E’ un’opera prima “Goodbye Julia” di Mohamed Kordofani, primo film del suo paese approdato al Festival di Cannes, nel 2023. Si raccontano le storie di Mona che ha una vita agiata al Nord, anche se il marito l’ha costretta a lasciare la carriera di cantante e Julia che nel Sud vende il pane in strada per sopravvivere con sposo e figlio. Alla viglia della guerra civile, tutt’ora in corso, queste due esistenze si intrecceranno. Perché la solidarietà femminile può rendere possibili libertà e riconciliazione
Goodbye Julia, in arrivo oggi nelle sale con il patrocinio di Amnesty International, è la prima pellicola sudanese presentata a un Festival di Cannes. Proposta nel 2023 nella sezione Un Certain Regard, l’opera prima di Mohamed Kordofani ha ricevuto il Premio Libertà. Un film importante per quello che racconta, ma anche e soprattutto per come trasforma una piccola storia individuale in una metafora capace di raccontare un paese, in qualche misura un intero continente. Siamo a Khartoum, nord del Sudan, nel 2005. Mona è una giovane donna mussulmana che ha dovuto abbandonare la sua carriera di cantante per volere del marito Akram, che le garantisce però una vita tranquilla e agiata, al riparo dal bisogno e dalle violenze che stanno cominciando a insanguinare la città. Julia invece è cristiana, viene dal sud e insieme al marito Santino e al figlio Daniel conduce una vita di stenti, tra le strade dove vende il pane e la miserabile
abitazione da cui la famiglia viene sfrattata senza ragione.
O meglio, un motivo c’è, eccome, e pesa come un macigno sul destino di tutti i protagonisti: il razzismo che permea la società sudanese e spacca in due il paese, opponendo nord e sud, musulmani e cristiani, alimentando la diffidenza e l’odio reciproci all’ombra di sempre più stridenti diseguaglianze economiche. Per un tragico scherzo del destino, le vite delle due donne e delle loro famiglie finiranno per legarsi in modo indissolubile, in un intreccio di colpe, segreti e pregiudizi. Tutto questo negli anni immediatamente precedenti la dichiarazione di indipendenza del Sudan del Sud che condurrà a una tragica guerra civile che non può dirsi ancora conclusa.
Una parabola morale che usa lo sguardo delle donne per illuminare la realtà e la storia, senza indulgere in sottolineature didascaliche e riuscendo a dare corpo e sentimenti a una narrazione complessa, rigorosa, potente. L’empatia nei riguardi dei personaggi non viene mai meno, ed è il collante che tiene insieme il racconto dall’inizio alla fine. Ma altrettanto interessante è la scelta di tenersi in bilico tra un genere e l’altro, passando dal dramma familiare al thriller politico, senza mai perdere di vista il proprio obiettivo e senza mai negare l’ambiguità di ogni tentativo di tenere a bada il male del mondo attraverso il puro e semplice esercizio della carità o della individuale buona volontà.
In un universo dominato da un clima oppressivo che imprigiona e rinchiude sia le vittime che i carnefici, in un circolo vizioso di menzogne e ingiustizie apparentemente senza via d’uscita, la solidarietà femminile può comunque rappresentare uno spazio di libertà e la prova che una riconciliazione è possibile.
Goodbye Julia di Mohamed Kordofani, con Siran Riak, Eiman Yousif, Nazar Goma, Ger Duany, Issraa El-Kogali