Intorno alla catena di misteri che circonda il Ritratto di signora di Gustav Klimt della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi si sviluppa la mostra “Klimt- L’uomo, l’artista, il suo mondo”.
Nel dicembre del 2019, nel corso di lavori di giardinaggio nel cortile della Galleria, viene trovato dentro un piccolo vano chiuso da uno sportello un sacco della spazzatura che contiene una tela. Immediatamente il direttore la riconosce: è il Ritratto di signora di Klimt sparito misteriosamente il 22 febbraio 1997.
Si stava preparando l’allestimento della mostra Da Hayez e Klimt. Maestri dell’Ottocento e Novecento della Galleria Oddi Ricci quando non si riuscì più a trovare il quadro. La denuncia alla polizia avvenne solo un paio di giorni dopo la scomparsa. Sospetti su qualche talpa interna, crisi isteriche, sospetti su sette sataniche, richieste di ricatti, si dice addirittura che ce l’abbia Craxi ad Hammamet: le indagini non riuscivano ad approdare a nulla.
E’ dal 1925 che il Ritratto di signora appartiene al nobile piacentino Giuseppe Ricci Oddi, che l’aveva acquistato, dopo una faticosa contrattazione, dal prestigioso gallerista milanese Luigi Scopinich per ben 30.000 lire, un cifra davvero considerevole. L’autografia era certa, perché la tela, attraverso un mercante viennese, proveniva direttamente dallo studio di Klimt.
Il quadro raffigura un’incantevole donna pallidissima, neri i capelli, gli occhi bistrati, il grande neo sotto l’occhio sinistro, rosse le labbra sensuali e le guance. Le pennellate fluide, con tocchi di rosa, di verde, di viola e di giallo evocano una specie di kimono e sono caratteristiche dell’ultima fase dell’artista tra il 1917 e il 1918, l’anno della sua morte. La donna è una moderna geisha del nord Europa e il quadro ha grande successo e gira tranquillo per tutte le capitali d’Europa.
Finché nel 1996 Claudia Maga, una studentessa che sta preparando la tesina di maturità sulla Galleria piacentina, non si accorge della straordinaria somiglianza del nostro Ritratto di signora con un altro ritratto, ritenuto scomparso, con lo stesso viso ma con un gran cappello nero ornato di piume. La studentessa fa fotocopie, confronta, si accorge di spessi aloni scuri sullo sfondo verde del quadro proprio dove era dipinto il cappello e finalmente raccoglie il coraggio e si presenta al direttore Stefano Fugazza, che concorda. Le indagini radiografiche confermeranno l’incredibile scoperta: possibile che in settantun anni nessuno se ne fosse mai accorto?
Ogni sera, quando le luci si spengono e viene innescato l’allarme, il dettaglio del cappello ricompare come per magia sui monitor delle telecamere a raggi infrarossi che proteggono il dipinto e svelano la figura ridipinta: le due donne si confondono, una nell’altra, come suggerisce Lucia Pini, direttrice della galleria.
Perché mai Klimt abbia ridipinto il quadro è un mistero. C’è chi suggerisce che non fosse riuscito a venderlo e così l’abbia ‘rimodernato’ in una foggia più à la page, altri pensano che l’abbia fatto per compiacere i gusti di una sua vecchia amante. Certo è l’unico esempio di un rifacimento così massivo che abbia mai fatto in vita sua.
Fatto sta che, dopo pochi mesi dalla scoperta il dipinto alla vigilia di una grande mostra scompare.
L’incredibile ritrovamento del dicembre 2019, dopo dodici anni e infinite, deliranti ipotesi è l’occasione per celebrare l’evento e per rilanciare l’immagine della Galleria Ricci Oddi; l’incarico viene affidato a Gabriella Belli e a Elena Pontiggia. Ma ancora una volta il fato ci mette lo zampino: l’epidemia impedisce l’allestimento, ma non blocca il lavoro delle curatrici e della direttrice.
Ed eccoci finalmente all’inaugurazione.
La mostra ricostruisce la formazione accademica di Klimt, la sua straordinaria maestria tecnica, il rapporto con il simbolismo europeo. Troviamo disegni e incisioni di Klinger, Rops, Redon, Munch, Ensor, Khnopff, la famosa Medusa di von Stuck, disegni degli allievi/ sodali Shiele e Kokoschka.
E ancora la fondazione della Secessione Viennese nel 1897 in polemica con l’accademismo dell’arte ufficiale. Tra i manifesti ci sono le due versioni di quello straordinario con Teseo e il minotauro (1898), che suscitò scandalo per la raffigurazione dei genitali dell’eroe, poi censurati nella seconda versione.
Interessante anche la sezione dedicata ai seguaci italiani di Klimt, con alcun splendidi quadri del giovane Casorati, sculture in marmo e oro di Adolfo Wildt e il ciclo di pannelli neo-bizantini di Vittorio Zecchin.
Klimt- L’uomo, l’artista, il suo mondo, Piacenza, Galleria di Arte Moderna Ricci Oddi, fino al 24 luglio