Al Castello Sforzesco sono in corso due mostre-dossier intorno al tema della Natività che illustrano a meraviglia come non dovrebbe essere una mostra-dossier.
Il primo problema che si pone a chi volesse visitare le due piccole mostre dossier allestite al Castello Sforzesco è scoprirne l’esistenza. Scoprire proprio le informazioni base: luogo, orari, prezzi. Non è un’impresa facile. Non si pretendono, è chiaro, campagne pubblicitarie in grado di battagliare su muri e cartelloni con i Van Gogh o gli Chagall.
Anzi, ben vengano modelli alternativi di esposizione che sfuggano all’estenuante ripetizione dei pochi argomenti di sicuro successo. Ma pur sempre di mostre si tratta, destinate a un pubblico che deve conoscerne l’esistenza. Accade invece che un custode del Museo stesso, a richiesta di informazioni sulle esposizioni (una delle due era allestita, ho scoperto in seguito, appena due sale più in là), risponda con sguardo sicuro che nessuna mostra è in corso al Castello. Tanto per dare l’idea.
“Mostre dossier”, si diceva. Il termine dovrebbe indicare (il condizionale è d’obbligo) esposizioni che un museo dedica a un tema circoscritto, pescando possibilmente nelle zone meno illuminate delle proprie collezioni. Mostre di studio che affrontino temi poco noti e li presentino al pubblico con le dovute spiegazioni: pochi pezzi utili, adeguato apparato esplicativo, solido studio alle spalle. Per il museo è un’occasione di valorizzare opere normalmente relegate nei depositi; per il visitatore una possibilità di approfondire, in una manciata di minuti, un tema non scontato.
Niente di tutto ciò.
Prendiamo la mostra gratuita “Dall’Annunciazione alla Natività nelle miniature della Biblioteca Trivulziana”, curata da Isabella Fiorentini e Marzia Pontone e allestita nella Sala del Tesoro del Castello. Otto miniature da altrettanti libri d’ore del XV secolo di diversa origine (dalla Francia alle Fiandre, da Napoli alla Lombardia sforzesca) per raccontare, in zona Natale, la storia sacra «dall’Annunciazione alla Natività». I pannelli esplicativi sono occupati esclusivamente da brani dei Vangeli (ciascuno in triplice versione greca, latina e italiana: crepi l’avarizia).
Eppure non mancherebbero le cose da spiegare sulle forme di produzione e fruizione dei codici miniati o, almeno, sulla collezione Trivulzio, da cui i codici provengono: che cos’è un libro d’ore e come veniva usato? Allo spettatore non è fornito nessuno strumento per accostarsi a un tipo di manufatto particolarmente estraneo all’esperienza del 95% dei potenziali visitatori. Non resta che venerare come icone i codici adagiati su cuscini rossi, confortati dai canti liturgici in sottofondo. L’Argo di Bramantino affrescato proprio lì è mutilo della testa, ma piace immaginare attonito il suo volto dai cento occhi.
Va un po’ meglio al piano di sopra con “Natività lombarde del Rinascimento e influenze nordiche” a cura di Claudio Salsi, inserita nel normale percorso dei musei. Una parete rimasta sguarnita per un prestito rappresenta una buona occasione per esporre tre opere dei depositi (due dipinti su tavola e un bassorilievo in marmo) accanto a due incisioni giunte in prestito, il tutto a tema Natività, sempre in aria di Natale. Ma va bene: l’idea è buona. Peccato che il cartellone didascalico non vada oltre un generico riferimento all’influenza delle iconografie nordiche sulla pittura lombarda tra Quattro e Cinquecento. Poche indicazioni sul contesto e sulla cultura delle opere esposte, neppure un accenno al ruolo delle incisioni nella trasmissione delle iconografie. Un po’ poco. I visitatori passano, senza neppure accorgersi che di mostra trattasi.
In effetti, questi sono “allestimenti temporanei”, che è già di per sé un eufemismo per chiamare dei banali rigiri di magazzino, che possono avere comunque l’indiscutibile vantaggio di portare alla luce opere altrimenti invisibili al pubblico. Ma perché attaccarci il nome lusinghiero di “mostra”, se di ragionato in queste sale c’è poco più di un flebile filo iconografico?
Foto: Anonimo scultore lombardo, Natività, inizio XVI sec., Milano, Civiche Raccolte d’Arte Antica del Castello Sforzesco