Allo studio Guenzani Luisa Lambri gioca con il diaframma e con i dettagli per comporre una fotografia d’arte che ha un’eco decisamente filosofica
Uno degli aspetti più sconvolgenti delle arti visive è la possibilità che ci danno di riconoscerci nell’opera e nell’artista, anche a un livello immediato. Succede anche con la musica. Col cinema e il teatro il percorso è più lento; letteratura e filosofia richiedono necessariamente tempi lunghi. Quando mi sono imbattuta nelle fotografie di Luisa Lambri (Como, 1969) il riconoscimento è stato istantaneo. Il suo ultimo lavoro, uno studio dei tunnel di cemento che l’artista Nancy Holt (1938-1914) fece posizionare nel deserto dello Utah per sfidare in sole, è esposto in questi giorni presso lo Studio Guenzani.
Quei tunnel, quattro, disposti in modo da formare una croce, sono stati pensati come cannocchiali per incorniciare perfettamente il sole durante i suoi solstizi e creare nelle pareti interne una sorta di mappa stellare attraverso i rimandi della luce filtrata dai buchi. È incredibile come del cemento, in poggiato sulla sabbia del deserto, possa essere così visivamente potente. Forse anche Luisa ha provato il riconoscimento nell’idea di Nancy Holt e ha deciso così di lavorare su quegli spazi durante la scorsa estate.
Nella sala principale dello studio Guenzani una serie di cinque visioni prende forma nel gioco del diaframma: la cornice di cemento protesa verso il sole viene bagnata e sommersa dalla luce bianca secondo gradi diversi. Il gioco dell’astrazione impedisce di identificare lo spazio in cui è stata scattata e lo sospende, componendo un inno alla luce. Lambri lavora producendo moltissime fotografie di uno stesso luogo, per poi scegliere con cura quelle giuste. L’equilibrio di questa serie è particolarmente riuscito.
La Lambri, conosciuta soprattutto per le sue fotografie di architettura, il Modernismo e il Femminismo che la ispirano, ha studiato filosofia e letteratura: «niente che avesse a che fare con l’arte». Se ne leggono i riflessi: la filosofia traspare nella metodologia del suo lavoro, tanto induttivo quanto deduttivo. Induttivo, sebbene in senso lato, perché induce chi guarda a passare dalla contemplazione a una ricerca di senso. Deduttivo, perché dall’immagine ciascuno può ricavare qualcosa. Se giocassimo a fare i filosofi antichi, che pongono la questione dell’arché, in questo caso il principio del tutto non potrebbe che essere la luce.
Lo spazio dei tunnel si fa inclusivo e tenta l’espansione, tanto che l’immagine smette di descrivere lo spazio e ne racconta l’esperienza dell’esserci, riflettendo tanto la struttura fisica quanto quella ideale. In altre due fotografie, concentrate sui dettagli del tunnel, l’astrazione diventa massima e porta a forme assolutamente grafiche, ancora più difficili da ricondurre a quel preciso luogo fisico.
Un’ultima fotografia, appesa in un’altra stanza dello studio, rivela la vista naturale che si avrebbe ponendosi all’interno del tunnel. Alcune delle domande suscitate trovano risposta e il pensiero filosofico arriva al proprio compimento…
Luisa Lambri, Studio Guenzani, fino al 30 maggio
Foto: Collage di Luisa Lambri, Untitled (Sun Tunnels, #01, #02, #05), 2014. Courtesy Studio Guenzani