Il 27-28 maggio in molte sale italiane si potranno vedere il documentario “Faber in Sardegna” di Gianfranco Cabiddu e lo show d’addio al Brancaccio di Roma
Presente nella vita di tante generazioni, a distanza di anni dalla morte, Fabrizio De André è ancora bello da scoprire e raccontare. Lo si ritrova sempre nuovo e diverso nelle sue canzoni, anche grazie al gran lavoro di pubblicazione di live e altro materiale curato dalla fondazione a lui dedicata, seguita con passione innamorata da Dori Ghezzi. Lo si racconta in modi diversi, attraverso omaggi e resoconti di momenti della sua vita, tra Genova, Milano, la Sardegna e il resto d’Italia che lo aspettava con le sue storie e canzoni.
Il documentario Faber in Sardegna di Gianfranco Cabiddu è la prima parte del film che si proietterà il 27 e 28 maggio in centinaia di sale italiane grazie a Microcinema (la seconda parte è un estratto dal suo ultimo concerto, al teatro Brancaccio a Roma nel 1998): racconta un periodo importante e poco approfondito della storia di Faber con suoni e foto d’epoca, ma anche immagini recenti e testimonianze, che spiegano la meravigliosa e per niente facile scelta di De André di andare a coltivare terra nell’Agnata, in Gallura, per cercare di cambiare vita. Convinto di essere più agricoltore che cantante, s’immaginò una vita diversa in un posto meraviglioso, ma isolato e aspro, probabilmente molto simile ai luoghi che lo videro crescere in Liguria.
Il film narra questa storia con leggerezza e profondità al tempo stesso, alternando i racconti di chi ha condiviso con De André e Dori Ghezzi l’avventura della musica suonata tutti gli anni nel giardino di casa, in quel miracolo di festival che è “Time in jazz”, creato e cresciuto da Paolo Fresu, con cui Cabeddu collabora da anni, a quello dell’utopia di costruire un’azienda agricola autosufficiente allevando animali: una realtà fatta di investimenti e delusioni, tra il ritorno della voglia di scrivere musica, il drammatico rapimento e le trattative con i sequestratori, la forza di Faber e Dori di riscegliere la Sardegna. Tutto scorre con le immagini delle 4 stagioni in una terra di Gallura semplicemente magnifica, e non si fatica a comprendere l’ostinazione di De André nel voler scegliere per se stesso e la sua famiglia uno spazio così.
Nel documentario c’è anche tanta musica di Faber: riproposta da Danilo Rea, Gianmaria Testa, Teresa De Sio, Ornella Vanoni , Morgan, Paolo Fresu, e ovviamente Cristiano De André, in diverse edizioni di “Time in Jazz” sempre riprese nel giardino della casa dell’Agnata, che nel frattempo si è trasformata in un hotel dal sapore agrituristico chic.
La storia di Faber in Sardegna si chiude con Fabrizio che se ne va per le campagne, di spalle, una sigaretta sempre accesa, per accompagnarci a vederlo dal vivo, nella sua ultima tournee. Era il 13/14 febbraio 1998, e la Rai riprese le date romane dello show al teatro Brancaccio: uno spettacolo straordinario che a Milano passò dallo Smeraldo e ancora oggi ho negli occhi e nelle orecchie, “il concerto perfetto” di De André. Certo, materiale sonoro e visivo già visto e sentito, rimasterizzato però per il film, e che prende, se possibile, ancora più forza dopo aver visto e ascoltato la sua storia in Sardegna. Bella cosa ritrovare Faber, bella cosa imparare ancora da lui cosa voglia dire essere sempre “in direzione ostinata e contraria”.