Finalmente una mostra su Ernesto Treccani, un uomo e un artista senza cui Milano e l’Italia sarebbero stati peggiori. Ma si sarebbe potuto fare qualcosa di più.
«Ogni giorno dipingo e disegno qualcosa: un volto, un muro, un cielo, l’uva, un fiore, per rendermi conto che qualcosa rimane attaccato, che proprio tutto non mi sfugge». Intorno a questa frase di Ernesto Treccani (Milano, 1920-2009) si costruisce la piccola mostra dal titolo “Lavorare ogni giorno”, curata da Nicoletta Colombo e Maddalena Muzio Treccani, figlia dell’artista: il disegno come irrinunciabile pratica quotidiana, strumento primo di indagine e contatto con la realtà, allenamento da coltivare con costanza già secondo il modello di Achille Funi, grande pittore di Novecento, che di Treccani fu maestro e amico.
Duecento sono i disegni, sempre di sostenuta qualità e spesso inediti, chiamati a testimoniare l’intensa attività grafica del pittore, tanto importante anche per la sua riflessione teorica. Giorno per giorno si ripercorrono cinquant’anni di vita tra disegni rifiniti o semplici bozzetti da taccuini di lavoro, il cui stile oscilla di continuo tra eleganza del tratto e intensità espressiva.
La mostra, gratuita, abita gli spazi della Fondazione Corrente, l’associazione culturale fondata da Treccani alla fine degli anni Settanta come ideale prosecuzione della rivista creata, da ragazzino appena diciottenne, nel 1938: nella asfittica Milano fascista, uno spazio di libertà, animato da molti dei migliori giovani artisti di allora, da Renato Birolli a Renato Guttuso.
Due piccole sale accolgono i disegni: spazi intimi, quasi domestici, dove però i fogli sono disposti sciattamente alle pareti, in un allestimento ridotto all’osso che poco fa per valorizzarne la qualità. Al piano terra sono in scena i ritratti, esposti nella ricca biblioteca dell’artista, dove l’affollarsi dei volumi racconta il rapporto costante con il mondo della poesia, con intellettuali e uomini di lettere; e non mancano, allora, i ritratti di Andrea Zanzotto o Carlo Levi o Pier Paolo Pasolini. Accanto, i ritratti del sindacalista Luciano Lama e di Mario Alicata stanno a testimoniare il costante impegno politico di Treccani, a lungo militante nel PCI.
Nella seconda sala, la disposizione dei disegni per nuclei tematici è efficace nel rivelare la caparbietà con cui Treccani lavorava su immagini elementari in un processo di continua rielaborazione e variazione: studi di nudo, animali, oggetti quotidiani, violini, immagini di circo, città e maternità. Una suggestiva citazione tratta da scritti dell’artista accompagna ciascun gruppo; e dispiace che gli epigrammi non abbiano trovato posto nel piccolo ma curato catalogo. Talvolta, però, l’accostamento tematico rompe di troppo gli argini della cronologia e, a tratti, si sente l’esigenza di un più elaborato apparato esplicativo che ricollochi ciascun disegno nel suo tempo.
Al netto dei difetti, resta l’occasione di seguire, foglio dopo foglio, il corpo a corpo ingaggiato con la realtà da un artista convinto che «un disegno può sconfinare nella pittura, può essere ripreso con altri materiali che non siano penna, inchiostro, matita: non per questo il suo carattere è minore o incompleto rispetto al dipinto. Ogni disegno è irripetibile e in sé compiuto».
“Lavorare ogni giorno. I disegni di Ernesto Treccani”, Fondazione Corrente, fino al 21 novembre 2014
Foto: Ernesto Treccani, Maternità (part.), 1969, tecnica mista su carta, cm 60 x 80, collezione privata