La stagione 2022/2023, pensata e voluta da Claudio Longhi, schiera nomi di assoluto prestigio pensando alla qualità e ai talenti: Latella, Jatahy, Enia, Popolizio, Cuscunà, Martone, Servillo e molti altri
Questa prima stagione, dal titolo La misura delle cose, interamente concepita e annunciata dal direttore Claudio Longhi, dopo gli anni infermi e azzoppati di pandemia, è una delle più belle, complete e stimolanti della storia del Piccolo Teatro.
Che cambia pagina, anzi cambia molte pagine, ma tiene fermo il progetto iniziale di 75 anni fa, avere il mondo come specchio, entrare col teatro nella realtà attraverso un ventaglio irresistibile e infinito di possibilità, il che dà modo al direttore di citare il Teatro Mondo inserendo dentro i neuroni specchio di Aristotele & Girard, Diderot, Brecht, Velazquez, Goldoni, in un continuo ribaltamento tra verso e falso che è passato attraverso le molte illusioni della storia e non a caso brilla nell’Amleto, nella grande edizione di Latella con la Rosellini che verrà ripreso a inizio stagione.
Come anche M. il figlio del secolo di Popolizio, che rilegge il primo volume della trilogia storica di Scurati, di cui ora è uscito il terzo capitolo. Una stagione con 20 produzioni, ospitalità, i gruppi degli Artisti associati giovani, tutte queste misure del teatro e del mondo, misurate nelle tre sale e con l’ipotesi costante del decentramento, da settembre a luglio, quasi un anno intero. In cui ci sarà modo di emozionarsi a vari livelli svolgendo il filo conduttore che lega e slega teatro e vita, con l’aiuto di uno speciale cannocchiale da palco che allontana e avvicina le tragedie e le commedie in cartellone.
Ci sono alcune prime volte molto significative: è la prima volta che arriverà in marzo al Piccolo la tragedia shakespeariana di Romeo e Giulietta con la regìa di Mario Martone, interpreti giovanissimi come voleva l’autore e l’impianto scenografico di Margherita Palli. In questa polifonia di suoni, voci e volti sarà anche la prima volta che “Il barone rampante” di Italo Calvino arriva in scena a cura di Riccardo Frati dopo la scomparsa dello scrittore e quindi con approvazione familiare.
Sarà la prima volta che Umberto Orsini – già presente con il più famoso pezzo dei Karamazov di Dostoevskji che sta infilato nella sua carriera e nella sua coscienza fin dai tempi dello sceneggiato tv – leggerà alcune pagine di un inedito volume scritto da Giovanni Testori su Luchino Visconti, di prossima uscita con Feltrinelli: i rapporti tra i due, molto affettuosi ai tempi di Rocco e i suoi fratelli, si erano poi raffreddati e sarà molto interessante vedere come il tempo ha lavorato su questo caso splendido di amicizia nemica o viceversa che partiva però da una comune base nebbiosa milanese.
E sarà la prima volta che Toni Servillo, assente dalla “sua” ribalta di via Rovello, torna con un inedito assemblaggio di Giuseppe Montesano titolato Tre modi di non morire, avendo come compagni di banco lirici greci, Dante e Baudelaire. E se è naturale che in dicembre torni Arlecchino, è molto interessante, dopo la bella prova di Platonov vedere l’allestimento dell’Associato Liv Ferracchiati che legge Hedda Gabler come una pistola carica di Ibsen, mentre tra gli artisti stranieri citiamo Anatomia di un suicidio di Alice Birch, portato al successo da Kate Mitchell e allestito per noi da Lacasadiargilla, altro gruppo che lavora in stretto contatto con le strutture del primo teatro stabile italiano.
Impossibile citare tutto e tutti, nelle intenzioni riposte di fare il giro del mondo delle idee di oggi, ma citiamo ancora Ritratto dell’artista da morto di Davide Carnevali con Riondino, Storie di Stefano Massini ed Eleusi rito teatrale di 24 ore pensato da Davide Enia per due spazi, il Piccolo di via Rovello e lo Studio. E poi ci sono le star internazionali, i talenti di cui si parla nei festival del mondo teatrale: dalla brasiliana Leone d’oro alla Biennale Christiane Jatahy (già ammirata al Festival in onore di Strehler) con Depois do silencio che parla delle derive autoritarie di Bolsonaro a un grande amico dell’Italia come Pascal Rambert con la sua prima produzione pensata per una compagnia tutta nostrana, Prima con Lombardi, Bonaiuto, Della Rosa, infine Caroline Gueila Nguyen con Fraternitè, Marta Cuscunà con Earthbound, l’artista visiva fiamminga Miet Warlop con One song, grande successo ad Avignone.
E fra gli ospiti italiani Gabriele Lavia, anch’egli coniugato con Dostoevskij (Il sogno di un uomo ridicolo), La tempesta di Shakespeare, titolo cult al Piccolo, rivisto da Alessandro Serra e Cyrano deve morire di Leonardo Manzan.
Sarà davvero stimolante vedere come Leonardo Lidi ha riletto Il gabbiano di Cechov con Christian La Rosa, mentre Emma Dante riporta le favole di Basile e Bisio la sua vita raccontata male di Piccolo. E molti sostengono che sarà una sorpresa, già vista in molte città italiane, La cupa di Mimmo Borrelli, mentre un tavolo diverso sarà quello di Walter Malosti con il mistico rock Lazarus di Bowie con Manuel Agnelli. E due grandi Miller, entrambi grandi spettacoli del tempo che fu di Luchino Visconti: Uno sguardo dal ponte con Popolizio e Il crogiolo in un allestimento kolossal dello Stabile di Torino.
E poi Processo Galileo di De Rosa e Rifici, l’omaggio di Roberto Andò a La Capria con la riduzione di Ferito a morte, Naufraghi senza volto di Sarti e Lino Guanciale che interpreta con la fisarmonica dello sloveno Hatlak episodi e racconti del 900 di Ouretnik. In quanto a Testori, di cui nel 23 cade il centenario della nascita, sarà omaggiato a dovere nella prossima stagione e del resto il Piccolo è stato il primo teatro nel 60 a presentare La Maria Brasca con la Valeri. Insomma, saremo tutti molto occupati.