Anatomie di ogni fascismo e la voce di Matteotti

In Teatro

Fino a domenica 9, una sontuosa Ottavia Piccolo scrive l’ennesimo essenziale capitolo del suo teatro d’impegno incarnando Giacomo Matteotti. una voce lucida e potente che ci chiama ad aprire gli occhi sul fascismo di ieri e di oggi.

“Io denuncio che il mostro chiamato fascismo diventa ogni giorno più potente, grazie al silenzioso assenso di chi lo sottovaluta, lo legittima, e non lo combatte!”. Una denuncia programmaticamente a luci accese quella per cui Ottavia Piccolo – in “Matteotti. Anatomia di un fascismo” – presta la voce, il suo corpo e la propria storia di teatro militante in tutta la nobiltà della parola, aggiungendo quello dell’unico deputato capace di opporsi apertamente al fascismo pagando con la vita, alla galleria di volti che ne hanno segnato quasi tutta la straordinaria vita teatrale, che dalla storia sorgono, attraverso la scena, per chiamare lo spettatore fuori dalla sua apatia e dalla mancanza di consapevolezza. Una evocazione che arriva sul palco del teatro Elfo Puccini mentre i passi della storia accelerano sempre più paurosamente nella direzione della perfetta aderenza di questa memoria di più di un secolo fa con la strettissima attualità, con un futuro già presente.

Come se ci fosse bisogno di questo, per avvertire l’urgenza e l’efficacia travolgente di un lavoro che si apre sulla luce violenta di Roma per scolorare – nei video di Raffaella Rivi, nelle brume oniriche da saga di fantascienza con cui tratteggia il Polesine, dove Giacomo Matteotti è nato come individuo e come politico, e dove ha iniziato la sua battaglia – con la stessa lucidissima e incorruttibile veemenza, quando il fascismo aveva il volto del signorotto locale, anzi del “Contessino”, quell’Italo Balbo destinato poi a una fulgida carriera alimentata a suon d’iprite nelle colonie. Quelli in cui lo coglie il testo pieno di ritmo di Stefano Massini, all’alba degli anni Venti, sono però ancora quelli in cui si picchiano i compaesani in mezzo alla strada con quel che c’è, purchè lasci segni, e già li si vede sparire anche se non si vuol vedere, mentre il Contessino è un nobilastro in combutta con un padrone, già pronto ad accusare di avere “troppe idee per la testa”, un Matteotti che allora tutti conoscono con un soprannome già eloquente: Tempesta.

Paiono lontani e non lo sono poi molto (una manciata d’anni che si contano su una mano) i tempi in cui, portato via in un’auto nera nel sole violento che hanno solo certi pieni pomeriggi di Roma, di lui resta soltanto la foto del tesserino parlamentare. Stretto da una manciata di tabarri neri – indosati dai solisti dell’Orchestra Sinfonica di Arezzo, c’è un elegante completo rosso che – con la grazia e l’esattezza con cui lo veste Ottavia Piccolo e tramite lei il Tempesta – tratteggia i confini dei volti e della storia. Efficaci espedienti scenici, come lo erano quelli su cui si reggeva la grottesca retorica – di chi, lo riconobbe un giovane Hemingway nella sua veste giovanile di giornalista, si finge colto impugnando a favor di fotografi un dizionario tenuto al contrario: un perfetto simbolo della vocazione fascista alla sceneggiata, con i suoi simboli cupamente di ritorno.

E forse per questo ci sono ancora le luci accese, mentre ci / si domanda che cos’è il fascismo, che camuffa la violenza nella pretesa di garanzia di un ordine, per rispondere “un effetto ottico, che si nutre di paura: ma un voto dato sulla paura non è un voto”, mentre quelle intorno, il preteso buonsenso del potere, sibila un sinistramente abituale, anche oggi “prima bisogna mettere a posto il paese”. C’è come una voce di flauto – in scena lo suona il Maestro Enrico Fink – a dettare la melodia e gli echi di un tempo che aveva già reinventato le parole, trasformando una storpiatura d’inglese, di cui chi avrebbe dovuto reagire ha saputo solo ridere, in un grido di battaglia, mentre alle spalle della scena anche le parole hanno già la spigolosa forma dell’architettura fascista d’allora e di oggi. E del resto – con l’ennesima voce che parla al presente – Matteotti ammonisce i suoi compagni: la malattia che uccide è quella che non hai sentito arrivare, che quasi ti ha fatto sorridere”.

Intanto, intorno all’ammaliante eppure composta intensità di Piccolo si intesse una tela sonora ben congegnata e mai invadente, con Massimiliano Dragoni alle percussioni, Luca Roccia Baldini al basso, Massimo Ferri alla chitarra, Gianni Micheli al clarinetto basso e Mariel Tahiraj al violino, in una sorta di dialogo che accompagna una caduta verso il baratro sempre più rapida e incalzante. Contro cui si sa ergere soltanto – e non è un caso – soltanto un corpo di donna: Velia Matteotti, la moglie che subito comprende di esser diventata vedova, che riconosce retorica e menzogne e può soltanto – nella sua stoica solitudine – rifiutare ogni bugia per costringere il capo, e con lui il mondo, alla realtà. Anche se, di fronte all’orrore, anche questo coraggio è destinato ad essere cancellato in breve come, spesso, il nome stesso della donna che lo porta.

Diventa sempre più difficile e spaventoso chiedersi allora a cosa sarà servito: ma forse la risposta è la stessa della domanda sull’utilità del teatro. Se lo avessimo ascoltato, Matteotti, se lo ascoltassimo oggi, forse qualcosa sarebbe diverso. Quale strumento migliore della rappresentazione, allora, per smascherare la farsa dei fascisti d’ogni tempo, per far saltare sulla sedia – come lo zio di Amleto – di fronte alla realtà messa in scena. Si esce con un duplice senso d’affanno da un lavoro tanto potente: quello della fascinazione per un’interprete straordinaria e per una messa in scena impeccabile nella sua puntualità, con l’asciutta regia di Sandra Mangini, e quello dell’angoscia di una realtà che vira verso il buio di una notte da cui, bisogna continuare a ostinarsi a sperarlo, il teatro civile come questo serva a svegliarsi, anzichè essere mandati a letto come i bambini a cui, gli squadristi di ogni tempo, prima di uccidere un uomo, zittire l’ultima voce del dissenso, sussurrano melliflui “andate a giocare, che va tutto bene”

(Visited 2 times, 1 visits today)