Dan osservava silenzioso, sapendo benissimo che quando dico di fare una cosa, la faccio.
Il giorno prima di partire mi è venuto un attacco di panico: ma cosa diavolo sto facendo? Sono pazza? Con Luca per due mesi? Con il suo autismo prorompente, le sue ossessioni, le sue paure? Staccarlo dalla sua stanza di Cambridge, con James Taylor e Bob Marley alle pareti, che come un crocifisso lo proteggono dai demoni?
E poi pensavo a cosa avrei provato io, a stare a Milano così tanto tempo. Io, ormai talmente americana che non so ancora riconoscere le banconote degli euro, o come comprare la frutta e la verdura al supermercato (ma davvero dobbiamo pesarla noi?!?). Ma soprattutto, ho lasciato Milano quando avevo poco più di vent’anni e ancora abitavo con mia mamma, che era giovane, lavorava ancora. Torno dopo quasi trent’anni con i miei capelli bianchi, il mio figlio adulto/bambino profondamente disabile, una mamma in gamba ma anziana, bisognosa in una Milano completamente diversa da quella che avevo lasciato. Tutto questo mi incuriosiva e terrorizzava allo stesso tempo.
Invece, eccomi qui, a seguire le elezioni americane da lontano (per la prima volta), in un mondo molto simile a quello di Cambridge, fatto di mascherine azzurre dappertutto, giornate ritmate dal terrore di ammalarsi, dall’ansia di incontrare gli amici per paura di contagiarsi.
Sono arrivata da una settimana e ho già imparato a usare la lavatrice italiana: ma perché bisogna scegliere la temperatura? Che ne so io a quanti gradi si lavano i jeans? Insomma, un’americana un po’ milanese e un po’ matta. Luca è entrato con molta semplicità in una routine quotidiana che lo rende felice la maggior parte delle volte.
Ce la faremo.
in apertura: foto di Bogdan Todoran/Unsplash