I sogni di Johanna, una mente e un corpo che sbocciano all’amore

In Cinema

“Dreams” di Dag Johan Haugerud è il capitolo finale della trilogia delle relazioni iniziata dal regista norvegese con “Sex” e proseguita con “Love”. Qui la 17enne protagonista è alle prese con lo scatenarsi dei sentimenti e l’insorgere del desiderio, anche se per gli adulti è solo un’infatuazione per la brillante insegnante di francese. Ne scrive nel suo diario, ne parla con l’esuberante nonna Karin e la madre Kristin, personaggio schiacciato tra i due estremi. Un percorso labirintico, affascinante, che in qualche modo descrive lo stato delle cose oggi in fatto di identità emotive e relazioni umane.

Il primo amore non si scorda mai. O forse sì, in realtà. E allora per non dimenticarlo è importante dare un nome alle emozioni, trasformarle in parole, frasi, racconti. È quello che fa Johanna, la 17enne protagonista di Dreams del norvegese Dag Johan Haugerud, alle prese con la sconvolgente scoperta della potenza dei sentimenti, della forza perturbante del desiderio. Per la prima volta. Una situazione che gli altri, gli adulti, potrebbero facilmente derubricare a semplice infatuazione per la bella e brillante insegnante di francese, ma per Johanna si tratta di qualcosa di ben più radicale: un’esperienza così profondamente sconvolgente da farsi esplosiva, anche e soprattutto perché quasi nulla arriva in superficie, e ciò che davvero conta avviene nelle profondità di un corpo e di una mente che sbocciano, si aprono, si confrontano col mondo, conoscono la frustrazione e imparano la pazienza, nei confronti di se stessi e degli altri.

Un’esperienza, comunque sia, destinata a lasciare il segno e che noi spettatori siamo chiamati a seguire passo passo, in tutti i minimi slittamenti del cuore, sussulti e balzi in avanti, perché Johanna tiene un diario e riflette a voce alta; e ne parla con l’esuberante nonna Karin e poi con la madre Kristin, e interpella il mondo intero, alla ricerca di una chiave di lettura in qualche modo rassicurante che solo il tempo le potrà dare. Ma lei non lo sa. Non ancora. Un film che possiede l’incanto della prima giovinezza ma non rinuncia a mostrare quanto possa essere affilato lo sguardo adulto e affida alla nonna scrittrice e femminista le battute più esilaranti (e intelligenti) del film. Forse il personaggio che rischia di rimanere schiacciato tra i due poli è quello della madre di Johanna, affettuosa ma un po’ confusa e come sbiadita. E non è un problema di scrittura del film: è proprio il rischio che ogni giorno corre esattamente quella generazione di mezzo, tra i quaranta e i cinquant’anni, soprattutto sul versante femminile.

Dag Johan Haugerud, sceneggiatore e regista, ne ha sessanta di anni ed è arrivato solo da poco alla ribalta del cinema internazionale, dopo una lunga carriera come scrittore di libri che non hanno mai varcato i confini norvegesi. Con Dreams (Orso d’Oro alla Berlinale 2025) ha firmato il capitolo conclusivo di una “trilogia delle relazioni” iniziata con Sex (Berlinale 2024) e proseguita con Love (Mostra del Cinema di Venezia 2024). Un percorso labirintico e affascinante che sembra volere in qualche modo descrivere lo stato delle cose, oggi, in fatto di sentimenti, identità sessuali, relazioni umane. A Oslo, ma non solo. Un progetto nel complesso riuscito nonostante un andamento ondivago, che alterna momenti e personaggi perfetti ad altri non del tutto convincenti. Anche Dreams è tutt’altro che un film perfetto, ma riesce a conquistarti perché abitato da una sensibilità rara, capace di avvolgerti in un intrico di parole e immagini dall’effetto ipnotico. Capace di farti rimpiangere l’adolescenza e al tempo stesso ricordarti di quanti rovi e crepacci fosse cosparso allora anche il più piccolo sentiero.

Dreams, di Dag Johan Haugerud, con Ella Øverbye, Selome Emnetu, Ane Dahl Torp, Anne Marit Jacobsen, Ingrid Giæver

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