Alla galleria kaufmann repetto di Milano è in corso la mostra personale di Corita Kent (Fort Dodge, 1918 – Boston, 1986). Sviluppata in collaborazione con il Corita Art Center di Los Angeles, to the everyday miracle è una mostra retrospettiva dell’intera opera di Corita, attraverso oltre 40 serigrafie e acquerelli, accompagnati da una selezione di materiali d’archivio dai primi anni ’50 fino alla sua morte. Un’occasione unica per scoprire un’artista e un personaggio singolare e notevole, che ha saputo riempire la vacuità dell’immagine Pop di spiritualità e impegno civile.
La repentina riapertura delle gallerie d’arte ha agitato molti cuori, lo scorso sabato, all’idea di tornare finalmente a “vedere mostre” e rivedere facce e luoghi da ormai un anno dimenticati. Superata l’emozione non mi soffermerò sui contenuti, anche se un alito di novità in più rispetto ai tempi me la sarei aspettata.
Ma c’è una mostra che, nel timido risveglio dell’arancione che vira al giallo, si distingue per energia e fascino e, in pieno spirito Pop, regala al pubblico il lavoro di una artista e di un personaggio davvero singolare e notevole. È la mostra da Kaufmann Repetto di Sister Corita, al secolo Frances Elizabeth Kent, suora e artista americana, protagonista di una vita intensa e di una sua personale visione della Pop Art, piena di colore, cultura, spiritualità e impegno civile.
A prima vista potrebbe sembrare un’operazione ai confini dell’outsider art, quella prodotta da dilettanti, emarginati o naïve tanto di moda negli ultimi anni e di cui molto abbiamo già scritto. Ma Corita Kent non era né una dilettante né un’ingenua, bensì un’artista immersa nel suo mondo e nel suo tempo, attiva e attivista, intensamente curiosa e generosa.
Certo, il suo essere suora oltre che artista porta con sé una narrazione che distoglie in parte l’attenzione dall’opera che però, grazie alla grande qualità della stessa e alla presenza dell’artista nel dibattito a lei contemporaneo, mantiene egregiamente la sua autonomia dalla biografia, evitando di cadere nel gorgo di un effetto Suor Cristina che canta Madonna in gondola.
Nata nel 1918 a Fort Dodge nell’Iowa, suora giovanissima a Los Angeles per fede e per inevitabilità socio-economica, studi in arte e grafica all’Otis College of Art and Design e laurea alla University of Southern California in Storia dell’arte, artista e insegnante appassionata, attenta e innovativa, la storia di Corita è già di per sé un’opera Pop.
Ha precorso e poi abbracciato l’arte del suo tempo non rinunciando minimamente alla sua identità e alla sua personalità, trasformando la Campbell di Warhol in un inno alla Vergine prima e in uno schiaffo all’America in guerra poi, accarezzando il gesto e la materia dell’informale e legando il tutto con il suo innato talento per il colore e la forma.
Appresa da autodidatta la serigrafia con la precisa volontà di fare un’arte accessibile ed economica, Corita Kent ha raccontato dapprima la sua ammirazione per l’arte sacra medievale per poi passare, sempre con un vento di spiritualità, alle tematiche sociali e politiche in modo diretto e coinvolgente.
Coinvolgente come le sue lezioni all’Immaculate Heart College dove insegnò per trent’anni, e proprio questo aspetto ne consolida l’immagine di artista completa e complessa, inserita nello spirito del suo tempo e che nel suo tempo agisce e incide.
Con un approccio empatico e pragmatico vicino al Learning by doing di Dewey, ma anche allo spirito cooperativo alla Don Milani e alla pratica laboratoriale alla Munari, Corita approcciava l’insegnamento come un momento di condivisione e apprendimento reciproco, insegnando evidentemente a se stessa nel momento in cui insegnava all’altro.
Osteggiata in parte per il suo doppio ruolo e per le posizioni pacifiste, Corita era in realtà amatissima e le sue lezioni erano seguite da studenti estasiati e da correligiosi attenti, apprezzata da artisti come Alfred Hitchcock, John Cage, Saul Bass o Charles & Ray Eames, le cui creazioni di design entrarono anche nel complesso immaginario di Suor Corita.
Colori brillanti ma per lo più secondari, trattati con gesto pittorico, abbinati con maestria e mirati a un’incredibile effetto di attrazione percettiva che veicola messaggi dirompenti e personalissimi. Forma e contenuto combaciano con apparente leggerezza nelle opere di Corita Kent, che riempie i suoi telai in seta di texture vibrantissime, sperimentazioni grafiche sul testo visivo che già guardano alla grafica newyorkese degli anni Novanta alla Paula Scher e messaggi intimi in corsivo elegantissimo per parlare allo spirito e alla coscienza civile dello spettatore, che sia l’abbraccio struggente della Vergine al figlio morente o l’impetuoso appello a fermare le bombe in un mondo ancora allucinato dal bagliore del fungo atomico.
Citazioni, viraggi, poesie, immagini crude e slogan lapidari, nel più sincero spirito pop, si accavallano e si intersecano trattenendo lo sguardo, che rimane così impigliato tra i molteplici livelli di lettura delle opere.
La mostra da Kaufmann Repetto è un’esplosione di vitalità impegnata e intensa, che come un’insegna al neon cattura il visitatore per poi accompagnarlo in un percorso di riflessione e presa di coscienza, di dibattito e dialogo, di empatia per sé e per il mondo.
Perchè alla fine una parola rimane nella testa e nel cuore dopo aver incontrato Suor Corita attraverso il suo enorme immaginario visivo. Una parola che un certo Pop aveva svuotato di senso per renderla icona ma che è la sintesi della sua missione e della sua arte. Senza retorica, con abbandono sincero. Amore.
corita kent. to the everyday miracle, Milano, kaufmann repetto art gallery, fino al 30 aprile 2021.
Immagine di copertina: With love to the everyday miracle, 1967, screenprint. Courtesy of Corita Art Center, Los Angeles and kaufmann repetto Milano / New York. Photo: Andrea Rossetti