Il premiato regista sudcoreano di “Parasite” dimostra anche in “Mickey 17” di saper trovare sempre nella fantascienza l’occasione di divertirsi trattando temi importanti, come le potenziali derive della biotecnologia o il rapporto tra l’uomo e altre forme di vita. Con protagonisti hollywoodiani in gran forma, da Robert Pattinson a Toni Colette e Mark Ruffalo, racconta le vicende di una cavia umana di laboratorio, più volte uccisa e clonata “per il bene della scienza”. E il viaggio di un’astronave di coloni verso pianeti sconosciuti, specchio di un rapporto tra politica e popolo sempre più simile a un circo.
“Live, die, repeat” recitava Edge of Tomorrow, war movie fantascientifico di qualche anno fa, basato su un personaggio destinato a morire e rinascere per vivere ogni volta la stessa giornata. Potrebbe essere il motto anche di Mickey 17 e del suo omonimo protagonista, cavia da laboratorio più volte uccisa e clonata (anzi, stampata in 3D!), come da contratto, per il bene della scienza. Comincia così l’ottavo lungometraggio del premio Oscar Bong Joon-ho: un gradito ritorno alla fantascienza distopica, dopo quel Parasite capace di portare a casa una Palma d’Oro a Cannes, un Golden Globe come miglior film straniero e ben quattro statuette agli Academy Awards, tra cui miglior film e miglior regia.
Eppure non è un caso che, nonostante il successo ottenuto con una critica sociale più “casalinga” nel vero senso della parola, il visionario cineasta sudcoreano periodicamente decida di tornare alle ambientazioni sci-fi, seppure alla sua maniera. È proprio nell’immaginare il futuro dell’uomo che Bong Joon-ho può dare finalmente sfogo alla propria immaginazione senza freni, e quindi dare davvero il meglio di sé. Era già stato così per l’altra colossale pellicola in lingua inglese (la prima del regista e sceneggiatore) Snowpiercer, tratta da una graphic novel francese e arricchita da un cast hollywoodiano di prim’ordine. L’esordio col botto sul mercato occidentale aveva sorpreso un po’ tutti, se non altro per l’assoluta originalità e anticonformismo nello stile narrativo, molto più vicino al Terry Gilliam di Brazil che non alla classica space opera a stelle e strisce.
Nel medesimo filone sembra collocarsi anche Mickey 17, ancora una volta capace di alternare momenti di spassoso surrealismo ad altri di inaudita e paradossale ferocia. Tutto ruota, ovviamente, intorno alla magistrale interpretazione di Robert Pattinson, bravissimo nel dare sfumatura, voce e vita (e morte) a personaggi e caratteri diversi in ogni ripresa, ma tutti accomunati da un tragicomico destino. Il suo Mickey, migrante in tuta da astronauta disposto a sobbarcarsi quello che è letteralmente il peggior lavoro possibile, ricorda certe maschere da slapstick comedy come il Chaplin di Tempi Moderni, imbranate e sfortunatissime ma, proprio per questo, motori inconsapevoli di cambiamenti epocali.
E poiché ogni eroe, per quanto umile, ha bisogno di un cattivo all’altezza, eccone addirittura due: l’accoppiata Mark Ruffalo–Toni Colette è perfetta nei terribili panni del predicatore/politico dalle fattezze Trump-mussoliniane (con tanto di seguaci con il cappellino rosso in stile MAGA) e relativa first lady wasp con la passione per lo show cooking, contribuendo non poco al tono via via sempre più delirante della pellicola. Dal canto suo, Pattinson dà nuovamente prova della sua immensa versatilità, passando senza colpo ferire dai blockbuster come The Batman, Tenet o il prossimo, attesissimo kolossal di Christopher Nolan The Odissey, a progetti più o meno di nicchia quali The Lighthouse, Waiting for the Barbarians e, appunto, Mickey 17.
Ispirato al quasi omonimo romanzo di fantascienza Mickey 7 (“ho aggiunto altri 10 Mickey per poterlo uccidere 10 volte di più”) e prodotto dalla casa indipendente fondata da Brad Pitt Plan B, quello di Bong Joon-ho è ancora una volta un film per certi versi scomodo, che tocca una lista infinita di tematiche ben più serie di quanto le continue gag paradossali lascino intuire. Sarebbe troppo facile, per esempio, citare le riflessioni sulle potenziali derive della biotecnologia, o sul rapporto tra uomo e altre forme di vita, già viste nei precedenti Okja e The Host. Mickey 17 osa ancora di più, e forse è proprio per questo il film di più attuale mai realizzato dal regista cinquantaseienne, nonostante l’ambientazione futuristica: se in Snowpiercer i vagoni di un treno divenivano efficacissima metafora di un’implacabile stratificazione sociale, stavolta l’astronave di coloni in viaggio verso pianeti sconosciuti è specchio fin troppo chiaro di un rapporto tra politica e popolo sempre più simile a un circo, mediatico e non solo.
Mickey 17 di Bong Joon-ho, con Robert Pattinson, Mark Ruffalo, Toni Colette, Naomi Ackie, Steven Yeun, Anamaria Vartolomei