Nonnetto a chi? La vecchiaia non è quella di una volta e i sessantenni amano le platee buie: quanto basta per sfornare film su film su misura per loro
Eccolo lì, in tutto il suo splendore. Alla fine del teaser di Star Wars Il Risveglio della Forza, accanto al fido Chewbecca anch’esso un po’ invecchiato, Harrison Ford, 72 anni, pronuncia la fatidica frase «Andiamo a casa». Giusto.
A una certa età s’inizia a essere stanchi di errabondare in giro per la galassia, dopo i 70 anni per guidare le astronavi bisogna ridare gli esami della patente, fare il controllo della vista. Si pensa invece con nostalgia alle pantofole pronte di fronte al camino, alla tisanina calda col miele che concilia il sonno. Ma, al saldo delle analisi del sangue e degli esami alla vista, l’idea di far tornare in pista Harrison Ford è ottima e non solo perché Han Solo è stato uno dei personaggi più amati di Star Wars. Gli ultimi episodi della saga non sono stati un successone, quindi fare l’occhiolino a quella vasta platea di spettatori baby boomers che insieme a Ford sono invecchiati e che forse sono stanchi dei giovani protagonisti dell’epopea stellare è senz’altro una mossa giusta.
La popolazione invecchia e così le sue storie al cinema. I film raccontano il mondo e se nel mondo è previsto che nel 2050 una persona su cinque sarà sopra i sessant’anni, bisognerà pur fare i conti con questo dato. Sono sempre di più i film in cui i protagonisti sono persone anziane o in cui la vecchiaia è il tema centrale della pellicola. Per carità, la vecchiaia non è un’invenzione degli ultimi anni.
Bergman ci ha costruito uno dei suoi film più belli, Il posto delle fragole, nel quale un anziano professore poteva pensare alla fine, a quello che è stato, e filosofeggiare sul senso della vita. Il film di Bergman usciva nel 1957. Da allora ci sono stati altri film, ma sporadici, piccole pietre miliari come Harold e Maude di Ashby, A spasso con Daisy di Baresford, The Straight Story di Lynch. In questi film al vecchio viene lasciato solo un ruolo, quello del saggio che commenta il passato e che di solito muore dopo aver dispensato qualche buon consiglio.
Ma nel 21esimo secolo s’invecchia in maniera diversa. Si ha sempre meno tempo e voglia di riflettere sulla morte, non c’è più un “posto delle fragole”. In genere si cerca soprattutto il “posto del passion fruit”, luoghi esotici dove andare a svernare, dove ricominciare una nuova vita, libera dalle preoccupazioni che affliggono i giovani, spesso alla ricerca di un nuovo amore e possibilmente di rinnovate esperienze sessuali. Prova ne sia il recentissimo Ritorno al Marigold Hotel.
Nel primo episodio del film di John Madden il gruppetto di over 60 era costretto dalle difficoltà economiche e mediche a trasferirsi in India per rifarsi una vita (invece di accettare supinamente il loro destino in una grigia Inghilterra). Ma dopo appena tre anni, già la prospettiva è cambiata. Le difficoltà e le riflessioni esistenziali sono quasi del tutto dimenticate e la traccia sulla quale si muove la sceneggiatura è quasi interamente votata ai rapporti romantici dei protagonisti. È l’amore e il sesso scanzonato il perno del film.
Ci stiamo evolvendo. Nessuno nega i fastidi della vecchiaia, in Lontano da Lei di Sarah Polley una bravissima Julie Christie lottava con l’Alzheimer mentre in Amour il regista Michael Haneke poneva il dilemma dell’eutanasia della persona amata, ma la vita si sta oggettivamente allungando, la popolazione è sempre più sana e il cinema in fondo non è che un grande circo dove inscenare il divertimento, la possibilità. E quindi vai di nonnetti a Las Vegas con Michael Douglas e Robert De Niro. La vasta generazione nata dopo la seconda guerra mondiale, che si estende fino al decennio del boom economico è cresciuta con poche preoccupazioni finanziarie, con una morale più libera e soprattutto andando al cinema.
In un’era prestreaming e pay tv, il cinema è stato il grande amore di coloro che oggi hanno fra i 50 e i 70 anni. E presumibilmente sono loro quelli che ancora hanno voglia di uscire e spendere i soldi del biglietto invece di starsene comodamente seduti sul divano a smanettare su un videogioco. Quindi è evidente che l’industria cinematografica li prenda seriamente in considerazione, non solo con film dove rivivere le pulsioni della gioventù, ma con pellicole che rispecchino il loro presente e li facciano ben sperare bene per il futuro. L’ultimo titolo in ordine di apparizione negli Stati Uniti è I’ll see you in my dreams con Blythe Danner, la madre di Gwyneth Paltrow, protagonista di una simpatica storia di settantenni in cerca di amore e di una nuova chance. Credo sia un segno il fatto che il film sia stato presentato al Sundance, il festival del film indipendente, quello gggiovane per antomasia.
Resta da capire una cosa ancora. Quando inizia realmente la terza età? Sta per uscire il nuovo film di Noah Baumbach, il regista del delizioso Frances Ha. Il suo ultimo lavoro s’intitola While We’re Young dove Ben Stiller, a 50 anni non ancora compiuti, si sente vecchio e noioso e in cerca della compagnia di persone più giovani di lui dalle quali trarre nuove energie. Salvo poi comprendere che l’energia bisogna trovarla dentro di sè, qualsiasi età si abbia. Una verità molto ecumenica, ma che fa di necessità virtù: ormai l’anzianità dura tantissimo, molto più della gioventù. Un periodo lunghissimo che bisogna riempire in qualche modo, soprattutto andando al cinema, sembrano suggerire le produzioni degli ultimi anni. E c’è chi ancora desidera essere immortale….