Un giovane Mozart diretto e interpretato con ineffabile e briosa delicatezza. Un evanescente sogno in musica. Alla Scala
Fin dai primi istanti dell’ouverture, briosa e insieme leggiadra sotto le mani esperte di Marc Minkowski, il Lucio Silla visto alla Scala il 26 febbraio offre allo spettatore l’illusione di vivere un evanescente sogno in musica, dove al canto si fonde armoniosamente il ballo, in un’atmosfera resa rarefatta dall’uso sapiente delle luci.
Composta nel 1772 da un Mozart appena sedicenne su libretto di Giovanni De Gamerra (in parte rimaneggiato da Metastasio), l’opera accoglie ancora qualche eco barocca, ma accenna già musiche che sembrano preludere a composizioni più mature – non solo la Clemenza di Tito o l’Idomeneo, ma anche le Nozze.
Sulla scena si intrecciano le vicende amorose dei personaggi, senza alcuna pretesa di accuratezza storica e con un immancabile lieto fine: il dittatore Silla, innamorato invano di Giunia, figlia di Mario e sposa di Cecilio, cede infine alla pietà e al perdono.
Vero protagonista dell’opera è Cecilio, brillantemente interpretato dal mezzosoprano Marianne Crebassa, che si distingue oltre che per la voce affascinante e piena, ricca negli acuti e sicura nei gravi, per il fraseggio limpido e l’indubbia presenza scenica. Notevole anche il soprano Giulia Semenzato, Celia arguta e scanzonata, che unisce a un timbro eccellente grazia e precisione nelle colorature.
Convince – pur con qualche voce discorde a fine serata – la Giunia del soprano Lenneke Ruiten, che compensa con agilità ineccepibili e filati dolcissimi una voce non sempre in grado di “passare” l’orchestra. Anche Inga Kalna si rivela all’altezza del ruolo (Lucio Cinna), nonostante qualche difficoltà nell’estenuante aria del terzo atto.
Grande assente di questa prima il tenore Rolando Villazon, sostituito nei panni di Silla da Kresimir Spicer, che fatica però a stare al passo.
Un po’ confuse le scelte della regia, in bilico fra modernità e tradizione senza però trovare un equilibrio; particolare in ogni caso la scelta, nel terzo atto, di accogliere Silla in buca accanto al direttore, per eseguire a un passo dal pubblico l’aria “Se al generoso ardire” dal Lucio Silla di Bach.
Intriganti nella loro sobrietà le scene e i costumi di Antoine Fontaine. Nel complesso, un’opera delicatissima e piena di grazia, che nei secoli non smette di rapire, stupire, incantare.