In “Making of” del francese Cédric Kahn gli operai di una fabbrica, protagonisti di una sfortunata battaglia per salvare i loro posti di lavoro, sono chiamati a interpretare se stessi in un film che ricostruisce gli eventi. L’impresa è però ostacolata dalla mancanza di fondi, che genera un nervosismo incontrollabile. In più il racconto è complicato, e reso più divertente, dalla presenza di veri attori e dall’idea dei produttori di concluderlo con un fasullo happy end, che fa infuriare il regista
È il cinema il vero protagonista di Making of, il nuovo film di Cédric Kahn, passato fuori concorso all’ultima Mostra del cinema di Venezia. Nel nord della Francia, gli operai di una fabbrica che hanno combattuto a lungo per difendere il posto di lavoro, ma hanno purtroppo perduto la loro battaglia, si ritrovano trasformati di colpo in attori. Sul set del film diretto da Simon (Denis Podalydès) – regista stanco ma ostinato, alle prese con una quantità di problemi famigliari ma deciso a portare avanti il suo progetto, costi quel che costi – devono interpretare loro stessi, dando conto delle tante difficoltà di una lotta sindacale destinata a concludersi con uno smacco. Simon è fermamente deciso a rispettare la drammatica realtà dei fatti, mettendo in scena la vicenda così come si è svolta, senza mitigare la delusione di chi ha cercato fino all’ultimo di difendere i propri diritti ma è stato sconfitto.
Due dei finanziatori non sono d’accordo con questa impostazione realistica, di impegno politico e civile, e pretendono che l’intera storia sia stravolta da un happy end, tanto posticcio quanto fintamente ottimista: un finale che veda il trionfo dei lavoratori, capaci di prendere in mano le redini della fabbrica trasformandola in un vincente esperimento di autogestione. Anche l’attore protagonista (Jonathan Cohen) spinge per un finale glorioso, ma solo perché lo vede come il mezzo migliore per mettersi in mostra e assecondare i bisogni del suo istrionico ego. La star femminile (Souheila Yacoub) ha come obiettivo principale quello di farsi notare in quello che è il primo ruolo importante della sua carriera, mentre Simon è ogni giorno più convinto che questo film (ammesso e non concesso di riuscire a finirlo) sarà l’ultimo della sua vita.
Insomma, scene di ordinaria follia da un set come tanti: i soldi stanno finendo, le tensioni si accumulano, tutti si ritrovano sull’orlo di una crisi di nervi. Con in più un problema etico tutt’altro che facile da risolvere: come restituire verità a un racconto drammaticamente reale e però inevitabilmente ricostruito, e per ciò stesso finto? Anche (soprattutto?) perché i veri operai rimasti senza lavoro sono chiamati a recitare loro stessi accanto ad attori che si fingono quello che non sono: poveri invece che ricchi, rivoluzionari invece che conservatori, battaglieri invece che rassegnati. Un caos da cui sembra impossibile anche solo immaginare di ricavare qualcosa di sensato, figuriamoci di buono. E invece alla fine la magia del cinema si compie. Sotto i nostri occhi. Raddoppiati dallo sguardo del giovane filmmaker (Stefan Crepon) incaricato di riprendere le riprese del film. E che in realtà è un giovane pizzaiolo frustrato che abita in zona, arrivato sul set come semplice comparsa e con il sogno segreto di far leggere al famoso regista una sceneggiatura che ha scritto.
Cédric Kahn non è Truffaut. Effetto notte resta un indimenticabile capolavoro, e a distanza di cinquant’anni ancora ci parla. Making of non ambisce neanche a esserlo, un capolavoro, ma riesce con grande sincerità a raccontare il caos, il desiderio, l’ostinazione e forse, almeno in parte, il talento necessari per realizzare un film. All’interno del filone “cinema sul cinema” riesce a ritagliarsi un suo piccolo spazio intelligente e ironico, sufficiente lucido da convincere anche lo spettatore più smaliziato. Un film non imprescindibile, ma capace di conquistarti, scena dopo scena, tenendosi in bilico tra commedia e tragedia, con tanta grazia e un pizzico di affettuoso cinismo.
Soprattutto quando smonta sotto i nostri occhi la “magia” del cinema, restituendo tutta la fatica di un’impresa collettiva dove creatività e vil denaro, arte e capitalismo vanno inevitabilmente a braccetto. E alla fine girare un film è un lavoro. Non un lavoro come gli altri, forse, ma comunque un lavoro dove anche l’ispirazione passa attraverso il sudore e la fatica. E l’ossessione. Perché il cinema, si sa, è una droga! E lo sanno bene anche gli amici e colleghi del regista, che fanno capolino nel film in veste di attori e aggiungono divertimento alla visione: Valérie Donzelli, Emmanuelle Bercot e soprattutto Xavier Beauvois, irresistibile nei panni del produttore cialtrone, capace di apparire e sparire alla bisogna come il gatto del Cheshire.
Making of, di Cédric Kahn, con Denis Podalydès, Jonathan Cohen, Stefan Crepon, Souheila Yacoub, Emmanuelle Bercot, Xavier Beauvois, Valérie Donzelli