Schicchi, il “candido” amorale che inventò l’industria del porno

In Cinema

“Diva futura” di Giulia Louise Steigerwalt racconta vita, successi e rovesci del fondatore della prima “factory” italiana del cinema a luci rosse. Quella che ha lanciato Moana Pozzi, Ilona Staller detta Cicciolina, poi parlamentare radicale, e scoperto Rocco Siffredi. Traghettando il comune senso del pudore di un’Italia oscurantista verso l’ambigua modernità dell’eros-entertainment. La cosa migliore del film è la prova di Pietro Castellitto, che ne fa un “innocente peccatore”, al cui fianco la brava segretaria Barbara Ronchi osserva ma non giudica un mondo al di fuori dei suoi orizzonti di famiglia

Tra gli anni 80 e 90 il comune senso del pudore fece in Italia salti in lungo e in alto, fuochi d’artificio, in soffitta i manifesti dei divieti. Dopo anni quasi oscurantisti (ci sono episodi di censura che viaggiano in malafede tra il ridicolo e il patetico agli inizi degli anni 60), quando in tv non si poteva pronunciare la parola “membro”, ecco che un giovane imprenditore con gli occhi disarmati e un aspetto candido (nel senso di Voltaire), tale Riccardo Schicchi si inventa una industria del porno che non era mai esistita in Italia e che aveva avuto i primi vagiti con i film documentari tipo Europa di notte, diretto tra l’altro dal regista Alessandro Blasetti, eroico nel mostrare i primi nudi negli anni del regime nella Corona di ferro e La cena delle beffe.

Schicchi crea la società Diva Futura (che dà il titolo a questo film), e “alleva”, come in una casa famiglia, ragazze portate al sexy show. E nel gruppo ci sono casi particolari, come Ilona Staller, la Cicciolina, che sarà parlamentare radicale con Pannella, come Eva Henger che poi sposerà Schicchi e lo tradirà, come la grande Moana Pozzi, la migliore (e fra i ragazzi, lancia un certo Rocco Siffredi). E’ una resistibile ascesa, c’è la gloria anche economica, ma poi le denunce, la crisi, il divorzio, le cause, le condanne e infine la malattia che lo uccide a soli 59 anni (Moana se ne era già andata, alimentando leggende).

La cosa migliore del film di Giulia Louise Steigerwalt è Pietro Castellitto, che offre una interpretazione strepitosa di questo innocente “peccatore”: è di gran lunga superiore ai suoi film da regista. Ed è brava Barbara Ronchi, come sempre, qui fa la segretaria fedele che osserva ma non giudica un mondo che era fuori dai suoi orizzonti di famiglia, mentre le dive sexy fanno il loro dovere ma non sono paragonabili né somiglianti. Insomma Schicchi ha condotto il paese dall’immoralità all’amoralità degli oscuri oggetti del desiderio, ha fatto prosperare i VHS e i locali a luci rosse col suo harem di disinibite dive (Moana, che fu amica di potenti, lavorerà anche malata, con una controfigura per il corpo) e col suo zoo dove, accanto ai conigli, stava anche il serpente che si esibiva con Cicciolina.

Fu a suo modo un rivoluzionario del costume a luci rosse con un lato quasi infantile, mai perverso, e il merito dell’autrice è raccontare, ma forse non fino in fondo e non in profondità, perdendosi in rivoli folk, la storia di questa istruttiva rivoluzione del costume, cui aggiunge i paletti di un alone sentimentale quasi pseudo femminista, salvando il me too.

Diva futura, di Giulia Steigerwalt, con Pietro Castellitto, Barbara Ronchi, Denise Capezza, Davide Iachini, Marco Iermanò, Tesa Litvan, Beatrice Puccilli, Paolo Ricci, Flavio Calderon

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