Ligeti, Berio e i giovani (musicisti) d’oggi

In Musica

L’unione fa la forza al Lac di Lugano. Il 13 marzo l’Orchestra della Svizzera Italiana si è avvalsa della collaborazione della giovane e interessante compagine di ensemble900 per compiere una cavalcata emozionante nel novecento musicale da Bartòk fino a Carlos Roqué Alsina passando per Berio e Ligeti. Prossimo appuntamento il 23 con la nona di Beethoven

L’iniziativa dell’Orchestra della Svizzera Italiana (OSI) di associarsi  alle forze più giovani dell’Ensemble900 del Conservatorio della Svizzera italiana è stato il punto forte di un concerto (quello del 13 marzo)  complesso e bello per avere evocato cinquant’anni di musica novecentesca, dal Mandarino Meraviglioso di Bartòk ai Themen II per un percussionista e archi di Carlos Roqué Alsina passando per Apparitions per orchestra di Ligeti e Concertino per clarinetto, violino, arpa, celesta e archi di Luciano Berio.

Il colore orchestrale che si condensa attorno a una filosofia del suono che per comodità potremmo definire “espressionista”  –  salvo scoprirla piuttosto impressionista nel Concertino giovanile di Berio – rimanda a una specie di miniera di suoni stravinskiana, e in particolare ai fiati della Sagra della Primavera.

Luciano Berio

Il colore orchestrale è solo una delle tangenze di sistema che scaturiscono da un materiale molto ricco. Un altro è il corpo danzante, l’orchestra che “balla tutta” – come in un Gershwin parossistico – del Mandarino, e ce l’ ha fatto sentire molto bene il direttore della serata, l’inglese Stefan Asbury, che ha condotto il concerto in modo che anche dalla partitura immensa di Bartòk alla fine uscissero i suoni dei fiati e dei percussionisti dell’Ensemble900, dietro alla “coltre” professionale degli archi dell’Osi.

La dimensione didattica – che c’è stata – si è inverata benissimo perché nella prima parte del concerto (Alsina e Berio) i solisti giovani erano accompagnati da altri più maturi, felicemente integrati come il clarinettista Beltramini nel pezzo di Berio, o impegnati come dei danzatori troppo provetti come nel caso di Kai Strobel, il percussionista abilissimo del pezzo di Alsina (pezzo poco noto e singolarmente costruito, quasi l’evocazione di un antro mirabile, cioè la casa del percussionista, in un magma orchestrale molto francese, alla Debussy). 

Il vero protagonista della serata però non è stato né Berio né Bartòk, bensì Ligeti con le sue Apparitions per orchestra del ’59. Mi sembra che solo questo pezzo difficilissimo si stacchi dai percorsi più noti, e non per questo meno belli (il concerto di Berio è morbido come un Casella o come un Puccini) e apra su una dimensione più impervia, in cui l’acciaccatura sorprende continuamente non per inserirsi in un cosmorama di colore quanto per agganciare una riflessione mentale sul silenzio. 

Ligeti è veramente, sempre, nuovo e sorprendente, perché non fa venire in mente nient’altro che se stesso in quanto “suono”, in quanto ronzio di fondo dal quale staccare i salti degli strumenti. 

In quei pochi minuti la tensione di chi ascolta si incontra con quella di chi suona, perché non c’è un tappeto melodico di riferimento. Abbiamo visto i musicisti impegnati nel voltare quasi con affanno le pagine sul leggio, senza che questo fosse colpa di nessuno, perché le Apparizioni di Ligeti “bucano” la nostra attenzione: come se fossero la prova di un concerto che si sta tenendo da un’altra parte.

György Ligeti

Sono l’opposto dell’immanenza coreutica del Mandarino, del languore del giovane Berio e della danza che Alsina richiede nella “gabbia” delle percussioni. 

Il Conservatorio di Lugano è caratterizzato dall’impegno nella musica moderna e contemporanea e allo stesso tempo dall’offerta di masterclasses di alto livello sui singoli strumenti. Così non ci sorprende che i musicisti, lasciato Berio, passino domenica 23 marzo a suonare la Nona di Beethoven diretti da Diego Fasolis. 

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