Lo squash, il lutto e la rinascita. Chetna Maroo: “T”

In Letteratura

In un momento di forte disgregazione, dopo la morte improvvisa di sua moglie, un padre decide di dare a sè e alle figlie un luogo nel quale continuare a essere e a fare insieme.
Così Gopi si trova davanti al muro della palestra di squash ad affrontare la sua molteplice rivoluzione: sopravvivere al lutto della madre, ricostruire un legame con le sorelle e il padre, attraversare l’adolescenza, mettere insieme la sua cultura di provenienza e quella nella quale la sua vita cresce. Un esordio ritmico, limpido, intenso.

‘T’ è il campo di squash, fatto proprio come la lettera dell’alfabeto ed è il nodo intorno al quale nasce, si sviluppa, acquista senso questo libro, dell’esordiente Chetna Maroo, pubblicato da Adelphi.
Scritto in prima persona da Gopi, undici anni, due sorelle più grandi, un padre e una madre appena morta.

Anche prima del lutto le ragazzine avevano sempre giocato a squash, ma dopo la morte della loro madre, il padre le fa allenare con determinazione quasi crudele: ogni partita diventa prima per lui, poi a poco a poco anche per le figlie l’unico modo per sentirsi ancora uniti, attraverso un fare e imparare insieme per ricostruire famiglia, affetti, fiducia; la loro cultura, legata alla tradizione induista più conservatrice, è troppo pudica per permettere loro di piangere, di riconoscere la mancanza, tanto meno per poter parlare di amore.
Il libro si apre con Gopi, sfinita dal gioco col padre, ferma sulla ‘T’ del campo, paralizzata, che senza accorgersene ascolta il suono dei colpi della palla nel campo vicino.


‘ Un ritmo costante e malinconico dall’altro campo, il colpo e l’eco, all’infinito, a suo modo liberatorio. Qualcuno si stava esercitando. E sapevo chi era. Rimasi in ascolto e qualcosa penetrò in me, nei nervi e nelle ossa, e con la sensazione di essere stata salvata alzai la racchetta e servii’.


Torniamo indietro nel tempo: dopo il funerale della madre, la zia Ranjan aveva rimproverato il cognato di tirar su le tre ragazze come delle selvagge, e, poiché non rispettavano la tradizione indiana, si sarebbero perse in quell’Inghilterra senza valori.
Quando la vanno a trovare a Edimburgo, la zia non fa che cucinare ‘dal’, ‘laddu’, ‘shaak’ di patate, riso, ‘puri’ e i meravigliosi dolci, i ‘gulag jamun’, su vassoi d’argento in ciotole d’argento. Insegna alle ragazze a cucinare e a servire in tavola, naturalmente sono le donne ad alzarsi, mentre gli uomini se ne stanno, sorridenti ed esigenti, seduti.
La zia Ranjan propone che almeno una delle sorelle resti con lei e con zio Pavan, il fratello minore di papà, che compensa la rigidezza della moglie col suo buon carattere, sempre conciliante, sorridente.
Il papà non risponde, torna a casa con la determinazione di trovare un senso, uno scopo alla loro vita.

È la visione della’T’ del campo di squash che gli si presenta come una sorta di tempio, di fiaccola di relazioni, affetti che non è in grado di esprimere. Sarà il suono della palla prima disarticolato, poi più ritmico, come il pulsare del cuore, come una travolgente sinfonia, a riunire la famiglia.
Sono variazioni quasi insignificanti nelle abitudini della loro casa, un ritrarsi in se stessi per lasciare un impercettibile spiraglio a portare avanti la storia, fatta di gelosie e pensieri nascosti, mai ammessi che esplodono in gesti violenti.

Accade, per esempio, quando Gopi lancia contro il padre una palla così violenta da lasciargli un occhio blu: ha paura che lui abbia trovato un’altra donna, quella del bar della palestra, e dimentichi la madre?
Nessuno dice niente, ma il muro di silenzio e incomprensione si alza intorno a lei, al padre, alle sorelle, che di quel gioco si sono un po’ stufate, pensano ai ragazzi, a sgattaiolare lontano. Ma sono loro, che fanno finta di niente, a svagare Gopi, a riportarla alla ‘T’, che diventa il regno dei suoi desideri.
Riuscirà a vincere il campionato, a riconquistare l’attenzione del padre? Arrivano le vacanze e la zia Ranjan se la porta nella sua bella casa di Edimburgo e tutto sembra svanire nella nebbia, nel bene e nel male. A settembre, quando ricomincia la scuola, sarà quel dolce e gentile zio Pavan a convincere la moglie a far riprendere gli allenamenti alla ragazza e le speranze si riaccendono.
Un’ultima osservazione sullo stile di Chetna Maroo, così limpido e preciso: segue l’occhio di Gopi, si muove sul ritmo della pallina da squash, dei ricordi, della sua volontà di stare bene, senza autocommiserazione, senza sentimentalismi. Gentile e forte.

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