Lezione-concerto all’Auditorium con la direzione di Andrea Pestalozza. Musiche all’unisono tra Francia e Giappone
Stavolta Discovery non è un programma spaziale, ma un appuntamento di divulgazione musicale a LaVerdi.
Il 23 Maggio Andrea Pestalozza ha percorso con l’orchestra diecimila chilometri dalla Francia al Giappone per ritrovarsi curiosamente nello stesso paesaggio sonoro. Debussy, Dutilleux, Takemitsu sono autori in successione con lo stesso gusto per lo spirituale: una musica abbozzata e non rifinita, poco espressiva, soltanto evocativa.
Con il Prélude à l’après-midi d’un faune si entra in un bosco di simboli appena suggeriti. Debussy non racconta niente del poema di Mallarmé a cui si ispira la partitura, perché la chiarezza sta altrove: è pomeriggio, fa caldo, le ninfe appaiono e scompaiono come in sogno.
Sezione dopo sezione avanza un insolito intorpidimento, e ci si sente obnubilati per la confusa sensualità diffusa dal flauto di Massimiliano Crepaldi. Perché Debussy ci ricorda che anche il pomeriggio è degli amanti, che sfuggono così alle catene notturne cui li ha condannati Because the night di Smith e Springsteen.
Dall’assorto meriggiare di un fauno alle riflessioni temporali di Dutilleux. Mystère de l’instant, in cui il compositore costruisce quasi un concerto per cimbalon, strumento a corde battute che, in continuità con le atmosfere di Debussy, mantiene la stessa qualità di «suono alluso», come spiega con grande acutezza il solista Luigi Gaggero.
Finale in estremo oriente con Gitimalya di Takemitsu, vero e proprio concerto per marimba. Anche in questo caso si tratta di pagine dal suono vuoto, come un’eco lontana e misteriosa, come un’ombra senza oggetto: il melodiare è timido e impalpabile, raffinatamente evocativo, del tutto privo di direzione.
Suggestiva l’esecuzione di Pestalozza, aiutato per la serata dalla brillante presenza del maestro Gaggero per cimbalon e marimba. Pestalozza presenta ogni esecuzione con dotta competenza ed esempi musicali. La sua lezione-concerto inizia con un riferimento a Sciarrino sul problema della contemporaneità: la scarsa popolarità dei brani proposti è segno di un’incomprensione dell’antico piuttosto che del nuovo. Perché sempre la musica è stata innanzitutto contemporanea. Perfetta quindi la citazione di un episodio su Edgar Varèse, che intitolò provocatoriamente una serata di musica rinascimentale “Musica contemporanea del Cinquecento”.