Henry, caustico stand-up comedian, ama, riamato, la cantante lirica Ann. Sono belli, bravi e felici. Ma quando nasce la figlia Annette le cose si complicano. E il film, nonostante più di una trovata felice del regista francese scivola dall’entusiasmante cavalcata iniziale via via verso la noia. Ha vinto il premio alla regia al Festival di Cannes: ma l’eccesso di melodramma si conferma un’arma pericolosa
L’arrivo della vecchiaia lo si vede da tanti piccoli indicatori. Dal non riuscire più a leggere i nomi sul citofono, col rischio che se dimentichi gli occhiali non sali a casa dagli amici, fino a desiderare un intenso rapporto serale con il paracetamolo da 1000. Ogni giorno sono inesorabili i segni, uno più brutale dell’altro. Credo di averne ricevuto un ennesimo qualche sera fa, all’anteprima dell’ultimo film di Leo Carax, Annette. All’uscita dalla sala, quando ancora non riuscivo a dare un nome al mio discontento, ho udito una giovane fanciulla celebrare con forza il film. L’ho guardata con invidia e ho capito: ebbene si, ai segni della vecchiaia incipiente, al paracetamolo e a gli occhiali da presbite devo tristemente aggiungere anche quello di non aver apprezzato l’ultima fatica di Carax.
E dire che l’inizio della pellicola mi era sembrato bellissimo. Il regista, abbracciato affettuosamente dalla figlia Nastya, è seduto in una sala di registrazione, mentre al di là dal vetro ci sono gli Sparks, ovvero i fratelli Ron e Russell Mael che hanno ispirato e partecipato alla stesura della sceneggiatura, che si preparano a suonare la bellissima So May We Start? A un certo punto tutti si alzano, anche le coriste e i musicisti, escono dalla sala e scendono in strada. A poco a poco, sempre sulle note trascinanti della canzone, gli Sparks vengono affiancati dai protagonisti del film, Adam Driver, Marion Cotillard e Simon Hellberg (so di dargli un dolore, ma se volete immediatamente collegare un nome con un volto ve lo dico subito, è il delizioso Howard Wolowitz di Big Bang Theory) e insieme camminano e camminano per le strade del quartiere con un’energia, una forza entusiasmanti, di quelle che vorresti unirti anche a tu a questa cavalcata nel mondo del cinema perché capisci che potrebbe essere una meravigliosa scampagnata nei meandri della vita. E quando dopo un po’ ognuno dei protagonisti si allontana di nuovo per andare, verosimilmente, a prendere il proprio posto nella sceneggiatura, ti verrebbe quasi da dire “no, amici, dove andate, restate ancora qui, cantiamo insieme, godiamo di questa meravigliosa esistenza!”. E invece no, il film deve incominciare.
La storia che segue è quella di Henry McHenry, un caustico stand–up comedian interpretato da Driver che ama riamato la cantante lirica Ann Defrasnoux (Cotillard). Una coppia di successo, bellissima e innamorata, e pure amata dai loro fan. L’amore, si sa, porta i suoi frutti e insieme i due hanno una figlia, Annette. E qui le cose si complicano. Sia la storia che le soluzioni di Carax. Che, badate bene (non sono così vecchia) non sono di per sé poco interessanti, al contrario: la veloce caduta negli inferi di Henry, la dolente evanescenza di Ann e soprattutto la scelta di utilizzare un burattino per interpretare Annette, (creato dai marionettisti Estelle Charlier e Romuald Collinet), sono tutte scelte di carattere o almeno in carattere con Carax. Eppure, udite udite, la solida regia, la colonna sonora e tutto il resto, non riescono a eliminare un vago senso di noia, di mancanza di empatia e di emozione. Dopo un po’ inizi a ripeterti “ma perché”, e non c’è nulla che ti faccia tornare sui tuoi passi.
Probabilmente il grande collante del film è l’abnegazione di Driver, che riversa tutta la sua bravura nel suo Henry: solo che a volte appare quasi sprecata, e mentre i minuti passano ci si inizia a chiedere quanto di Carax ci sia nel personaggio di Driver, in quel McHenry tanto dotato e tanto insopportabile, e quanto il film sia in bilico fra la genialità e la banalità. E questo nonostante le mille idee e alcune meravigliose inquadrature (non a caso il film, presentato in apertura al Festival di Cannes di quest’anno, ha vinto il premio per la miglior regia). Perché l’eccesso e il melodrammatico sono materiali bellissimi in mano ai grandi registi, ma a volte rischiano di allontanare le emozioni più intense, che sono quelle che alla fine fanno un grande film.
Sarà perché sono della vecchia guardia, per carità, sarà che quando sono uscita dal cinema pioveva a dirotto, ma confesso che il pensiero del paracetamolo che mi attendeva a letto mi è sembrato la cosa più eccitante della serata, nonostante il copioso sfoggio di pettorali di Adam Driver.
Annette di Leos Carax con Adam Driver, Marion Cotillard, Simon Hellberg, Devyn Mc Dowell, Russel Mael, Ron Mael, James Read Venable, Michele Rosso Smeet, Rebecca Dyson-Smith, Wim Opbrouck, Verona Verbakel, Natalie Mendoza