Due Butterfly tra il serio e il faceto: da una parte Bignamini con il cast della Fenice, dall’altra la Banda Osiris che non ha bisogno di presentazioni
Il 2015 è cominciato male per la satira, ma stiamo recuperando abbonandoci in massa a Charlie Hebdo. La satira va protetta, serve a spiegare la Storia per il fatto che questa, diceva Marx, tende a replicare le sue tragedie in chiave farsesca. Ed è con questo spirito che vanno considerate le due serate (5 e 6 Febbraio) viste nel prezioso Auditorium di Largo Mahler per il cartellone della Verdi. Due date che hanno portato dai fasti angosciosi della Butterfly pucciniana al sequel catarticamente umoristico della Banda Osiris!
Del resto eroine tradite e conseguenti suicidi, cadenze viscerali degli archi, abbondanti lacrime di vecchie signore – e del sottoscritto – sono un’occasione allettante per i quattro vercellesi allo sbaraglio, sempre capaci di farsi beffe della lirica più boriosa.
Ma per capire il faceto dobbiamo partire dal serio, cioè dalla prima serata del dittico: la Madama Butterfly in forma di concerto che si prepara a debuttare in Maggio alla Fenice con lo stesso cast e una nuova regia di Àlex Rigola.
È un errore pensare che si perda qualcosa senza messinscena. Un’esecuzione in forma di concerto non solo previene dai fardelli umilianti di regie spesso tremende, ma permette di presentare al pubblico un’opera importante contenendo i costi. Non è un caso che uno degli eventi musicali dell’anno sarà Aida con Pappano e Kaufmann a Santa Cecilia il prossimo 27 Febbraio, appunto in forma di concerto.
Perciò siamo contenti che il ruolo centrale di questa Butterfly l’abbia giocato finalmente la musica. Ed è soprattutto merito di Jader Bignamini, che sa quanto il teatro stia più nella partitura che negli impianti scenici: un vero direttore d’opera, a suo agio sia nel Verdi più cupo (grandissimo nel Simon Boccanegra parmense del 2013) sia nelle pagine più struggenti di Puccini.
Bignamini è preciso e intenso, senza una virgola fuori posto né passaggi messi in secondo piano. E la Verdi risponde come la grande orchestra che è: in Viene la sera ad esempio l’equilibrio senza smancerie ha diffuso in sala la grandezza della pagina, spesso bollata come copia illanguidita del corrispettivo duetto dell’Otello di Verdi.
Interessante il reparto vocale. Svetlana Kasyan ha facilità negli acuti e un buono strumento (a patto che curi di più l’intonazione), ma deve sottolineare con più musicalità il fraseggio dei sublimi cantabili richiesti nel registro medio.
Il giovanissimo Vincenzo Costanzo ha un’ottima potenza vocale e temperamento da vendere, anche se a volte si fa trascinare e diventa un po’ troppo condottiero per un ruolo in cui al massimo si ordina a dei servi di chiudere una porta. Magnifica prova di Luca Grassi, che ha dato al suo Sharpless l’importanza che merita nell’intreccio dell’opera. Elegante il timbro della Suzuki di Manuela Custer.
Passando come promesso al faceto, con Il ritorno di Butterfly, ovvero Il figlio di Pinkerton la Banda Osiris si immagina che il figlio di Cio-Cio-San sia ossessionato dal disordinato intento di uccidere il padre per vendicare la madre: alla fine del suo viaggio si sfogherà contro Puccini stesso, in fondo unico colpevole del suicidio della bella geisha.
Il cliché operistico della vendetta viene sbeffeggiato con simpatiche gag attraverso i più celebri luoghi delle partiture settecentesche e ottocentesche: cenni di Don Giovanni, Carmen, Bohème sono cantati alla meglio, ma tanto qui non è più la musica che conta. Atmosfera graziosa e qualche buona risata: un’oretta o poco più “a colpi di alito fetido” tra i quattro e grandi arie trattate comicamente come canzonette da varietà. Complice del buon esito della serata è sempre la presenza di Bignamini che dimostra una buona dose di ironia, preziosissima perché Puccini venga così bene.