La commedia di David Lindsay-Abaire in scena con Micaela Cescon e Luca Lazzareschi con la regìa di Roberto Andò: onde del destino in uno spaccato di vita americana
“Puoi togliere la ragazza da Southie, ma non Southie alla ragazza”.
Il sobborgo periferico e impoverito di Boston, è il luogo principe ma poco principesco in cui si srotola la vita di Margie Walsh, protagonista dell’istantanea con cui Good People di David Lindsay-Abaire ritrae gli odierni Stati Uniti d’America.
Poche sono le occasioni che la sorte concede ad una donna di mezza età appena licenziata da un dollar store, soprattutto se condannata ad un recidivo ritardo, dovuto al tempo necessario ad accudire la figlia ritardata: l’unico suo dono è quello della tenacia, della perseveranza, arma a cui dovrà spesso ricorrere per farsi largo nel mondo dei disoccupati.
Margie non ha scelta e per pagare il gravoso affitto, puntualmente ricordato dalla poco fine padrona di casa, sceglie di rivolgersi all’ex ragazzo del Southie e sua fiamma giovanile Mike. L’uomo, dopo aver cambiato vita, esser diventato un medico di successo e trasferitosi assieme alla giovane e avvenente moglie nel ricco quartiere di Chestnut Hill, si mostra poco disponibile e diffidente nei confronti della protagonista, vivendo il timore di un ritorno al passato.
Roberto Andò conferisce allo spettacolo un taglio quasi cinematografico e libera le diverse identità dallo status di personaggio, restituendo, anche grazie alle notevoli doti degli attori, persone in carne ed ossa.
Tra un cenno di approvazione e qualche commento uscito direttamente dal cuore, il pubblico è testimone della frustrazione generata dalla ricerca di un lavoro, della delusione di una partita persa al bingo, della gioia di vedere la testa di un coniglietto di polistirolo andare in frantumi e della mordace speranza di una fetta di società che non può arrendersi.
Il mondo dei calici di vino importato e dei pregiati formaggi puzzolenti viene a contatto con la meno ricercata e più diretta realtà di patatine fritte e coca-cola, in un simbolico confronto tra due facce della stessa nazione che mostrano sia chi ha già conquistato il proprio spazio e il proprio capitale, sia chi senza demordere tenta ancora di farlo: contrapponendo chi possiede a chi non possiede, chi ha la possibilità di scelta a chi ne è privo.
Gli scoraggianti pregiudizi sociali paiono insormontabili, costringendo chi proviene dai quartieri più disagiati a puntare tutto sulla forza del proprio carattere, sul sostegno morale della famiglia e su una latitante buona sorte, in attesa di un aiuto che giungerà inaspettato dall’unica vera persona perbene.
Good People, dal 2 al 10 febbraio al Teatro Franco Parenti, di Lindsay-Abaire, regia di Roberto Andò