In “November” il collaudatissimo Jean Dujardin è il commissario Fred, personaggio di fantasia che però indaga su una tragedia vera, nei cinque giorni successivi all’assalto jihadista che nel 2015 fece a Parigi 131 morti e quasi 500 feriti. Il bravo Cédric Jimenez, come in “Franch Connection”, incrocia l’attualità più terribile e lo stile del noir francese, raggiungendo in tensione narrativa i maestri Usa. Un film corale che punta sull’ottima prova degli attori, dall’emergente Lyna Khoudri a Sandrine Kiberlain
C’era una volta il polar, ovvero quel mix di noir e poliziesco tipico di un certo cinema francese, iniziato negli anni ’40 e giunto al suo apice negli anni ’60. Storie di mafia e rapine, specchio fedele di quell’ondata di criminalità che iniziava ad attraversare la Francia da Parigi alla riviera marsigliese: a fronteggiarsi, gangster spietati ma romantici e tutori della legge incorruttibili nei principi quanto borderline nei modi e nei metodi investigativi. Poi, nel 1995, l’evoluzione/rivoluzione con La Haine (L’odio) di Mathieu Kassovitz, capace di portare sul grande schermo la tensione sociale tra ordine e caos nelle banlieue. Da allora, un numero sempre maggiore di detective stories in salsa transalpina ha affrontato, con la scusa del racconto giallo, la spinosa questione di una Francia da sempre costretta a fare i conti con un retaggio di colonialismo mai risolto, quartieri ghetto e immigrazione senza vera integrazione tra le parti.
Nelle sale cinematografiche, tale presa di coscienza ha prodotto negli ultimi anni film di assoluto valore, come la rivelazione Les Misérables del 2019, e il sottovalutato ma altrettanto valido Fratelli nemici – Close Enemies. Non sorprende allora che anche November – I cinque giorni dopo il Bataclan non abbia nulla da invidiare ai polizieschi d’azione dei colleghi americani, forse troppo spesso considerati gli specialisti nel settore. Anzi, a voler scomodare paragoni audaci, la pellicola del 46enne Cédric Jimenez ricorda in maniera impressionante Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow, o addirittura alcuni momenti dei capitoli di Jason Bourne di Paul Greengrass. Ritmo frenetico, camera a mano (o addirittura bodycam in soggettiva, che fa tanto videogame), qualche sparatoria e un puzzle di indizi da seguire per risolvere un mistero. In più, anche November è tratto dalla storia di una caccia all’uomo realmente avvenuta: se il film della Bigelow mostrava, in versione un po’ romanzata, le indagini post 11 settembre fino all’uccisione di Osama Bin Laden, stavolta Jimenez sceglie di raccontare i cinque giorni tra gli attentati del 2015 allo Stade de France e al Bataclan e la cattura dei primi responsabili.
Per farlo, si affida innanzitutto all’usato garantito, ovvero quel Jean Dujardin già diretto da Jimenez in un altro polar biografico, French Connection (sulla vita e l’omicidio del giudice Pierre Michel da parte della mafia marsigliese), e ormai volto di riferimento del cinema francese fuori dai confini nazionali. È lui a vestire i carismatici panni di “Fred”, personaggio di fantasia, commissario della direzione antiterrorismo francese sulle tracce del principale indagato per gli attentati, Abdelhamid Abaaoud. Al suo fianco, torna con merito in una grossa produzione anche l’emergente Lyna Khoudri, già nelle sale in questi giorni nell’ambizioso I tre moschettieri – D’Artagnan. Ma, al netto dei volti più conosciuti, November – I cinque giorni dopo il Bataclan è soprattutto un ottimo film corale, veloce e crudo quanto basta per mantenere costante la tensione ed evitare qualsiasi eccesso retorico: da Anaïs Demoustier a Sandrine Kiberlain, da Jérémie Renier a Cédric Kahn, tutti concorrono nel dipingere un quadro d’insieme ricco di umanità, appena accennata ma sempre presente, nonostante i colori freddi e i toni quasi da reportage giornalistico, in presa diretta nelle scene più concitate.
D’altra parte, la drammaticità è tutta nel crescendo dei numeri, quasi un bollettino di guerra, della sequenza iniziale, con quei 131 morti e 494 feriti che sono già un’inesorabile testimonianza di fallimento da parte di chi avrebbe dovuto prevenire, e non curare. Ecco perché Jimenez sceglie di non mostrare gli attentati, né di soffermarsi sul racconto di vittime e sopravvissuti alle stragi. Il suo è piuttosto un “dietro le quinte” tratto dal racconto dei veri protagonisti di quei giorni drammatici, che come loro accantona qualunque sentimentalismo fino a missione compiuta, per gettarsi a capofitto in una caccia all’uomo dalle ore contate, e in un conflitto senza una vera vittoria possibile.
November – I cinque giorni dopo il Bataclan di Cédric Jimenez, con Jean Dujardin, Lyna Khoudri, Anaïs Demoustier, Sandrine Kiberlain, Jérémie Renier, Cédric Kahn.