Secondo film del regista italo-americano Jonas Carpignano, passato a Cannes e in gara agli European Film Awards, “A Ciambra” racconta con passione semi-documentaria la comunità rom della cittadina calabrese. E in particolare la vita della famiglia Amato, in cui spicca il 14enne Pio, impaziente di diventare un uomo adulto per emulare le “imprese” del fratello Cosimo. Un ritratto amaro e sincero
Scritto e diretto dal regista italo-americano Jonas Carpignano, A Ciambra racconta la realtà di una piccola comunità rom di Gioia Tauro, in Calabria, con occhio imparziale e quasi documentaristico. Un’ottima prova per il regista 33enne, che dopo la sua opera prima Mediterranea (2015) – lungometraggio su un ragazzo che lascia il Burkina Faso per approdare a Rosarno, nella stessa regione – torna a indagare la realtà in cui vivono alcune minoranze e lo fa senza voler dare risposte né giudizi.
Il regista Jonas Carpignano (di papà romano e mamma newyorkese, ma nata nelle Barbados) stava girando il suo primo film a Rosarno, nel 2011, quando la sua cinepresa, con tutta la relativa attrezzatura, gli venne rubata. La gente del posto disse che doveva andare a cercarla ‘dagli zingari’, e fu così che Carpignano entrò per la prima volta nella Ciambra e conobbe la famiglia Amato.
Anche noi spettatori entriamo laggiù attraverso il film; dopo qualche minuto di placido flashback, che rievoca i tempi in cui i popoli rom vivevano in silenziose radure, nomadi, sempre in movimento e perciò ‘liberi’, come dice il vecchio pater familias a metà film, veniamo catapultati in mezzo a questa chiassosa famiglia, e il primo volto che ci accoglie è quello di un ragazzo, Pio Amato, che ci accompagnerà poi per tutta la visione.
Pio ha 14 anni e non vede l’ora di crescere. Beve, fuma una sigaretta dietro l’altra, frequenta ragazzi più grandi e cerca di emularli. Segue il fratello maggiore Cosimo ovunque vada, imparando così come si ruba una macchina o come ci si difende nel quartiere. E quando Cosimo viene arrestato, è il momento per Pio di dimostrare che anche lui è pronto a diventare un uomo e portare i soldi a casa.
La macchina da presa scruta da vicino il ragazzo e i parenti, un mondo che si lascia riprendere così com’è (la famiglia Amato interpreta se stessa nel film, pur recitando una sceneggiatura) e, anche se esiste, vive accanto a noi, la maggior parte delle persone non la conosce e preferisce guardarla da lontano.
Ruvido, amaro, cupo ma talmente sincero e intimo da ottenere il fondo per supportare artisti emergenti direttamente da Martin Scorsese (accreditato come produttore esecutivo) che definisce il film ‘bello e commovente’, già vincitore del premio Europa Cinema Label alla Quinzaine des Realisateurs a Cannes e selezionato tra i titoli in gara agli European Film Awards, chissà che A Ciambra non arrivi a concorrere come titolo italiano agli Oscar, con un tema e uno sguardo diversi e coraggiosi.
A Ciambra, di Jonas Carpignano, con Pio Amato, Koudous Seihon