Il meglio da ascoltare, vedere e leggere delle ultime due settimane a nostro insindacabile giudizio. Con una menzione per un festival-chicca (fuori porta però)
Schermi delle mie brame
Ci piace perché rispolvera una fantascienza “buona”, fatta di sogni per tutte le età, dalle nuove generazioni formato Pixar (Brad Bird è una vecchia conoscenza…) ai trentenni nostalgici dello Spielberg dei tempi belli. Jetpacks, pistole laser alla Flash Gordon e astronavi parigine un po’ steampunk, per riscoprire con occhi da eterno bambino la magia del cinema e la fiducia nel futuro. (Stefano Benedetti)
E’ tornato da Cannes a mani vuote, come gli altri big italiani, Paolo Sorrentino; ma il suo Youth, che è in realtà un racconto fantastico più sulla vecchiaia che la giovinezza, merita il biglietto. Per il cast straordinario (Caine, Keitel, Fonda, Weisz, Dano e gli altri) e la ricchezza di panorami, naturlali e mentali, che offre. Forse La grande bellezza ha un pizzico di sprint in più, ma questo è gran cinema a 360 gradi. (Marina Visentin)
Scriver m’è dolce
Sette anni di felicità
Trentasei racconti brevi acuti, ironici e a tratti divertiti che descrivono la vita di Keret a Tel Aviv. Un’opera dalla struttura volutamente frammentaria, che procede per accumulo, ricalcando il susseguirsi delle nostre giornate frenetiche. Da questo insieme confuso eppure credibile, l’autore fa emergere con lucidità alcuni temi (la scrittura, il rapporto padre-figlio, la guerra) che rendono positivo il suo bilancio di questi Sette anni di felicità. (Giulia Mandrioli)
L’avventurosa storia dell’Uzbeko Muto
L’ultimo libro di Luis Sepulveda ci piace perché racconta una Rivoluzione combattuta da un esercito di antieroi e ritrae una generazione che non ha mai perso la voglia di lottare. Ci piace perché tutti “siamo stati (o siamo) giovani senza chiedere il permesso”, e sappiamo bene quanto sia bellissimo e complicato avere vent’anni. Ci piace, infine, perché Sepulveda riesce a farci ridere, giurandoci che la Rivoluzione, in fondo, può anche essere un gioco da ragazzi. (Francesca Motta)
Prendi l’arte
Serial Classic
Rem Koolhaas, Miuccia Prada e Salvatore Settis si trovano per fare una mostra. Non è l’inizio di una barzelletta, ma di una solidissima realtà. Un caso esemplare di una mostra in cui il ruolo del privato non viene appiattito sul guadagno, ma dove l’intento educativo è il primo obiettivo comune. Per un concetto anti-idealistico di ripetizione dei moduli classici. Una mostra-capolavoro. (Giulio Dalvit)
Shadi Ghadirian
Il gusto del proibito, il senso del dettaglio nascosto e la politica vera, a muso duro, quella dei diritti delle donne islamiche si mescolano perfettamente sotto l’egida di uno stile inappuntabile nella mostra della grande fotografa iraniana Shadi Ghadirian. Uno sforzo per trovare piccoli elementi disequilibranti dentro una destabilizzante armonia. La rivoluzione delle piccole cose: un esercizio politico che può partire dalla fotografia. (Giulio Dalvit)
Scene madri
Dopo la prova/Persona
Bergman, si sa, fu cineasta da elogio perenne ma anche fine drammaturgo, regista e produttore teatrale. Il Piccolo Teatro, dal 21 al 23 maggio, ha ospitato il dittico Dopo la prova/Persona, diretto da Ivo van Hove (su drammaturgia di Peter van Kraaij): nei due lavori, ispirati agli omonimi film diretti dal regista rispettivamente nel 1984 e nel 1966, il teatro assume forme diversificate e letali, interroga e rivela, distrugge e costruisce. Bergman lo sapeva bene; e le umane filosofie degli attori “raccontati” nei suoi film rivivono nella messinscena di van Hove, non nuovo al mondo del Maestro svedese (aveva già curato le regie di Scene da un matrimonio e Sussurri e grida) e abile ri-lettore della sua immortale profondità. (Giuseppe Paternò di Raddusa)
La ricotta
Dal segmento La ricotta di Ro.Go.Pa.G. firmato da Pier Paolo Pasolini con sempiterno spirito corrosivo, Antonello Fassari interpreta e dirige una sua personalissima visione teatrale. La “sua” Ricotta, messa in scena per la prima volta nel 2004, racconta il bestiario di molteplici moralità collocate sul temibile set della Passione di Cristo, già “cantate” da Pasolini; Fassari, a partire dalla vicenda del ladrone Stracci, fa ruotare attorno al suo talento tutti i personaggi della storia, che attraversano e dilaniano il suo corpo d’attore. E romanità, in questo caso, fa rima con umanità. (Giuseppe Paternò di Raddusa)
Le nostre note
Gli svedesi Goat, nei loro concerti, mettono in scena un rito voodoo di maschere e costumi, psichedelia e ritmiche afrobeat. Precisi nell’esecuzione, immersivi nelle atmosfere, non vi lasceranno andare un secondo: incalzanti, scalzanti, recalcitranti ad essere inquadrati in un solo genere e su un solo palco. Vogliono uomini e spiriti a ballare insieme. (Gabriele Colombo)
Menzione speciale
Biografilm Festival
L’atteso documentario di Asif Kapadia dedicato alla vita tormentata di Amy Winehouse che uscirà poi a settembre e che a Cannes è stato un successo Amy- The girl behind the name, Steve Mac Queen: The man & Le Mans di Gabriel Clarke e John McKenna dedicato alla rocambolesca produzione del film Le 24 ore di Le Mans, e The Brand New Testament di Jaco Van Dormael sono tra gli appuntamenti più attesi del festival-chicca bolognese sul cinema biografico e documentario. Giunto alla undicesima edizione, il festival propone quest’anno, in anteprima europea e direttamente dal Sundance, anche Going clear: Scientology e la prigione della fede di Alex Gibney. Programma da spulciare attentamente: molte le cose da appuntarsi.
Foto: Scribbletaylor