I fratelli fantasy non riescono a ripetere con “Jupiter” l’exploit di “Matrix”: effetti e azione impeccabili, Tatum e Kunis diligenti, ma lo stupore non scatta
Lana e Andy Wachowski fanno di nuovo squadra col produttore Grant Hill nel nuovo fantasy Jupiter – Il destino dell’universo, riprendendo la felice collaborazione inaugurata dalla trilogia di Matrix e continuata con pellicole come V per vendetta, Speed Racer e il più recente Cloud Atlas. Mila Kunis veste dignitosamente i panni di Jupiter Jones, giovane immigrata di origini russe che negli States, più precisamente nella Chicago dei fratelli Wachowski, che non trova la fortuna annunciata dal suo calcolo astrale.
Tra una passata di aspirapolvere e una lucidata ai mobili di qualche sconosciuto, la vita della protagonista, impiegata come donna delle pulizie, assume i toni di una faticosa routine in cui la sopravvivenza si ottiene combattendo una durissima battaglia quotidiana. L’incontro con Caine Wise, umano dal dna ibrido e canino interpretato da un obbediente Channing Tatum, scompiglia le regole dell’esistenza di Jupiter; la ragazza si scopre custode di un regale patrimonio genetico, nonché nemico naturale della potente e millenaria dinastia degli Abrasax, decisa a minacciare non solo l’incolumità dei terrestri, contesi come bene ereditario, ma persino quella dell’intero universo.
Le carte giocata dai Wachowshi sono l’azione non-stop, gli impeccabili effetti speciali, la frenesia da videogame sparatutto. Ma i due abbassano molto la guardia e lasciano scoperto il fianco in tema di struttura narrativa: una trama déjà vu, battute deludenti e mielose, che invano cercano di suscitare l’ilarità dello spettatore. Osservando gli stivali a prova di gravità, le tecnologie per cancellare la memoria a breve termine e le nuove forme di vita geneticamente modificate si ha l’impressione di avere a che fare con nostri giganteschi predecessori fantascientifici, coppie di uomini vestiti di nero a bordo di navette spaziali in volo su scuri cieli stellati, con intorno monoliti illuminati da abbaglianti raggi solari.
Pur non potendo vantare particolari innovazioni e collocandosi ad anni luce dall’originalità, dalla profondità psicologica di Matrix, Jupiter riesce comunque a stupire per la sua protagonista “normale”, priva di superpoteri e doti ginniche, che riesce efficacemente a incarnare la piccolezza umana a confronto con la vastità della galassia e l’idea che esista qualcosa di davvero molto più grande e significativo fuori del proprio minuscolo Io.