Una grande mostra monografica a Palazzo Reale, curata con la collaborazione dello stesso artista, racconta il percorso artistico di Tullio Pericoli (1936)
“Dipingo paesaggi – scrive Tullio Pericoli – per apprendere la loro lingua e leggere le loro pagine. Una lettura che parte sempre dalla geologia. Li dipingo anche per ricordare che non ci si può e non ci si deve liberare dalla memoria, per seguire una storia che strato sotto strato si snoda per tempi infiniti.
Ma questo forse non è del tutto vero. Non dipingo paesaggi per fare paesaggi. Li dipingo soprattutto per il piacere di dipingere, e di fare un quadro dopo l’altro”.
Un quadro dopo l’altro, dice Tullio Pericoli. Nelle sale di Palazzo Reale ce n’è centocinquanta, ce n’è di grandi, grandissimi, medi e piccoli che compongono un insieme, di formati sì, ma anche di modulazioni di sfumature, freddi azzurri, violetti, verdi teneri e marci, terre rosse e vulcaniche; ma è anche un continuo variare – sempre sulle stesse note – di tecniche diverse, dall’acquarello sfumato al segno definito della china cinese, all’olio denso, stratificato, graffiato; e cambiano – seguendo le modulazioni cangianti di questi PAESAGGI – anche i supporti: la carta e la tela.
Al di là della bellezza, della grazia, dei significati di carattere psicologico o filosofico o storico che possiamo trovare in questi quadri, quel che colpisce è la straordinaria perizia tecnica di Tullio Pericoli, che non è solo saper far bene, aver studiato e sperimentato, ma è saper tirar fuori quel che c’è dentro quel paesaggio, quella visione e lasciare che si esprima.
Le bellissime vedute a volo d’uccello dei campi coltivati, delle forre scoscese raccontano del fluire delle stagioni, del lavoro dell’uomo.
C’è una serie di acquarelli i che rappresentano TORRI. Sono grigi, sfumati, appena qualche tocco di pennello color pastello. La silhouette di una torre fantastica emerge gradualmente da brume attraversate da lampi. Sono un sogno.
Un altro gruppo di acquarelli delicatissimi, intitolati Fuori registro, Parola per parola, Algebra, raffigurano segni stilizzati di paesaggi e in quello inferiore intuiamo una cascata di parole, di lettere, di numeri, segni insomma.
Catalogo: Skira editore.
Immagine di copertina: Perdita d’occhio, 2011. Olio su intonaco intelato, 90 x 180 cm