“Gli indesiderabili”, opera seconda del regista e sceneggiatore francese Ladj Ly dopo l’apprezzato ” I miserabili”, torna sulla vita delle banlieue parigine dove “i francesi non ci abitano”. Al centro della storia un fatiscente caseggiato con le sue scale ripide e buie, le facciate scrostate, gli ascensori che non vanno da anni. A disposizione di centinaia di migranti poveri e in fuga, dalla guerra in Siria e da altri paesi martoriati. Ma stavolta c’è un messaggio, di cui si fa portavoce una giovane cresciuta lì, impegnata a incalzare le istituzioni perché tutto ciò si trasformi in un posto dignitoso da abitare
Il titolo originale di Gli indesiderabili, opera seconda (dopo l’apprezzato I miserabili) di Ladj Ly, è Bâtiment 5, Edificio 5. Proprio questo immenso e fatiscente caseggiato alla periferia di Parigi è il vero protagonista del film, coi suoi androni sporchi, le scale ripide e buie, le facciate dall’intonaco scrostato, gli ascensori che hanno smesso di funzionare da anni, gli appartamenti angusti e gremiti di varia e infelice umanità. Tutta straniera, “perché i francesi qui non ci abitano”, come dice uno dei suoi occupanti, in fuga dalla Siria, alla figlia che si stupisce guardandosi intorno e non trovando niente che somigli anche lontanamente alla Francia così come l’aveva sognata prima di lasciare il suo paese martoriato dalla guerra. Non sembra in effetti esserci granché spazio per i sogni, nell’Edificio 5. Un posto dove è difficile non solo vivere ma anche morire.
Nella prima angosciante sequenza, vediamo la disperata fatica di un gruppo di persone che deve portare giù a mano una bara, da un piano alto fino al cortile, tra lacrime e sporcizia. Nella bara, lo scopriamo subito, c’è la nonna di Haby, la giovane e indomita protagonista, una ragazza nata e cresciuta lì e decisa a fare il possibile per trasformare un quartiere in gran parte abbandonato dalle istituzioni in un posto dove sia dignitoso vivere. Ogni giorno, nonostante le difficoltà. Haby lavora per un’associazione che si occupa di aiutare i nuovi migranti e le famiglie bisognose di sostegno; e incarna, fin da subito, il tentativo di trovare una via lucida e pragmatica, contro le opposte derive della mesta rassegnazione, da una parte, e della rabbia distruttiva dall’altra, quella collera cieca, più che giustificata ma potenzialmente pericolosissima perché capace di bruciare tutto, anche la propria casa. Un equilibrio fragile, ogni giorno da ricostruire, ma che tutto sommato regge, fino al giorno in cui l’improvvisa morte del sindaco in carica manda rapidamente in frantumi ogni possibilità di dialogo. Il nuovo sindaco è un pediatra dalla faccia onesta e buona ma dalla scarsissima esperienza, che alla prima difficoltà si lascia andare al panico e alla repressione. Con esiti tanto prevedibili quanto drammatici.
Rispetto a I miserabili, Ladj Ly sembra aver voluto costruire qualcosa di simile ma anche di molto diverso, prima di tutto marcando il bisogno di prendere in qualche modo le distanze dall’immediatezza e dall’urgenza anche autobiografica di far sentire la propria voce. Les Bosquets, nel comune di Montfermeil, dov’era ambientato il suo primo film, è esattamente il quartiere dove Ladj Ly è nato (nel 1978, in una famiglia originaria del Mali) e cresciuto, dove sono scoppiate le sanguinose rivolte che nel 2005 hanno infiammato l’intera banlieue parigina. Per questo secondo lavoro il regista sceglie un agglomerato urbano fittizio, cui mette il nome di Montvilliers, e al quale assegna il compito di farsi simbolo delle tantissime realtà che in Francia, come nel resto d’Europa, sono troppo spesso destinate a diventare periferie abbandonate alla criminalità e alla disperazione, luoghi di disagio e degrado dove non sembra più trovare spazio la speranza. Ma proprio nel personaggio centrale di Haby, nel suo sguardo forte, rabbioso a tratti, ma mai accecato dalla collera, sempre lucido ed efficace anche nei momenti di stanchezza, il regista ha saputo collocare ciò che resta della speranza. Nel lavoro quotidiano di chi non si arrende e continua a costruire ponti, a camminare, guardandoci negli occhi e non permettendoci di voltare la faccia e far finta di niente.
Stavolta Ladj Ly sembra aver avuto le idee più chiare rispetto agli obiettivi, e sicuramente scene e personaggi sono costruiti con efficacia e mestiere. Forse persino troppo, verrebbe da aggiungere. Un po’ viene da rimpiangere l’energia imprevedibile e anarchica, un po’ disordinata ma vitalissima, del debutto, che qui appare un po’ imbrigliata, condizionata dalla scelta di offrire allo spettatore un messaggio ben preciso, che deve essere recapitato senza possibilità di equivoci. Forse questo è l’unico vero limite artistico di un film che resta capace di emozionare e coinvolgere. Insomma, di interpellare le nostre coscienze. E non è cosa da poco.
Gli indesiderabili di Ladj Ly, con Anta Diaw, Jeanne Balibar, Alexis Manenti, Steve Tientcheu, Aristote Luyindula