“Corro da te” di Riccardo Milani, con la bella Miriam Leone, gioca sulla simpatia del protagonista e la verve di Piera Degli Esposti al suo addio. Ma il buon cast non regge fino in fondo le insufficienze di una commedia sulla disabilità piuttosto prevedibile e troppo timorosa di sbagliare tono.
Gianni lo conosciamo tutti: è uno di quei bellimbusti che, a cavallo dei cinquant’anni, ci danno dentro come matti a danno di ogni donna che respiri. Insomma, fra un’assonanza e l’altra, avete capito. Belloccio, anzi più che belloccio, simpatico e sicuro di sé, Gianni è affetto da
quello che definirei un moderato disturbo da deficit di attenzione e iperattività, che se da una
parte gli consente di mandare avanti una proficua attività legata allo sport e alla corsa,
dall’altra lo condanna a rapporti da “motus interruptus”, nel senso che ogni moto profondo
dell’animo è interrotto dalla brama di volersele scopare tutte senza star troppo a sottilizzare. Gianni, interpretato dal sempre bravo e simpatico Pierfrancesco Favino, è il protagonista dell’ultimo film di Riccardo Milani, Corro da te, fotocopiato dal film francese Tout le monde debout di Franck Dubosc.
Abituato a trasformarsi camaleonticamente per collezionare sempre nuove conquiste, per una
serie di fortuite coincidenze Gianni si ritrova a spacciarsi per disabile per far colpo sulla
vicina, che invece mira a farlo incontrare con sua sorella Chiara, il cui disturbo è invece
un’inequivocabile disabilità post incidente stradale. Immobilizzata su una carrozzella, Chiara
è, come ben si conviene in un film con intenzioni dichiaratamente romantiche, l’esatto contrario di Gianni, perché ci hanno insegnato che i contrari si attraggono: è sensibile, attenta, profonda. In più è la fighissima Miriam Leone che conosciamo tutti, che anche in questo film dispensa sorrisi che farebbero sciogliere l’intero Polo Antartico. Inutile dire che Gianni il conquistatore a poco a poco si trasforma in Gianni l’ammiratore. Certo, il sospetto che se la disabile non avesse avuto il volto della Leone forse non sarebbe successo niente, sorge un po’, e non è un caso che nel film francese la protagonista sia decisamente meno bella del suo prestante partner nel film. Diciamo che la scelta aggiungeva un granellino di maggiore onestà agli intenti del regista, ma in Italia le cose funzionano diversamente.
Milani, ormai un esperto di commedie leggere all’italiana (con tutto il buono e il male che
questa definizione intende), vuole andare sul sicuro e l’onestà in questo caso è soprattutto
quella della Leone, che mette nel suo ruolo tutto l’impegno possibile. Il punto è che tutti ci mettono tanto impegno in questo film: Favino, la Leone, la bravissima Vanessa Scalera nei panni della segretaria di Gianni e Pietro Sermonti in quelli dell’amico fidato. Forse quello che ci mette meno impegno è proprio Milani, che si accontenta di confezionare una cosina corretta, di mestiere. E questo si sente. Ci sono qua e là delle battute divertenti, gli attori sono tutti bravi e fanno simpatia, ma Corro da te è un film prevedibile e senza una grande anima. Pieno di buoni intenti, risolve proprio le dinamiche fra disabili e il resto del mondo in maniera prevedibile e con quel solito tono leggero ma anche un po’ moralista che spesso s’intende nella cinematografia italiana.
L’aria che si respira è sempre quella di un tinello, dove i complicati moti dell’animo umano si guardano in tv, come se provenissero tutti dal Confessionale del Grande Fratello. Per intenderci, e rimanere in territorio francese, qui non c’è la verve di Quasi amici. Si, ci sono le battute scorrette dell’uomo medio, ma anche le risposte corrette e un po’ banali. Brilla giusto il piccolo sermone che il prete/Andrea Pennacchi fa a Gianni. Per carità, sempre di un film commedia stiamo parlando, ma che ci sia un modo migliore di parlare della disabilità, nel senso proprio di usare alcune parole invece di altre, ce lo fornisce paradossalmente lo stesso film. Eh sì, perché forse la cosa più bella di Corro da te, vale la pena dirlo, è il cameo di Piera Degli Esposti, alla sua ultima interpretazione prima della morte.
Lì seduta a capotavola, nella parte della nonna di Chiara, con la cannula dell’ossigeno per davvero infilata delle narici, riesce a illuminare ogni singola scena nella quale recita. Lei sì che conosce il significato di politically scorrect, lei sì che sa cosa sia l’aria chiusa dei tinelli e va ad aprire tutte le finestre. Sarà forse grazie all’extra dose di ossigeno che inala, è proprio lei che si riserva le battute migliori, come quando tratta malissimo Gianni al quale dice spietatamente “T’hanno incastrato, eh! Avevi puntato la ragazzina e invece ti tocca la paralitica”. Agli sceneggiatori del film (oltre a Milani sono Furio Andreotti e Giulia Calenda) dobbiamo la perenne riconoscenza di aver inventato, rispetto all’originale francese, il suo ruolo di sana pianta solo per averla nel film. Ma la libertà e, immagino, il divertimento che hanno avuto nello scrivere le battute della Piera nazionale avrebbero dovuto guidare di più la stesura di tutta la sceneggiatura. Spesso quando si parla di disabilità, anche con tutte le buone intenzioni che il film sicuramente ha, si privilegia il facile buonismo alla scelta, certamente più faticosa, di approfondire il dolore e la fatica di chi è disabile. Questo non significa che poi non ci si possa scrivere sopra una commedia, ma il punto di partenza deve venire da un’autentica empatia con una condizione spietata. E le battute spietate sono di solito le migliori.
Corro da te, di Riccardo Milani, con Pierfrancesco Favino, Miriam Leone, Vanessa Scalera, Pietro Sermonti, Piera Degli Esposti, Andrea Pennacchi, Michele Placido, Pilar Fogliati, Giulio Base