E il regista Federico Tiezzi lo “rilegge” immerso in un mare di ghiaccio, attraversato da lame taglienti, nel Simon Boccanegra che chiude la stagione scaligera
La Scala chiude la stagione con il Simon Boccanegra, l’inquieto dramma di Verdi sulle tinte oscure del potere. Un’opera complessa, in apparenza lontana, eppure così terribilmente attuale. Ma come può parlare oggi alla nostra coscienza?
Emblema della regia di Federico Tiezzi, in questa coproduzione del 2010 con la Staatsoper di Berlino, è quel gigantesco Naufragio della speranza che domina la Sala del Consiglio nel primo atto. L’idea di un mare di ghiaccio, dalle lastre taglienti e insidiose, simbolo delle lotte intestine che feriscono Genova, induce lo spettatore a una presa di distanza nei confronti di una gerarchia corrotta. Vestiti d’oro e carminio (raffinati i costumi di Giovanna Buzzi) e inseriti nelle sfavillanti scene di Pier Paolo Bisleri, i deprecabili membri di questa “casta” logorano il sistema da dentro, con una serie di sotterfugi e tradimenti che sembrano non avere fine. La storia, in fondo, non cambia.
Forzando al massimo la costruzione formale e la struttura armonica, Verdi, che nel 1881 aveva rivisto l’opera composta vent’anni prima, suggerisce e amplifica, in una dimensione stereofonica, ogni dettaglio.
Qualche accorgimento di regia sulla gestualità dei singoli personaggi forse avrebbe reso più esplicite certe intenzioni, animando il quadro generale e dando all’opera (vista il 31 ottobre) un tocco di maggior vitalità. Le efficaci “pagine” di Simone, interpretato magistralmente da Leo Nucci (che si alternerà con Placido Domingo), non hanno bisogno di particolari sottolineature, lo stesso dicasi per il ruolo di Fiesco, di cui assume i panni uno strepitoso Alexander Tsymbalyuk. Notevole l’Amelia di Carmen Gannattasio e il Gabriele Adorno di Ramón Vargas, personaggi che potrebbero però godere di maggiore introspezione e dinamicità. Il gesto deciso di Stefano Ranzani (che si avvicenderà con Barenboim), alla guida dell’orchestra della Scala, lo permetterebbe.
Un’immensa cornice di vetro cala sulla scena alla fine del terzo atto: assume il moto ondoso di quel mare rigenerante in cui il corsaro troverà un tardivo riscatto.
Tante domande e un senso irrisolto di malinconia restano alla fine. Segno che questo Simone ha ancora molto da dire.
Simon Boccanegra al Teatro alla Scala fino al 19 novembre (repliche: 2, 5, 6, 9, 11, 13, 16, 19)
Foto di Brescia/Amisano – Teatro alla Scala