Il testo quasi inedito in Italia di Ramòn Marìa del Valle-Inclàn allestito dal Piccolo Teatro in una desolata scenografia con riferimenti a Pasolini. Le dichiarazioni del regista Damiano Michieletto
La spiritualità dell’uomo sembra essere sepolta sotto il fango di un peccato che rende il mondo violento, truce, lussurioso e straziante. Damiano Michieletto, regista internazionale contesto, soprattutto lirico, firma una rivisitazione postmoderna (al Teatro Studio Melato, dal 25 marzo al 30 aprile) de Divinas Palabras di Ramón María del Valle-Inclán, autore spagnolo novecentesco pressoché sconosciuto in Italia.
È un ambiente ostile, oscuro ed osceno quello in cui si muovono i personaggi, solo Pedro Gailo, il sagrestano di una piccola chiesa di paese, cerca di mantenere il cammino limpido della rettitudine ma Septimo Miau, artefice di quel turbine vorticoso che lega sensualità, avarizia e violenza, fa cadere ogni personaggio in un’esistenza straziante.
La moglie Mari si abbandona ai piaceri della carne, Pedro è tentato dalla vendetta del disonore, il figlio deforme di Juana la Reina, la cognata, diviene conteso dalle donne per motivi venali e il peccato si scaraventa, come terra sporca e insanguinata, sulle anime di tutti. L’atmosfera è quella edipica delle piaghe, della lotta fratricida tra derelitti, ladri e prostitute, tra dannazione eterna ricerca della redenzione.
Pedro cammina su una passerella in legno per evitare di sporcarsi, in una notte infernale, lugubre e nebbiosa. Tutt’attorno i personaggi dipingono un panorama tetro in cui la parola di Dio sembra inerme, sepolta come il capro espiatorio di un’umanità incapace di arrestare i suoi meccanismi di violenza.
La messa in scena di Michieletto fa della prosa un’Opera provocatoria, con attori che si insudiciano di vero fango in uno spazio aperto al limite tra un cantiere che assomiglia alle borgate di Pasolini e un Ade bunueliano, recitando con strazio loro tormenti, fra luci cupe ed ancestrali.
Come afferma Michieletto: «Abbiamo scelto le luci con Alessandro Carretti: in uno spazio vuoto con una vasca di fango ed una stanza sono un elemento drammaturgico fondamentale» e le atmosfere di Valle-Iclan danno vita ad un’umanità della colpa in cui nessuno esce vittorioso o redento, raccontando una vicenda al limite tra il religioso e un orrido molto simile al vagare paranormale di ectoplasmi o zombie.
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«L’autore e il testo era anche più portato ad esibire l’aspetto più macabro e violento. Il nano deforme ha anche delle battute, ma ho preferito toglierle.La scena in cui muore il bambino è ridotta all’osso, ma nel testo l’uccisione del bambino è una scena molto più articolata. Quello che succede è che Miguelin ubriaca il ragazzo. Ho raccolto le didascalie e le ho fatte dire alla madre, senza cambiare minimamente la storia».
È in quest’equilibrio di perdizione, limpidezza e degrado che viene fuori, come un sacrificio evangelico, l’ultimo barlume di speranza che in un mondo apocalittico rivela il profondo senso religioso dell’uomo.
«Più che di senso religioso parlerei di senso spirituale. Lo spirito religioso è necessario al pari della sessualità. Oggigiorno, si parla molto di sessualità, è diventata fonte di gossip e non si parla invece della spiritualità. Di fatto ci si accorge di questa esigenza quando ci si inizia a porre delle domande, magari quando muore qualcuno che ci è caro e solo allora si risveglia questa dimensione. La dimensione spirituale è una dimensione fondamentale per l’essere umano. La religione certo assorbe questo senso e gli da una forma ma è proprio questo interrogarsi sulla spiritualità a cui tengo e che da senso allo spettacolo in un contesto di imbarbarimento, di degrado».
Bravissimi gli attori dai protagonisti Fausto Russo Alesi, Marco Foschi, Federica di Martino, Gabriele Falsetta, a tutti gli altri: Lucia Marinsalta, Sara Zoia, Bruna Rossi, Federica Gelosa, Francesca Puglisi, Cinzia Spanò, Nicola Stravalaci e Petra Valentini capaci di soffrire in modo molto realistico, rotolandosi nel fango, nella sporcizia e nel dolore.
Divinas Palabras che da quando è nato l’uomo ci appartengono.
Divine parole di Ramón María del Valle-Inclán, regia Damiano Michieletto. Al Piccolo Teatro Studio Melato fino al 30 aprile