“Luna di miele con nostalgia” di Molly Antopol costruisce personaggi dalle vite incredibili ma in fondo simili a noi
Otto racconti d’esordio di Molly Antopol. I personaggi sono quasi tutti ebrei non religiosi. Loro o i nonni vengono dall’Est Europa e stanno a New York, a Los Angeles, a Tel Aviv; per lo più nei sobborghi, con lavori così così, non quelli che vorrebbero, per cui hanno studiato e sognato. Abbastanza integrati; insoddisfatti come tutti. Diversi tra di loro, diversi da noi, eppure ci riconosciamo nelle loro esitazioni, nei loro desideri.
Attrazioni impreviste, che cominciano tanto per ammazzare la solitudine. Sembrano diverse dal solito: si riscopre la facilità di raccontarsi; il sesso sembra così naturale. Niente di serio: solo un po’ di divertimento. Si creano le occasioni per vedersi. Sembra tutto semplice. Possibile che sia amore vero, amore sincero? Poi ti accorgi di uno sguardo nel vuoto. Tuo o suo fa lo stesso. Il passato ritorna e risucchia. È la forza della Storia che ti ha segnato. Paralizzati dalla paura. Niente è più come prima. Sei di nuovo solo/a.
È successo qualcosa davvero? Forse si può riprendere. Con disincanto o con consapevolezza. Da adulti può valerne la pena.
La scrittura della Antopol è asciutta, priva di sentimentalismo, ironica e piena di compassione per la fatica di vivere, l’incanto e il disincanto che danno un senso alla vita, ma insieme possono far male. Mettersi in gioco è dura. Lo sviluppo non è mai quella che i protagonisti prevedono e neanche il lettore.
In Luna di miele con nostalgia, lui, Howard Siegel, dietro il bancone della sua tintoria, fa il galante con una cliente, certa Svetlana: «Ma tu chiamami Sveta». E lui: «E tu chiamami quando vuoi». Non aveva mai rimorchiato sul lavoro. È sui sessanta, divorziato, con una figlia sposata a un cretino super-ortodosso. Insopportabili.
Howard e Sveti si vedono con circospezione. Lei è dolce, morbida, vedova da poco, profuga dall’Ucraina, piena di rimpianti. Anche i nonni di lui vengono da lì, fuggiti ai nazisti. Lui non ha mai voluto averci a che fare con quegli orribili ricordi.
Sveta vuole si sposino in sinagoga e vuole andare in luna di miele a Kiev; a lui non va, ma subisce.
A Kiev il passato li risucchia. Ognuno ha il suo.
Racconta del rapporto tra fratelli Eroismi inutili. In un moshav, oltre i campi di pomodori, girasoli e viti corre il filo spinato del confine siriano, Asaaf, tornato pieno di medaglie da Hebron, viene schiacciato dal trattore. Oren, il fratello minore, riesce a tirarlo fuori e con una corsa rocambolesca arriva in ospedale in tempo per salvargli la vita. È la prima volta in vita sua che è lui l’eroe. È sempre stato uno sfigato, non ha mai passato i test per l’esercito, mentre Asaaf collezionava medaglie. Asaaf sempre Asaaf, per la famiglia, gli amici. E dire che odiava la guerra, ma faceva il suo dovere per non andare in galera come pacifista. Si era anche fidanzato con Yael, che Oren amava in segreto fin dall’asilo. Adesso tutti lo riempiono di complimenti per il miracoloso salvataggio, lui decide per il low profile: «L’unica cosa che mi impedì di tenere banco tutto il giorno fu sapere che avrei fatto anche più colpo stando zitto». Asaaf ha perso una gamba, è imbottito di antidolorifici e si lascia andare, ma Yael resta al suo fianco amorevole. Forse si stancherà, forse i ruoli si invertiranno, o forse tutto tornerà come prima.
Sul rapporto tra padre e figlia, L’uomo più silenzioso. Lei ha scritto una pièce sulla sua famiglia che verrà rappresentata in un teatro off-Broadway; lui, «da bravo genitore, dovrebbe esserne orgoglioso», ma è terrorizzato dall’idea che metta in piazza le sue miserie, le sue mancanze. Era arrivato in America con un alone di martire della libertà: in carcere a Praga per attività sovversiva non aveva denunciato i compagni, la moglie era riuscita a montare una campagna internazionale e aveva ottenuto un visto e una cattedra nel Vermont. Lui, che in patria era un personaggio di secondo piano, è diventato un professore à la page, pensa solo alla carriera e ai party e trascura la famiglia. Lei, la vera mente del gruppo, s’è ridotta a far la bidella e a badare alla bambina; dopo qualche anno se ne va con la piccola. Passata la moda dei dissidenti dell’Est, lui ottiene incarichi in posti sempre più sfigati; depresso, egoista non va a trovare la figlia; quando la vede, lo infastidisce. È questa la trama della pièce?
Luna di miele con nostalgia di Molly Antopol, Bollati Boringhieri, pp. 250, €17,50