Tutta la verità, e una ragionevole proposta, su una delle questioni più “calde” quando si parla di scuola: le ferie di chi insegna
Non si risolve in tempi brevi la vexata quaestio delle sovrabbondanti vacanze estive degli insegnanti italiani; e neppure in tempi lunghi,visto che non se ne fa menzione neppure nel progetto di riforma che sta per approdare in parlamento (e che ha appena portato in piazza una consistente fetta di mondo della scuola che vi si oppone).
L’argomento è ghiotto, e di tanto in tanto chi ne ha bisogno se ne serve per i motivi più disparati. Il ministro del lavoro Poletti è stato l’ultimo in ordine di tempo ad intervenire in modo piuttosto perentorio sulla materia: «I nostri studenti fanno troppe vacanze, tre mesi sono troppi, almeno per un mese possono fare esperienza nel mondo del lavoro,magari sotto forma di volontariato». In questa occasione gli insegnanti non sono stati menzionati. Non è un miracolo, solo un sottinteso.
Nella grande parte dei casi i tre mesi, congiuntamente alle diciotto ore settimanali di lavoro, alle vacanze di Natale, di Pasqua e ponti vari, costituiscono per i più la freccia avvelenata per ‘gettare discredito’ sulla categoria.
Qui qualche dato certo per affrontare il qui pro quo, partendo dalla misura del ‘tempo scuola’: in Italia i giorni di lezione sono e devono essere duecento, il che significa che, essendo le ore di sessanta minuti(nel resto dell’Europa si va dai quarantacinque ai cinquantacinque), superiamo di qualche tacca i nostri cugini comunitari.
Il problema quindi non è tanto quello dei tre mesi, che poi non sono tre mesi e neppure quello delle diciotto ore che in realtà non sono diciotto, quanto piuttosto la concentrazione delle vacanze nei mesi estivi.
Risultiamo essere i più vacanzieri insieme ai turchi, ai lettoni e ai lituani, con tredici settimane, e a seguire estoni, greci, portoghesi e romeni, mentre tra i più presenti in aula con sei settimane di sosta troviamo gli studenti di qualche land della Germania, quelli dei Paesi Bassi, dell’Inghilterra, del Galles e del Liechtnstein.
A cicli regolari che poi corrispondono grosso modo ad ogni cambio di legislatura, vengono avanzate proposte per riformare la scuola, tutta la scuola vacanze comprese; questa volta no, di vacanze non si parla.
Eppure una riorganizzazione e una ridefinizione del ‘tempo scuola’ non è solo auspicabile, è tra le urgenze.
A tal proposito il suggerimento che appare più saggio viene dal portavoce nazionale della Rete degli studenti Alberto Irone, che sottolinea che «la priorità è la redistribuzione delle vacanze durante tutto l’anno scolastico» e propone di regolamentare ed inserire percorsi formativi diversi da quelli didattici all’interno del tempo scuola.
Ascoltiamo Alberto e gli studenti che rappresenta, tanto più che importanti studi scientifici dimostrano che lunghi periodi di interruzione dell’attività scolastica riducono in modo sensibile l’efficacia dell’apprendimento e allargano il divario tra studenti di diversa estrazione sociale. Il che significa che la diseguaglianza tende a ridursi durante il periodo scolastico. La tesi di chi sostiene che in Italia è impensabile andare a scuola d’estate per via del clima mediterraneo sembra decisamente frusta. (Piuttosto chiediamo ambienti più confortevoli e qualche condizionatore. È troppo?)