Zygmunt Bauman e Stanislaw Obirek si cimentano in una prova filosofica tanto divulgativa quanto interessante e puntuale: “Conversazioni su Dio e sull’uomo”
Sono davvero illuminanti per il lettore queste Conversazioni su Dio e sull’uomo, dialogo in forma scritta tra l’eclettico sociologo, padre della modernità liquida, Zygmunt Bauman e Stanislaw Obirek, ex gesuita, dottissimo professore universitario di Varsavia, che si occupa di religione nell’era contemporanea e dialogo interreligioso.
Il libro si presenta come una vera e propria conversazione, sul modello del dialogo paltonico, ma senza finalità persuasive: vuole scorgere nell’altro uno strumento d’aiuto per giungere a un superiore grado di verità. Per questo motivo è un grande esempio di dialettica.
Il punto di partenza è l’agnosticismo che oggi (non in passato) accomuna i due pensatori. Il dialogo poi si sviluppa in varie tappe, alcune delle quali di infuocata attualità: si discute la minaccia del fondamentalismo, il ruolo dell’intellettuale credente nella odierna società a sfondo ateo, la possibilità di fondare una pacifica convivenza tra fedi religiose diverse che sono costrette a convivere a stretto contatto.
Il lettore, dunque, seguendo il coerente sviluppo dialogico, percepisce i cambiamenti che la parola dell’uno porta all’animo dell’altro, e necessariamente ne viene influenzato, o quantomeno costretto a interrogarsi, a partecipare. E direi sia questa l’importanza del libro: che il lettore vada in profondità, tocchi con mano le problematiche religiose più significative della sua epoca, e in qualche modo conversi tra sé e sé sul valore di Dio.
Non vengono certo deluse poi le aspettative di chi vive saggi di questo tipo come tappe all’interno di percorsi culturali più ampi: l’insieme di citazioni è davvero vasto e le note puntuali anche quando – e purtroppo capita spesso – i rimandi sono a testi non tradotti in italiano. Spicca il nome del cardinale Martini, visto come esempio da imitare per l’acume delle riflessioni e la qualità di vita religiosa; spesso chiamato in causa anche Levinas e la sua idea della “tentazione della tentazione”; Urlich Beck, sociologo scomparso molto recentemente, e la lista sarebbe lunghissima.Vorrei però ricordare, al fianco di queste illustri citazioni, i riferimenti all’esperienza personale che Bauman e Obirek fanno – incontri, sensazioni, conferenze – ma anche famigliare, quando entrambi richiamano i propri nonni come simboli della civiltà ormai scomparsa.
Nelle Conversazioni si dà un punto di partenza, non di arrivo. Il libro termina “senza conclusione”, ribadendo le conquiste di pensiero ottenute con il dialogo, come la condanna del monoteismo, inteso come volontà di affermare una verità univoca (lo stesso Ratzinger, prima di divenire papa, difendeva la «unicità e universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa»), a cui si contrappone il concetto di “fusione degli orizzonti” (Horizontverschmelzung), espresso dal filosofo tedesco Hans-Georg Gadamer, che necessariamente passa attraverso la comprensione e la disponibilità all’ascolto interculturale.
Se Bauman non sorprende perché ci ha da sempre abituati a riflessioni di portata assoluta, la novità, personalmente parlando, è Obirek, uomo travagliato interiormente e alla costante ricerca di una verità che sa già non troverà mai. Riflessioni umane e questioni divine, in un libro che rende onore al dia-logos e a tutto il suo incontrastabile valore.