L’olio dei motori, il gusto del rischio, e l’idea del gruppo tra rito e socialità. Ecco l’ultimo capitolo della serie d’azione con Vin Diesel e Paul Walker
Giunge al settimo capitolo una delle saghe cinematografiche più longeve ed apprezzate del pubblico appassionato di motori, rischio e “rispetto”, con la coppia Vin Diesel – Paul Walker per un’ultima volta sul grande schermo, prima della morte di quest’ultimo per un gioco del caso, in un incidente stradale a soli 40 anni. Fast and Furious 7 sembra voler assommare la cifra di tutti i precedenti capitoli: Ian Shaw (bravissimo Jason Statham), ex agente inglese, decide di farsi giustizia da solo attentando all’integrità di Dominic Toretto e della sua allargata famiglia. In tutta risposta il team di Dom, Brian, Roman e Mia, tutti con lealtà e fiducia reciproca, si coalizza per far fronte al nemico comune.
Ritornano temi come il senso del gruppo, che si fa quasi clan, il sostegno reciproco del team e l’appartenenza a una famiglia, una parentela che comprende tutti coloro che ne rispettano i principi o gli ideali, contribuendo attivamente all’integrità dei propri amici. Qui il pericolo è invisibile, dipinto in una declinazione molto contemporanea, e per scovarlo i protagonisti devono trovare un apparecchio satellitare che monitora gli spostamenti di ognuno.
Giocato come un continuo e roboante viaggio in cui i personaggi si spostano da Londra agli Emirati e a Los Angeles, è un film di spionaggio (con alcune godibili citazioni a Goldfinger e Licenza di uccidere) unito un film d’azione estremo, in cui l’olio dei motori si mischia alla propensione al rischio, ricordando le prodezze impossibili di Ethan Hunt scandite dal ritmo vivace e incalzante di una musica latineggiante.
Notevole per enfasi l’impatto delle immagini, che percorrono lo schermo come in un rally cinematografico, alternando trovate spiritose e momenti adrenalinici, il tutto accompagnate da una colonna sonora che rende energica ogni inquadratura, alimentando di continuo la tensione. Il legame reciproco e virile, unito alla propensione a superare i limiti comuni assieme ai propri sodali, sono il segno distintivo dei rapporti fra i personaggi, tratteggiati in tipologie precise, figlie dell’immaginario dei film precedenti. L’idea del gruppo, del rito, della socialità prevalgono sull’intimità personale, il gioco di squadra sul risultato del singolo e la corsa irrefrenabile su qualsiasi riflessione interiore, assente in quest’ultimo film in cui sono pochi gli “a parte” dei personaggi.
Ma i sentimenti di fedeltà, complicità che alcuni attori hanno costruito in 12 anni di lavoro assieme, dentro e fuori dallo schermo, trasmettono l’impegno e la dedizione nel raccontare una storia che ci invita a restare uniti e solidali, a fronte di qualsiasi disgrazia o minaccia. Forse sono proprio questi valori che Paul Walker, cui la pellicola dedica un omaggio finale, e i suoi colleghi, direttamente o indirettamente, hanno inteso trasmetterci nel loro ultimo, ruggente capitolo.