Fino al 23 giugno 2024 al Museo di Roma a Palazzo Braschi è possibile visitare la grande mostra “Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visioni dal Giappone”. La mostra, a cura di Rossella Menegazzo, si focalizza sul filone artistico più innovativo del epoca Edo (1603-1868), l’ukiyoe, letteralmente traducibile come “immagini del mondo fluttuante”. Una filone importato dalla Cina che implementò la diffusione di immagini e libri permettendo una produzione in serie grazie alla tecnica di stampa e al talento degli artisti ingaggiati, tra cui Utamaro, Hokusai e moltissimi altri, in mostra con centocinquanta capolavori dell’arte giapponese tra il Seicento e l’Ottocento.
La stampa artistica giapponese del periodo Edo è detta ukiyoe, parola che deriva dal vocabolo buddista ukiyo, il “mondo della sofferenza”. Dal XVII secolo, il termine perde la sua connotazione amara e assume il significato di “mondo fluttuante”, alludendo ai divertimenti effimeri dell’esistenza: uno stravolgimento radicale ma non contraddittorio, visto che i concetti di piacere e impermanenza si completano ed esaltano a vicenda. Il linguaggio influenza i processi di pensiero assieme alla percezione della realtà stessa e il senso di ukiyo, nella sua accezione rinnovata, condensa il sentire comune delle classi sociali emergenti.
L’equivalente concreto di questa predisposizione mentale è l’istituzione dei quartieri del piacere. Luoghi cintati, penetrabili da una sola via d’accesso, passaggio simbolico da una realtà razionale ad una trasgressiva. Le attività e i personaggi delle zone del divertimento sono i soggetti prediletti dell’ukiyoe, che con lo sviluppo delle tecniche xilografiche e le tirature sempre più estese diventa un vero mezzo di comunicazione di massa. Sarebbe però superficiale interpretare le stampe come mera legittimazione dell’edonismo della nuova borghesia urbana, o come veicolo per la diffusione di un’idea controllata e unitaria di nazione. L’artista non si asserve al potere e i più grandi innovatori del genere come Hokusai, Utamaro, Kuniyoshi, Hiroshige infondono le loro creazioni di una potenza espressiva che aggira e supera canoni e censure.
La mostra “Il mondo fluttuante. Ukiyoe. Visioni dal Giappone”, allestita negli spazi di Palazzo Braschi a Roma, con la presenza di oltre centocinquanta opere, riflette sui cambiamenti socioculturali e sui vertici estetici raggiunti nell’era dello shogunato Tokugawa. Dalla prima sala espositiva, Utagawa Kuniyoshi spalanca gli occhi del visitatore su di un immaginario intricato e grottesco, che delude chi si aspetta che l’antica arte nipponica offra solo scorci meditativi. Kuniyoshi è oggi noto per l’eredità lasciata negli ambiti manga e anime e per uno stile tumultuoso, ironico e drammatico, influenzato dalla maniera occidentale: un’ibridazione resa possibile dal contatto con incisioni e illustrazioni europee filtrate dall’avamposto olandese di Nagasaki. Così, le forme in apparenza rigidamente codificate dell’ukiyoe racchiudono, negli esiti dei maggiori autori, i mutamenti storici di un’intera nazione. Il tema della bellezza femminile diventa anch’esso pregno di contenuti politici rilevanti nelle invenzioni di Kitagawa Utamaro. Cogliendo l’individualità di intrattenitrici e prostitute reali, Utamaro restituisce umanità alle abitanti dei quartieri a luci rosse, costrette, al di là della composta immagine pubblica, ad una vita di sottomissione che ricalca e peggiora le strutture gerarchiche vigenti.
L’itinerario espositivo si chiude con la “Veduta dei gorghi di Naruto ad Awa”, capolavoro maturo di Hiroshige. Un golfo circondato da dirupi occupa per intero lo spazio compositivo. Le acque dapprima placide divengono impetuose, punteggiate da formazioni rocciose affioranti. Le linee frastagliate e vorticanti sono le ipnotiche visioni di un sogno collettivo e precognitivo, che raccoglie l’inquietudine di un popolo che sta per aprirsi ad una sconosciuta alterità.
Dalla seconda metà XIX secolo, la restaurazione dell’impero meiji e la fine della politica isolazionista fanno sì che i modelli occidentali invadano la cultura giapponese. Proprio mentre in patria l’ukiyoe viene progressivamente sostituito dalla fotografia, le “immagini del mondo fluttuante” dilagano oltre i confini dell’isola e come una grande onda impetuosa raggiungono e condizionano definitivamente gli sviluppi dell’arte globale.
In copertina: Katsushika Hokusai, La grande onda presso la costa di Kanagawa, dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji, 1830-1832 ca. Silografia policroma ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone